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Sfruttando il freddo, in Appennino si inneva artificialmente: "Servono circa 72 mila euro per una pista di 2,5 chilometri"

Si prova a sfruttare questa finestra meteorologica fredda per regalare agli sciatori una possibile apertura degli impianti in dicembre. In particolare, su questo fronte sono al lavoro il comprensorio del Monte Cimone (Emilia Romagna) e dell’Abetone (Toscana) e Roccaraso (Abruzzo)

di
Emanuele Valeri
23 novembre | 11:06
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

La stagione invernale è ormai alle porte. Le temperature nella notte, specialmente in questi ultimi giorni, hanno iniziato a scendere diversi gradi al di sotto dello zero.

Rilevanti -12°C a quota 2388 metri sul Gran Sasso, o i -10°C a 1500 metri di Campo Felice in Abruzzo.

 

Nonostante le gelate la grande assente, alle alte quote, continua ad essere la neve.

E’ vero che in questo periodo non è usuale vedere in Appennino le località innevate fino a 1500 metri di quota, ma è altrettanto insolito vedere le vette appenniniche con appena una spolverata di neve alla fine del mese di novembre.

 

L’ultima stagione sciistica è stata davvero drammatica per l’industria dello sci, specialmente in Appennino, dove la neve non c’è mai stata dall’inizio alla fine dell’inverno. Probabilmente dopo quella del 1989/1990 quella del 2023/2024 è stata una tra le peggiori stagioni invernali di sempre.

Ma c’è una differenza, perché sebbene l’inverno del 1989/1990 abbia visto una quasi totale assenza delle precipitazioni, le temperature sono risultate spesso invernali. Tuttavia non era ancora possibile innevare le piste dei comprensori per mezzo della tecnica. Il 2023/2024 invece non ha dato possibilità nemmeno di poter produrre neve programmata per limitare i danni, a causa delle sempre elevatissime temperature.

 

Oggi in Appennino stanno tentando di sfruttare questa finestra meteorologica fredda per regalare agli sciatori una possibile apertura degli impianti in dicembre.  

In particolare sono al lavoro su questo fronte il comprensorio del Monte Cimone (Emilia Romagna) e dell’Abetone (Toscana) e Roccaraso (Abruzzo).

 

Naturalmente questo genere di impegno risulta molto dispendioso in termini economici, e per questo cercheremo brevemente di spiegare quanto costa innevare una pista con la neve tecnica.

Pochi giorni fa a dare qualche dettaglio in più sul costo dell’innevamento artificiale prendendo come esempio una pista, è stato proprio lo stesso comprensorio dell’Abetone attraverso i suoi canali social.

 

Per prima cosa bisogna effettuare una distinzione tra i cannoni che vengono utilizzati per produrre della neve, che sono essenzialmente di due diversi tipi: quelli ad alta e bassa pressione. Quelli ad alta pressione sono le così definite “giraffe”, di cui ciascuno ha un costo che può variare tra i 10 e i 15 mila euro, mentre quando si parla di quelli a bassa pressione si fa riferimento al classico generatore di neve molto diffuso nelle Dolomiti che può arrivare a costare anche 40 mila euro.

 

Il costo dell’innevamento programmato non è uguale per tutti e dipende da diverse variabili, ad esempio anche dall’impianto della stazione di pompaggio.

Sempre il canale ufficiale dell’Abetone, tramite uno dei suoi esperti, ha specificato che con un metro cubo di acqua possono essere prodotti fino a 2,5 metri cubi di neve.

 

Il costo di un metro cubo di neve viene stimato dai 3 ai 5 euro. La pista Zeno 3 dell’Abetone presenta una lunghezza di circa 2,5 chilometri ed è larga circa 25 metri. Immaginando che sia necessario uno spessore di circa 30 centimetri di neve, saranno necessari più o meno 18 mila metri cubi di neve per un costo complessivo che può variare dai 72 mila ai 75 mila euro. Naturalmente da questi costi - come spiegato sempre nel video - sono esenti quelli dei gattisti e degli operai”.

 

I sistemi di innevamento programmato non sono sostituitivi alla neve naturale, ma integrativi, e nel corso degli ultimi anni la tecnologia ha fatto dei passi da gigante, per tentare di sopperire alle mancanze dovute ai cambiamenti climatici che di anno in anno sembrano far aumentare sempre più le temperature medie stagionali mettendo in crisi il turismo e l’industria dello sci.

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