La pista da bob di Cortina non ruba il futuro agli atleti, ma alla collettività
La vicenda bob di Cortina insegna che per progettare il futuro dei nostri territori occorre abbandonare una visione individualista per agire collettivamente. Un accorgimento necessario per tutelarsi da una politica che in più occasioni mostra disinteresse per le reali esigenze dei territori
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
“Il mio più grande sogno è stato distrutto!”, così ha scritto sulle sue pagine social Amedeo Bagnis, classe 1999, atleta di skeleton per la FISI. Il post è arrivato in seguito all'annuncio di Giovanni Malagò, presidente del Coni, che lo scorso16 ottobre da Mumbai ha dichiarato che le gare di bob e skeleton delle Olimpiadi invernali del 2026 non si sarebbero svolte in Italia. In questi mesi si sono susseguite smentite e appelli fino ad arrivare alla recente gara della "pista light" vinta dall'azienda Pizzarotti. Il 19 febbraio è la data prevista per l'inizio dei cantieri per la nuova pista "Eugenio Monti".
Del post, che si conclude con l'amarezza di Bagnis per non poter competere per un oro alle Olimpiadi "di casa", risulta interessante capire lo stile comunicativo scelto (forse involontariamente). L’accusa, rivolta a quelle persone che il sindaco di Cortina ha etichettato con tono dispregiativo “ambientalisti”, è sacrosanta, ma solo se considerata da una prospettiva prettamente individualistica.
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Un post condiviso da Amedeo Bagnis OLY | ITA SKELETON (@amedeo_bagnis_oly)
Non è la prima volta che, come società, veniamo accusati di aver rubato il “futuro” a qualcuno. Nel 2019, all’Assemblea dell’Onu sul clima a New York, una giovane Greta Thunberg pronunciò il famoso discorso: “Come vi permettete! Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote”.
In questo caso Thunberg si rivolgeva ai leader mondiali (che applaudirono la sua reprimenda senza forse aver capito bene il significato delle parole appena ascoltate) per denunciare l’inazione dei governi nel contrasto alla crisi climatica. Le sue parole erano cariche di rabbia e delusione. Toccarono molte coscienze e fecero notizia, ma non riuscirono a smuovere e a far agire i veri destinatari del messaggio.
Con grande probabilità, nemmeno le parole di Bagnis potranno smuovere le coscienze di tutti noi, ma vanno ascoltate e contestualizzate, perché effettivamente, l'humus culturale da cui hanno preso forma, individua nei giochi olimpici l'unico, vero, futuro. Anche quando quei giochi, con la realizzazione della pista da bob, più che al futuro guardano al passato, alimentano logiche anacronistiche e legano lo sviluppo delle terre alte ai soli grandi eventi e alle sole infrastrutture.
Si possono trovare molte analogie tra la pista di Cortina e la crisi climatica, anche se ci sembrano due mondi decisamente lontani. Il caso della pista da bob ci ha impartito una preziosa lezione che si applica perfettamente anche alla lotta contro il cambiamento climatico.
I mesi di mobilitazione cittadina a Cortina insegnano che fare "fronte comune" può sensibilizzare le coscienze ottenendo risultati importanti. Al tempo stesso appare sempre più chiaro come la politica e l'industria spesso non ascoltino le richieste dei territori. La crisi climatica invita a lavorare e ad agire come collettività, abbandonando l’individualismo di cui è impregnata la nostra società (basti pensare al concetto di comunità energetiche e alla necessità di tornare a pensare collettivamente).
Per abbandonare il fossile dobbiamo essere coesi come popolazione a livello globale. Per prenderci cura del nostro territorio dobbiamo ritornare a fare comunità. Solo così, forse, si può iniziare a parlare di futuro.