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Turisti: cosa acquistare per supportare i territori montani? Il vero "prodotto tipico" è quello che sostiene l’agricoltura e l’allevamento nelle Terre alte

Di fronte alla denuncia di Uncem sulla progressiva desertificazione delle botteghe nei piccoli paesi isolati di collina e montagna, e al relativo invito ad acquistare "prodotti tipici" rivolto ai turisti, è necessaria una riflessione sul "cosa" comprare per supportare le popolazioni locali

di
Luca Martinelli
17 agosto | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Di fronte alla denuncia di Uncem sulla progressiva desertificazione delle botteghe nei piccoli paesi isolati di collina e montagna, è d’obbligo una riflessione che colleghi l’invito ad acquistare “prodotti tipici” rivolto a chi in montagna va per uno o più giorni, turista o escursionista. Perché è vero che "se compri in valle la montagna vivrà", ma non è detto che acquistare sul territorio salvi i negozi, i bar e i paesi, perché questo dipende non tanto dai ricavi delle attività quanto dalla marginalità e - per quanto riguarda i prodotti tipici - dalle filiere e dal tipo di distribuzione.

 

Dobbiamo immaginare le botteghe e i bar di un piccolo paese come esercizi dall'anima doppia, che devono lavorare ogni giorno dell'anno per i pochi residenti, offrendo poi a chi arriva per un giorno o una settimana la possibilità di scoprire e scegliere qualcosa di "speciale": un appello generalizzato ha cioè bisogno di essere accompagnato da alcune specifiche, per evitare che l'intento assai positivo non rischi di diventare controproducente, rischiando di alimentare quei meccanismi distorti del mercato che, tra l'altro, hanno progressivamente marginalizzato le economie agricole di Alpi ed Appennini.

 

Potrebbe servire (e Uncem e L'AltraMontagna potrebbero lavorarci insieme) immaginare e suggerire un decalogo, che permetta a chi sale in montagna di orientarsi tra gli scaffali di una bottega, dove diventa importante leggere ogni etichetta ed eventualmente fare domande ai gestori.

 

In alcuni casi, ad esempio, è assai difficile indovinare se il prodotto (considerato) tipico sia realmente locale. In altre, in particolare tra quei prodotti che hanno un qualche marchio identificativo, come DOP o IGP, l’evoluzione di mercato fa sì che aziende situate in zone marginali vengano acquistate da grandi operatori di mercato, trasformando radicalmente la relazione con il territorio, anche e in particolare guardando alle filiere di approvvigionamento delle materie prime trasformate. Un esempio conosciuto e ormai mainstream, per l'ampio spazio sulla stampa nazionale, è quello della Bresaola della Valtellina IGP, prodotta in larghissima parte con carne allevata fuori dall'Unione europea. 

 

C’è poi il tema della distribuzione, dov’è senz’altro opportuno privilegiare l’acquisto di quei prodotti che arrivano sullo scaffale direttamente e senza intermediazione, dall’agricoltore/allevatore/artigiano alla rivendita: in questo modo si garantiscono maggiori risorse al piccolo negozio di montagna e non ai distributori (che fanno senz’altro un lavoro importante, ma operando spesso in condizioni di monopolio finiscono per l’indirizzare o definire a priori cosa sta e non sta in vendita). Da privilegiare, senz’altro, quei prodotti che sono certificati biologici, perché raccontano di un’attività rispettosa dell’ambiente.

 

La spinta ad acquistare  “prodotti tipici” non può che rispondere alla volontà di alimentare l’agricoltura e l’allevamento di montagna, attività che non hanno solo finalità produttive ma che contribuiscono anche alla tenuta del territorio, garantendo vivibilità. Per essere efficace, quindi, deve entrare nel campo della complessità nelle relazioni commerciali del settore primario, aiutando il cittadino/turista ad orientarsi, perché dietro ogni acquisto ci sia davvero il massimo contributo non solo all'esercizio commerciale, ma a un'economia montana (che è quella che mantiene le persone a viverci). Uno sforzo quasi obbligato, per non trovarci un giorno nella condizione di dover scrivere un nuovo pamphlet: dopo "Contro i borghi", “Contro i prodotti tipici”.

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