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Attualità

Una soluzione che divide l'opinione pubblica: a Piancavallo arriva la pista in neve sintetica proprio nei giorni del fallimento dei trattati sulla plastica

La scelta di Piancavallo di puntare sulla plastica tenta di affrontare il problema della scarsità di neve a bassa quota e la necessità di destagionalizzare il turismo montano. Tuttavia, l’utilizzo di plastica in un contesto già gravato dal suo sovra-consumo e dai problemi di dispersione ambientale appare quanto mai ingenuo

di
Michele Argenta
04 dicembre | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Lo spazio che separa due post sul feed di Facebook è fatto di qualche pixel. L’algoritmo ogni tanto decide, ironicamente, di accostare notizie che non potrebbero essere più distanti tra loro: un segnale delle contraddizioni del mondo in cui viviamo. Così, in rapida sequenza, da un lato può capitare di imbattersi sul fallimento dei trattati internazionali sulla riduzione dell’inquinamento da plastica a Busan, in Corea del Sud, dall’altro sull’inaugurazione di una nuova pista da sci in plastica a Piancavallo.

 

 

I trattati di Busan e il problema dell’inquinamento della plastica

 

In Corea del Sud, i negoziatori non sono riusciti a trovare un accordo sulla riduzione, a livello globale, della plastica. I negoziati, in gergo tecnico chiamati INC-5, hanno visto la partecipazione di 200 Paesi e dovevano concludere due anni di discussioni. Tuttavia, si sono risolti con un nulla di fatto. Alcune nazioni produttrici di petrolio, come l'Arabia Saudita e la Russia, si sono opposte fermamente ai tagli alla produzione di plastica e a obiettivi più rigidi, vedendo nella plastica un’economia alternativa alla produzione energetica, che sta lentamente virando verso le rinnovabili. A livello globale, circa il 9% della plastica prodotta viene riciclata, il 12% viene incenerita per produrre energia e calore, mentre il restante 79% viene disperso nell’ambiente e negli oceani, accumulandosi insieme a tutta la plastica prodotta e non smaltita dal Novecento a oggi. In Italia, la percentuale di plastica riciclata si avvicina al 55%, considerando sia il materiale riciclato sia quello in avvio di riciclo. Tuttavia, secondo Greenpeace, permangono dubbi sulla trasparenza della filiera del riciclo e dello smaltimento.

 

 

Sciare sulla plastica

 

Proprio mentre si discute dell’impossibilità di liberarsi dall’inquinamento da plastica, a Piancavallo, stazione sciistica tra i 1280 e i 1805 metri d’altezza in provincia di Pordenone, viene inaugurata una pista da sci in plastica bianca e verde, pensata per permettere lo sci tutto l’anno nonostante gli inverni sempre più miti. Questa proposta divide l’opinione pubblica: c'è chi si preoccupa per le microplastiche che inevitabilmente si disperderanno nell’ambiente e nelle falde acquifere, e chi intravede un’opportunità per il turismo destagionalizzato. Tuttavia, per la prima volta, i commenti più critici sembrano superare di gran lunga quelli favorevoli.

L’inquinamento da plastica è sotto gli occhi di tutti. Pensiamo alle immagini di discariche a cielo aperto in India o ai pennoni di fumo nero che si alzano quando un centro di raccolta della plastica viene incendiato. La plastica è un elemento che utilizziamo quotidianamente e la cui decomposizione è ormai un processo familiare: basta osservare come si deteriorano gli oggetti da giardino o i teli utilizzati in agricoltura. Inoltre, il tema delle microplastiche è diventato centrale negli ultimi anni: queste particelle sono state trovate nel nostro sangue, nei nostri organi e persino sulle vette degli Ottomila himalayani. Gli effetti a lungo termine di questa contaminazione non sono ancora chiari, ma destano preoccupazione.

La scelta di Piancavallo di puntare sulla plastica tenta di affrontare il problema della scarsità di neve a bassa quota e la necessità di destagionalizzare il turismo montano. Tuttavia, l’utilizzo di plastica in un contesto già gravato dal suo sovraconsumo, dalle difficoltà di smaltimento e dall'impatto nell'ambiente circostante appare ingenuo. 
 

 

Il modello Copenaghen e la Pista del Sole

 

La Pista del Sole negli anni '60 e quella di Copenaghen

Piancavallo non è il primo esperimento che intreccia sport invernali, montagna e plastica. Nel 1964, a San Pellegrino Terme, aprì la Pista del Sole, un tracciato di neve artificiale in PVC, materiale inquinante e dannoso per la salute e l’acqua, dove si disputò il “1° Gran Premio Pista Asciutta” di sci su plastica. Questo impianto pionieristico, pensato per destagionalizzare gli sport invernali, rimase attivo fino alla fine del secolo scorso. All’epoca, la consapevolezza ambientale e l’attenzione all’inquinamento da plastica erano molto diverse da oggi. Oggi della Pista del Sole rimangono solo ruderi e il ricordo di un passato che potrebbe tornare sottoforma di investimenti per delle nuove sciate su un pendio montuoso ricoperto di plastica.

Un esempio più recente e virtuoso è quello di Amager Bakke, la pista in plastica più famosa al mondo, costruita sulla copertura di un inceneritore a Copenaghen. Questo impianto produce energia elettrica e teleriscaldamento per la capitale danese e include anche una palestra di arrampicata e un tracciato per trekking. Rappresenta un progetto all’avanguardia per trasformare Copenaghen in una città a zero emissioni di carbonio entro il 2025.

Sciare sulla plastica non è necessariamente da demonizzare, ma i progetti devono essere adattati al contesto naturale e integrati con altre attività, come dimostrato a Copenaghen. La sfida è trovare soluzioni che rispettino l’ambiente senza rinunciare a innovazione e sviluppo con la consapevolezza di vivere e lavorare su un territorio fragile.

 

 

 

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