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Attualità

Una lunga marcia per evitare un ingiustificabile sacrificio ambientale (VIDEO). Decine di ambientalisti? No, di persone consapevoli 

(L'editoriale) Sabato scorso decine di manifestanti hanno raggiunto il Vallone delle Cime Bianche per dire no alla nuova funivia finalizzata a collegare il comprensorio del Cervino a quello del Monte Rosa, con l'obiettivo di dare così vita al più grande distretto sciistico d'Europa nonché terzo al mondo. Si parla infatti di 580 chilometri di piste distribuiti in ben cinque vallate

di
Pietro Lacasella
05 agosto | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

"La vittima sacrificale questa volta è una valle laterale della splendida Val d'Ayas, conosciuta dai più con il nome di Vallone delle Cime Bianche

Verrà immolata a favore di un Dio molto potente, che solo sulle Alpi italiane può vantare quasi 5000 chilometri di piste e 198 comprensori. Questa divinità, come avrete capito, si chiama Sci.

 

Il sacrificio prevede la realizzazione, in un'area di grande prestigio naturalistico (fa parte di Rete Natura 2000), di una funivia capace di collegare il comprensorio del Cervino a quello del Monte Rosa, per dare così vita al più grande distretto sciistico d'Europa nonché terzo al mondo. Si parla infatti di 580 chilometri di piste distribuiti in ben cinque vallate".

 

Così iniziava un articolo, pubblicato poche settimane fa, dove raccontavo il malinconico destino verso cui rischia di andare incontro uno dei solchi alpini più suggestivi che ho avuto la fortuna di visitare. 

 

Quando l'ho risalito era una giornata umida. Doveva piovere, ma non ha piovuto. Tuttavia l'aria, imbevuta di vapori, svelava frammenti di paesaggio solo per pochi attimi. 

Pascoli, torbiere, torrenti, Più in quota ghiacciai. Spesso i rumori precedevano la vista, annunciando ciò che stava per arrivare. Uno squarcio di monte Rosa, un ungulato sfumato, una vetta altissima in cielo tra le nuvole. Giù, all'inizio della valle, le mucche al pascolo.

 

Sabato scorso l'atmosfera era diversa. Un cielo azzurro, chiazzato di qualche nuvola bianca, ha accolto decine di manifestanti saliti nel Vallone per manifestare la propria contrarietà alla nuova funivia.

Nei diversi video che si trovano in rete si può osservare la folla avanzare con il passo di chi è abituato ad andare in montagna: nessuno schiamazzo, ma al contrario una sobrietà ricca di consapevolezza.

È la stessa sobrietà che ho respirato ad esempio a Cortina, tra gli ampezzani contrari alla pista da bob. Come in quella circostanza sorge spontanea una riflessione: chi propone una programmazione territoriale parsimoniosa e attenta alle peculiarità contestuali, spesso viene classificato sotto l'etichetta di "ambientalista". Una strategia efficace per ghettizzare un pensiero, per rinchiuderlo in un recinto, per nasconderlo alla "normalità".

 

Tuttavia, di questi tempi è proprio la "normalità" a seminare incognite nel futuro delle generazioni più giovani. Quello che oggi è ritenuto normale in realtà non lo è affatto, perché genera spreco, spesso consumando senza una reale necessità. È una normalità bulimica, che si ingozza senza avere necessariamente fame; che costruisce nuovi impianti quando gli impianti esistenti bastano e avanzano.

 

È arrivata l'ora di uscire dal recinto "ambientalista" e di abbandonarlo per sempre. Avere cura dell'ambiente, preoccuparsi per la sua tutela, dovrebbe essere una predisposizione collettiva. Dovrebbe essere la norma.

 

Sabato a camminare tra le pieghe del Vallone delle Cime Bianche non c'erano ambientalisti, ma persone consapevoli. Persone normali.

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