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Attualità

''Più che i lupi i veri nemici dei pastori sono i parassiti che ormai proliferano con il caldo'', storia di una pastora che vive tra pianure friulane e Dolomiti Ampezzane

Intervista a Caterina De Boni, pastora e scrittrice autrice di ''A passo di pecora''. ''Il vero pericolo non è il lupo, ma l’aumento dei parassiti, lo sfruttamento di acqua e suolo e la pressione della burocrazia''. E poi i lati positivi: nel suo libro Caterina racconta il legame con i suoi animali, le tradizioni e gli amici che ritrova in transumanza e il contributo al recupero dei magredi friulani

di
Agenda17
29 maggio | 12:20

A cura di Sandy Fiabane

 

Per anni non mi sono considerata veramente una pastora, forse per umiltà, forse perché oltre a pascolare le pecore ho sempre avuto anche altro da fare, sia per necessità che per diletto. Forse più che una pastora, mi sento una pecora. (…) Questo vuol dire essere pastori transumanti, avere solo una cosa in testa: cercare posti per far pascolare le pecore”. Si apre così “A passo di pecora”, il libro, edito da edicicloeditore, di Caterina De Boni, pastora e scrittrice.

 

Nata a Belluno, Caterina è laureata in Tecniche erboristiche e con le sue pecore si sposta tra le pianure friulane e Cortina d’Ampezzo. Nel libro racconta i suoi viaggi tra i pascoli, la vita da pastora e la sua passione per la musica. L’abbiamo intervistata per chiederle uno sguardo diretto sulle difficoltà che oggi incontra chi fa questo mestiere, in particolare le sfide del cambiamento climatico e gli ostacoli della burocrazia.

 

I veri nemici dei pastori: non i lupi, ma i parassiti che proliferano con il caldo

 

“Quando si parla dell’incidenza del cambiamento climatico, bisogna considerare tre aspetti: le temperature, la disponibilità idrica e la disponibilità di pascolo. Per quanto riguarda le temperature, le gelate invernali sono sempre minori in pianura e abbiamo notato un aumento di insetti come mosche, mosconi, zecche, acari della rogna e parassiti intestinali, che proliferano grazie alle temperature miti. È un danno notevole, decisamente maggiore di quello prodotto dal lupo, poiché mosche e mosconi depongono le uova sia nel sedere degli agnelli, con il rischio che le larve salgano poi fino all’intestino, sia sulla coda sporca di sangue delle pecore che hanno appena partorito, con il rischio che si diffondano su tutto il corpo determinando un forte dimagrimento dell’animale e la morte. Anche la rogna è un problema, per i trattamenti antiparassitari il pastore deve sborsare cifre a tre zeri almeno due volte l’anno. Per questo i veri nemici sono molto più piccoli e insidiosi del lupo”.

 

Carenza idrica e consumo di suolo: il problema dello sfruttamento delle risorse

 

“Per quanto riguarda la disponibilità idrica, in montagna i temporali estivi non sono mai mancati e in generale non abbiamo mai sofferto la mancanza d’acqua. Diverso il caso della pianura e di alcune montagne più esposte, dove la siccità ha costretto alcuni pastori ad andarsene prima del tempo. Tuttavia, nelle montagne che storicamente soffrono la mancanza di acqua i vecchi malgari si erano attrezzati con pozze artificiali per raccogliere l’acqua piovana, dette lame, mantenute impermeabili dal calpestio degli zoccoli delle pecore. Purtroppo, in certe zone l’abbandono del pascolo ne ha determinato il degradamento. C’è poi da considerare il massiccio uso di acqua per le irrigazioni in pianura e l’interramento delle vecchie canalette per rifornire i sistemi di irrigazione delle colture. L’acqua quindi ci sarebbe ma l’hanno nascosta, e in tempi di siccità pastori e animali selvatici faticano a trovarla. Infine, la disponibilità di erba fresca: più che il cambiamento climatico ci spaventa il consumo di suolo causato dall’agroindustria, in particolare le colture a ciclo continuo come i vigneti e i cereali, destinati questi ultimi ad alimentare le centrali a biogas”.

 

Normative stringenti ed eccessiva burocrazia

 

Se da un lato le sfide incalzanti del cambiamento climatico sono aggravate dalle attività umane, dall’altro i pastori devono fare i conti anche con una normativa spesso complessa. “Personalmente penso che i pastori debbano essere lasciati liberi di lavorare in pace, invece siamo sottoposti a controlli esasperanti, vincoli di ogni tipo, multe salatissime per infrazioni ridicole, mentre per quanto riguarda l’agroindustria, vedo che sono approvati progetti palesemente impattanti per l’ambiente ma comunque etichettati come “green”. L’impressione è che i decisori politici siano estraniati dalla realtà: lo dimostrano normative troppo complesse e politiche che da un lato incentivano il mantenimento degli habitat naturali, ma dall’altro finanziano, con somme molto più consistenti, realtà come il settore vitivinicolo o attività di conversione green che spesso di green hanno poco. In Friuli i pastori ricevono un contributo per il mantenimento dei pascoli di montagna, che devono essere alpeggiati con un determinato numero di animali per ettaro. È un contributo inferiore rispetto a quello per altri interventi, come lo sfalcio o la coltivazione di piante che attraggono gli impollinatori, tuttavia, quando si tratta di veri pastori che gestiscono a prezzo equo vere malghe, è utile a sostenere i costi di gestione e affitto delle malghe. Purtroppo, sono ormai una realtà consolidata i pascoli montani presi in affitto da grosse aziende di pianura solo per ricevere contributi europei. Alla faccia, mi viene da dire, degli agricoltori che vogliono uscire dall’Europa: c’è chi, grazie a questi fondi, fa molta speculazione”.

 

Life Magredi Grassland: un progetto per la conservazione dei magredi friulani

 

Nel suo libro, Caterina descrive anche il suo coinvolgimento nel progetto regionale Life Magredi Grassland, di recupero della flora attraverso lo sfalcio e il pascolo, al quale si dice fiera di collaborare. Prevede il mantenimento di prati stabili, che si trovano soprattutto a ridosso dei fiumi Cellina e Tagliamento e fanno parte dei siti Natura 2000.

 

La mia porzione, di circa 50 ettari, è un caso isolato perché nel progetto di gestione è previsto anche il pascolo, seppure a determinate limitate. Siamo riusciti a inserirlo nel progetto in una zona particolarmente degradata anche grazie a un amministratore sensibile e intelligente, mentre per gli altri prati stabili permangono obbligo di sfalcio, divieto di pascolo e, cosa molto discussa, divieto di concimazione per evitare l’eccessiva eutrofizzazione del terreno. Personalmente credo che una concimazione saltuaria giovi alla biodiversità, anche per i pascoli magri. Inoltre, nei Magredi ci sono zone dove, per scomodità o per la presenza di militari, non sono permessi né il taglio del fieno né il pascolo, per cui il prato sta cedendo il posto alla boscaglia. I Magredi sono stati terra di pastori fin dai tempi antichissimi e, se oggi vi troviamo ancora specie rare dopo secoli di pastorizia, sono fiduciosa che, anche in base ai risultati del progetto riferito al mio pascolo, potremo presto tornare a rivederli”.

 

 

Pecore al pascolo nei Magredi del Cellina (©Caterina De Boni

l'autore
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Agenda17 è realizzato dal laboratorio DOS (Design of Science) dell'Università di Ferrara in collaborazione con l'Ufficio stampa, comunicazione istituzionale e digitale dell'Università di Ferrara. Pubblica notizie e contenuti scientifici relative ai 17 obiettivi Onu per lo sviluppo sostenibile, declinandoli nei relativi contesti sociali, economici, culturali e politici

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