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Gli itinerari de L'AltraMontagna: storia e leggende in riva al fiume Mera in Valchiavenna

Un piccolo tempietto romanico sulle rive del fiume Mera, alla confluenza tra Valchiavenna e Valtellina, dove si rincorrono vicende antiche di secoli. Un luogo del silenzio, sospeso sopra le acque, ai piedi di alte montagne

di
Luigi Dodi
19 gennaio | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Spesso, non solo sui monti, storia e leggende si mescolano, intrecciandosi senza più distinguere i fatti dai miti. Silenziosi testimoni di questi intrecci, restano edifici, scritti, dipinti, risalenti a centinaia di anni prima, quando non migliaia. È il caso del piccolo tempietto romanico di San Fedelino, sulle rive del fiume Mera all’imbocco della Valchiavenna. Un luogo appartato e silenzioso, ai piedi del Monte Berlinghera, ultima propaggine orientale dei Monti Lariani, affacciato sul piccolo Lago di Mezzola, ambiente naturale di grande interesse insieme all’adiacente Riserva naturale Pian di Spagna, che separa lo specchio d’acqua dal più grande Lago di Como. Che cosa ci fa un tempio romanico di oltre mille anni fa in un posto così? Osserva le acque del fiume Mera che scorrono silenziose a pochi metri di distanza. E perché proprio lì è stato edificato un tempio romanico? Per scoprirlo, bisogna andare indietro nel tempo, e lasciarsi trasportare dalle suggestioni e dai racconti, insieme alle poche ma preziose fonti storiche.

 

Storia di un martire
Correva l’anno 284, e un tal Fedele, soldato romano convertito al cristianesimo, fugge da Milano per scampare alle persecuzioni, insieme al vescovo meneghino Materno e a un drappello di altri soldati. Vengono raggiunti presso Como dalle truppe imperiali e giustiziati, solo Fedele si salva, riuscendo a raggiungere il Lago di Como e rifugiandosi alla sua estremità settentrionale, di fianco a una modesta ansa del piccolo Lago di Mezzola. Il luogo pareva sicuro, inaccessibile, e i pochi abitanti dei paesi vicini, tra cui Samolaco (Summo Lacu), non sembravano costituire un pericolo per lui fuggiasco, anzi, mostravano un atteggiamento benevolo verso questo uomo mite che parlava di un dio a loro sconosciuto, e del figlio di questo dio, uomo tra gli uomini, crocifisso per la salvezza del mondo. Fedele aveva fatto male i suoi conti, perché i soldati arrivarono anche lì: di fronte al suo rifiuto di rinnegare la fede cristiana, viene giustiziato, sommariamente decapitato. Le genti che lo avevano conosciuto decidono di costruire in quel luogo un piccolo oratorio per conservare le sue spoglie, che viene dimenticato nel corso dei secoli e cade in rovina. Fino al 964, quando a un donna del vicino paese di Gordona appare in sogno Fedele, indicandole dove erano sepolti i propri resti. Viene avvisato il vescovo di Como, Ubaldo, che organizza quasi una spedizione per recuperare le reliquie e portarle in città, con un corteo che pare somigliasse più a una festa popolare con inni, canti e annessi eventi miracolosi, nella chiesa paleocristiana di Sant’Eufemia, da allora rinominata in onore del martire, proclamato santo.
E in quello sperduto luogo sulle rive della Mera (sì, al femminile) a breve distanza dal Lago di Mezzola? Sulle rovine del primitivo oratorio, viene eretto un nuovo tempietto in stile romanico, quello che ancora oggi è possibile vedere con una semplice escursione (ma si può raggiungere anche in barca), restaurato (nel 1905 e nel 1993-94) ma praticamente identico all’originale. E perché l’appellativo di Fedelino? Perché l’edificio è davvero piccolo, la navatella quadrata misura appena 3,46 per 3,52 metri, ed è completata da un’absidiola rivolta a est, dove sorge il Sole, mentre sul lato opposto, invece della facciata, si trova la parete basale del Monte Berlinghera, e al suo interno si trovano alcuni pregevoli affreschi (visitabile, a pagamento, in alcune fasce orarie nei fine settimana e festivi in estate, o su prenotazione; tel. 034337485, consorzioturistico@valchiavenna.com).

 


Il tempietto di San Fedelino sulle rive del fiume Mera. © Schölla Schwarz

 

Camminando sulle acque
Più che il tempietto in sé, però, è forse il luogo a meritare una visita, raggiungibile con una semplice e piacevole escursione di poco più di un’ora, con un dislivello davvero minimo. Un’escursione che si può compiere in qualsiasi periodo dell’anno, anche con i bambini, e che prende avvio dalla località Era del comune di Samolaco (ma è anche possibile partire da Dascio, sul margine sudoccidentale del Lago di Mezzola). Per raggiungere il punto di partenza, alla rotonda subito prima di Novate Mezzola si deve abbandonare la Statale 36 dello Spluga (indicazioni per Samolaco) per seguire la Provinciale Trivulzia, superando un sottopasso e andando a valicare il fiume Mera, oltre il quale si svolta subito a sinistra (indicazioni per San Fedelino) e poi ancora a sinistra in località Casenda, proseguendo per una sterrata che conduce ai ruderi della chiesa medievale di San Giovanni all’Archetto, circondata dal bosco. La quiete è già totale, e oltre un ponticello si costeggia una piccola roggia per un sentiero quasi pianeggiante che si avvicina al corso della Mera. Si raggiunge così un bivio, dove consigliamo di prendere la traccia di destra, lasciando il più agevole e pianeggiante sentiero di sinistra per il rientro. Così facendo si inizia subito a salire: siamo sull’antico tracciato della Via Regina, la stessa che ancora oggi percorre tutta la sponda comasca del Lario, e che un tempo arrivava fino a qui, molto frequentata da locali, soldati e commercianti. Storie che si sommano ad altre storie, con gli echi del passato che risuonano tra le valli.
La salita non è lunga, e al bivio seguente si deve tenere la sinistra, abbandonando la Via Regina per raggiungere un pulpito panoramico a picco sul Lago di Mezzola, proprio sopra un’amena spiaggetta. Siamo sul Salto delle Capre (Mot di Bech, 329 m) e una sosta è d’obbligo, per godersi la vista sul lago, verso il Legnone e le dirimpettaie montagne della Val dei Ratti, dominata dal Sasso Manduino. Il sentiero continua ora con una ripida discesa nel bosco, da affrontare con cautela, soprattutto in caso di terreno umido e quando si devono superare i resti di un’antica frana, e tenendo la sinistra si giunge infine alla piccola radura erbosa proprio sulla riva della Mera, dove sorge il tempietto di San Fedelino. Il luogo esercita uno strano fascino, misterioso, solare, di una rara tranquillità. È come se il tempo si fosse fermato, cristallizzato nel fluire dei secoli, con lo scorrere lento e incessante delle acque del fiume che sembra avvolgere il tempietto romanico. Ma un certo momento bisogna pur tornare, e per farlo suggeriamo di percorrere il sentiero “basso”, che corre quasi sempre in riva al fiume, passando anche da due scale in legno che permettono di superare altrettanti salti rocciosi. Le tracce della storie e delle storie di questi luoghi riecheggiano ancora, da un versante all’altro, e gli occhi si posano sull’imbocco della Val Codera e della Val dei Ratti, proprio davanti. Valli perfette per splendide escursioni, dove si intrecciano altre vicende umane e altre leggende. Ma questa è un’altra storia…

 

IL PERCORSO
Regione: Lombardia, provincia di Como
Partenza: Era di Samolaco, chiesa di San Giovanni all’Archetto (205 m)
Accesso: da Novate Mezzola
Arrivo: tempietto di San Fedelino (200 m)
Disilvello: 150 m
Durata: 1 h e 30 min
Difficoltà: E

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