Via libera alla caccia notturna dei cinghiali tra visori notturni e elementi per la pasturazione, una decisione per pochi con a rischio aumento del bracconaggio?
A oggi non sembrano esserci censimenti precisi della consistenza e della distribuzione del cinghiale sul territorio provinciale. Inevitabilmente il prolungamento dell'attività di caccia di selezione anche nelle ore notturne, aumenta la pressione sui territori visitati da questa specie e amplifica il rischio di interferenza anche con il resto della fauna

TRENTO. Il controllo ordinario esteso tutto l'anno, ma soprattutto l'utilizzo di dispositivi per la visione notturna e degli elementi per la pasturazione. Sono questi, come anticipato negli scorsi giorni, le novità più salienti contenute nella delibera portata in Giunta provinciale dall'assessora Giulia Zanotelli in materia disciplina e gestione del contenimento dei cinghiali. Un provvedimento che prende spunto dalla minaccia costituita dalla Peste suina africana (Qui articolo).
E' certo che le abitudini dei cinghiali sono principalmente crepuscolari; i controlli si svolgono quindi soprattutto nel lasso temporale serale e notturno. Questa la ratio della decisione di allungare gli orari di attività. E da qui la possibilità di consentire il ricorso ai visori per poter meglio gestire la consistenza di questi animali, così come l'opportunità di utilizzare prodotti per la pasturazione, cioè in grado di attirare in "trappola" gli esemplari alla caccia di cibo. La nuova disciplina ha ricevuto il benestare sia dell’Osservatorio faunistico sia dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ma questi nuove disposizione sono argomenti molto conosciuti anche dal direttivo dell'ente gestore.
Un provvedimento che potrebbe rappresentare un vantaggio competitivo (e del tutto legittimo, a scanso di equivoci) per quelle imprese che commercializzano (anche online) questi strumenti per praticare l'attività venatoria, come la realtà afferente per esempio al vice presidente dell'associazione cacciatori del Trentino.
C'è anche l'estensione del controllo che diventa annuale. Questi elementi sembrano un po' scardinare il sistema, i Rettori delle diverse Riserve sembrano venir superati nella gestione organizzativa. C'è una liberalizzazione di intervento e attività, un'autoregolamentazione che ha sempre rappresentato un tratto distintivo della caccia in Trentino rispetto a quanto avviene nel resto d'Italia.
Nonostante l'ironia della Lega d'opposizione, quella di governo ha confermato per i cosiddetti controlli straordinari l'importanza di utilizzare un gilet in alta visibilità, permettere anche solo di poche ore le chance di cacciare in notturna può aumentare comunque il fattore di rischio: l'utilizzo di idonea attrezzatura per svolgere questa attività anche in quegli orari crepuscolari non azzera, infatti, errori e possibili incidenti anche per la tipologia di terreni, spesso impervi, con tutto quanto comporta in termini di stress per l'eventuale ferito, per la macchina dei soccorsi, per i familiari.
A oggi non sembrano esserci censimenti precisi della consistenza e della distribuzione del cinghiale sul territorio provinciale. Inevitabilmente, però, il prolungamento dell'attività di caccia di selezione anche nelle ore notturne, aumenta la pressione sui territori visitati da questa specie, che si muove principalmente di notte, e amplifica il rischio di interferenza con le sue abitudini di vita, così come con il resto della fauna che abita e vive le aree principalmente nella fascia notturna.
A questo si aggiunge che orsi e lupi hanno un ampio areale di espansione e non è raro osservare questi grandi carnivori, soprattutto proprio nelle ore notturne, fuori dalle aree abitudinarie. Non solo, la fauna in generale potrebbe venire attirata da qualche prodotto impropriamente utilizzato per la pasturazione dei cinghiali. Altre perplessità di ordine pratico che risiedono nella possibilità di caccia notturna è che potrebbe generare un paravento per i bracconieri in quanto diventa difficile distinguere episodi illegali dall’attività venatoria notturna.
A ogni modo nel giro di 12 mesi arriva un'altra delibera per riordinare il comparto, si prende soprattutto spunto dalla necessità di contrastare la peste suina africana. "Il provvedimento - commenta l'ex assessore Michele Dallapiccola, firmatario di un'interrogazione con Paola Demagri e Lorenzo Ossanna - raccoglie i numerosi suggerimenti degli addetti ai lavori, allarga come necessario le maglie del controllo della specie cinghiale, anche per limitare la diffusione della peste suina africana".
Nei fatti questo documento recepisce le raccomandazioni impartite a livello nazionale e internazionale. "E' strano - dice Dallapiccola - ma forse mi sono sfuggiti i vari riferimenti, che non ci sia una previsione di eventuali attività di indagine per rilevare e circoscrivere la peste suina africana, se non per quei capi morti in circostanze poco chiare. Da un punto di vista medico mi sembra, invece, molto importante effettuare un monitoraggio analitico: impossibile altrimenti conoscere e comprendere la situazione reale. Se è considerato troppo oneroso inviare tutti i rilievi all'Istituto zooprofilattico delle Venezie, si può comunque procedere a campione".
Se la materia in Trentino è sempre stata trattata piuttosto all'avanguardia, questo intervento livello il territorio a quanto avviene in Italia, senza però ricalcare i modelli gestionali perseguiti in altre Regioni, come la Lombardia, per quanto riguarda il contenimento della peste suina africana. Altrove, il cacciatore è chiamato a segnalare tutti i rinvenimenti di cinghiali morti alle autorità competenti oppure quelli con comportamenti anomali. In questo modo le carcasse vengono immediatamente conferite all'Istituto zooprofilattico di riferimento.
Tutti i cinghiali abbattuti per motivi di caccia e/o contenimento della popolazione devono essere sottoposti ai seguenti campionamenti: 60 grammi di muscolo (pilastri del diaframma o massetere). Provetta contenente 10 millilitri di sangue. Se possibile la testa, la corata completa (cuore, polmoni, fegato, milza, pacchetto intestinale e testicoli) e gli ectoparassiti.
Il cinghiale è una specie invasiva, la Pat negli anni per contrastare i danni causati dai cinghiali alle coltivazioni, così come a componenti dell'ecosistema ha attivato una disciplina di controllo che punta a mettere in campo azioni più incisive rispetto alla normale pratica venatoria. La disciplina vigente si fonda sulla suddivisione del Trentino in due grandi aree, la cosiddetta zona a densità zero e quella classificata di contenimento.
Nella prima il cinghiale è assente e, non appena compare, il personale di vigilanza del Corpo forestale trentino e quello dell'Associazione cacciatori, in qualità di Ente gestore della caccia, intervengono per contrastarne sul nascere l’insediamento. Nella seconda area, invece, i cacciatori abilitati al controllo hanno il compito di mantenere basso il livello di una popolazione ormai stanziale.