Le montagne e i montanari sono praticamente assenti nell'agenda italiana per le elezioni europee. C'è un'unica eccezione
Solo un partito affronta in modo concreto il tema della riduzione delle disuguaglienze territoriali, per frenare lo spopolamento di Alpi e Appennini e favorire coloro che scelgono di restare e investire nelle aree interne
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Trent'anni fa, nel 1994, Mountain Wilderness, sostenuta dalla intelligenza e visione di Alexander Langer, allora parlamentare europeo, lanciava una campagna per l'istutuzione del Parco Europeo delle Alpi Centrali, il cui acronimo "PEACE" richiama anche l'esigenza di pace, quanto mai necessario ora come allora. Trent'anni dopo, un montanaro che provasse a leggere i programmi elettorali in vista delle prossime elezioni europee, in programma l'8 e 9 giugno, potrebbe essere spiazzato, dato che proposte, idee e misure che coinvolgano Alpi e Appennini praticamente non esistono nei 12 testi che è possibile leggere ad esempio sul sito di Pagella Politica.
Non c'è niente di niente nelle 20 pagine suddivise in 15 brevi capitoli che compongono il programma di Fratelli d'Italia, accompagnati dallo slogan “Con Giorgia, l’Italia cambia l’Europa”. In un Paese in cui il territorio montano rappresenta il 35,2 per cento della superficie nazionale, e cui potremmo aggiungere un altro 41,6 per cento di territorio collinare, il primo partito non ne parla. C'è un riferimento alla biodiversità, elemento cardine di politiche Ue dedicate anche alla montagna, ma usato in chiave polemica, per ricordare che "la biodiversità che nasce (sic!) dall’incontro tra uomo e natura fa parte del patrimonio che vogliamo conservare e trasmettere ai nostri figli" e quindi attaccare la Commissione europea: "Il raggiungimento degli obiettivi climatici deve essere economicamente e socialmente sostenibile, senza approcci ideologici, obiettivi irraggiungibili e oneri sproporzionati per cittadini e imprese. Le eco-follie del Green Deal scritto dalla sinistra europea ci condannano ad una “decrescita infelice”. Vogliamo cambiare queste regole e creare le condizioni per salvaguardare l’ambiente, rendendo le nostre imprese più sostenibili e competitive".
Ogni riferimento alla montagna manca anche nel programma lungo 18 pagine del partito che a lungo ha ripetuto ogni anno la scenetta nota come "rito dell’ampolla", che veniva riempita in diretta nazionale alle sorgenti del Po, a Pian del Re: l'unico riferimento nel programma della Lega è preoccupante, perché riguarda l'aumento di generazione di energia idroelettrica, che negli ultimi decenni ha provocato problemi di carattere ambientale per tanti corsi d'acqua alpini e appenninici, portando alla nascita di decine di comitati per impedire la costruzione di nuovi sbarramenti (leggi la bella intervista di Sofia Farina a Fabio Balocco sul sui libro "Sotto l'acqua"). Non c'è niente per le montagne nemmeno del programma di Forza Italia, in quello monstre (oltre cento pagine) del M5S e nemmeno in quelli di Azione, il partito di Carlo Calenda, e degli Stati Uniti d'Europa, che tiene insieme Matteo Renzi e una politica montanara, Emma Bonino, che è nata in provincia di Cuneo anche se ormai da 50 anni vive tra Roma e Bruxelles e forse dimentica l'affaccio sulle valli occitane dalla sua Bra.
Il progetto più convincente per le aree interne è anche l'unico, quello del Partito democratico, che nel suo Manifesto "L'Europa che vogliamo" (49 pagine) dedica un paragrafo al tema delle disuguaglianze territoriali, un problema molto sentito dai montanari di tutta Italia, che siano alpini o appenninici. "Nessun destino deve essere segnato dal luogo in cui si nasce. Sono proprio i territori in cui più è palpabile l’assenza di futuro, l’abbandono, la marginalità sociale e ambientale quelli su cui la narrazione populista e nazionalista attecchisce maggiormente. Non vogliamo 'luoghi che non contano', perché le persone che li abitano, le imprese che vi operano, la biodiversità che custodiscono possono e devono contare" scrivono, ispirati senz'altro dal pensiero dell'ex ministro Fabrizo Barca, ideatore tra le altre cose della Strategia nazionale per le aree interne. "Occorre una specifica iniziativa europea per le zone a rischio spopolamento, le aree montane e interne, con risorse dedicate e il sostegno a reti strutturate di soggetti e progetti. Per contrastare lo spopolamento bisogna costruire politiche mirate che rafforzino in queste aree i servizi fondamentali come sanità, scuola, trasporti e connettività. Vogliamo un pieno riconoscimento dei beni e servizi ecosistemici erogati dalle aree interne: la risorsa acqua e quella forestale sono alcuni degli esempi più rilevanti di come le aree interne contribuiscano al benessere e alla biodiversità. Allo stesso tempo, questa condizione crea un regime vincolistico per tali territori che deve avere specifiche indennità compensative a favore delle comunità locali". Quanto alla desertificazione economica, si fa riferimento al rilancio non dell'industria ma delle piccole e medie imprese artigiane, con la previsione di un sostegno nell'ambito dei fondi strutturali, quelli della politica di coesione: il Pd intende "rafforzarla, rilanciarla e difenderla".
Non pervenuto il programma di Alleanza Verdi Sinistra (peccato, davvero) mentre la lista Pace, terra e dignità dedica al tema un passaggio quasi poetico e molto evocativo: "L’Europa deve considerare i boschi, la montagna, il mare beni comuni da tutelare. Senza regole e controlli, e senza una comunità attiva che se ne prenda cura, finiranno per diventare privati. Chi svolge attività nella pesca, nell’agricoltura, nell’allevamento, deve poter essere considerato un operatore del servizio pubblico, sempre che la sua opera si svolga nella tutela del paesaggio e della fauna, nel rispetto della natura e nella produzione di cibo di qualità".
Complessivamente, però, l'Italia che si avvicina al voto europeo riceve un voto nettamente insufficiente. Sarebbe stato sufficiente spulciare un po' di documenti Ue per scrivere qualcosa di sensato. In relazione all'agricoltura, ad esempio, il network europeo che si occupa di politiche agricole ha pubblicato alla fine del 2023 un policy insight molto interessante, che sarebbe stato sufficiente copiare e incollare: "Le nostre montagne sono importanti anche dal punto di vista della politica dell'UE, perché svolgono un ruolo cruciale nel modellare il clima europeo, fornendo habitat per una flora e una fauna diverse, oltre a offrire una gamma unica di opportunità turistiche e ricreative". Lo stesso documento riconosce "l'importanza dell'agricoltura di montagna per la sicurezza alimentare regionale, la conservazione di diversi ecosistemi, l'occupazione dei residenti locali e delle piccole imprese locali, nonché il suo ruolo nella promozione del turismo sostenibile".