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Attualità

Riattivare gli impianti sciistici a quota 1.000 metri: c'è chi ci pensa davvero. Il caso del Monte San Primo e l'“assalto alle Alpi”

Fin da quando i primi articoli sono apparsi sulla stampa locale, la vicenda del progetto di sviluppo turistico del Monte San Primo, per il quale si vorrebbero riattivare impianti di risalita, piste da sci e innevamento artificiale a poco più di 1000 metri di quota, ha suscitato scalpore e innescato un dissenso sempre più ampio, che ha portato la vicenda alla ribalta della stampa internazionale. Nonostante ciò, gli enti pubblici che sostengono il progetto tirano dritto mentre cresce la richiesta di tutelare la montagna e al contempo di rilanciarne la frequentazione turistica sostenibile. Facciamo il punto della situazione con i referenti del Coordinamento “Salviamo il Monte San Primo”

di
Luca Rota
21 luglio | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Nella recente tornata elettorale Angelo Barindelli è stato confermato alla carica di sindaco del Comune di Bellagio, mentre nella Comunità Montana Triangolo Lariano è stata formata la Giunta in perfetta continuità con la precedente. Stiamo parlando degli Enti sostenitori del progetto “OltreLario. Triangolo Lariano meta dell’outdoor”, che di fatto hanno rilanciato la realizzazione delle infrastrutture sciistiche previste, continuando a ignorare completamente il dissenso ormai vastissimo al riguardo (L’AltraMontagna se n’era già occupata qui). Come si pone il Coordinamento “Salviamo il Monte San Primo” di fronte a questa rinnovata e, se possibile, ancor più intransigente posizione del Comune di Bellagio e della Comunità Montana?

A sorprenderci non è tanto il risultato elettorale in sé – che possiamo ritenere per lo più indipendente dalla specificità del progetto San Primo – quanto l’insistenza delle Istituzioni nel riconfermare la consistenza del progetto, destinato per più della metà del finanziamento (ovvero più di 2 milioni e mezzo di euro, su un totale di 5 milioni di fondi pubblici) alle piste da sci e all’innevamento artificiale ad una quota di 1.100 metri. Stiamo parlando quindi di un progetto fuori luogo e fuori tempo, come ci hanno più volte ribadito sia gli esperti climatologi (a partire da Luca Mercalli, intervenuto direttamente sulla questione San Primo), sia la stampa internazionale, sia l'opinione pubblica che ha manifestato con noi il proprio dissenso al progetto.

Posto quanto sopra, e innanzi tutto l’irremovibilità degli enti pubblici che sostengono il progetto “Oltrelario”, come intende muoversi il Coordinamento?

Come Coordinamento intendiamo continuare a muoverci secondo le linee adottate finora, ovvero su azioni di informazione sui reali contenuti dell’assurdo progetto e sulla conseguente sensibilizzazione rivolta alla popolazione; oltre a ciò ci concentreremo nuovamente sull’elaborazione di controproposte per, anzitutto, tutelare la montagna dal punto di vista naturalistico e paesaggistico e, se possibile, del rilancio economico nel rispetto della piena sostenibilità ambientale. Lo faremo con le analoghe modalità già collaudate, come ad esempio: camminate di conoscenza del territorio, incontri con esperti dei territori montani, approfondimenti sulla geologia locale e sulla climatologia delle regioni alpine e prealpine. Oltre ad una continua azione di pressione su tutti gli attori politici coinvolti nel progetto: sindaci, amministratori locali e regionali. Nel caso in cui il progetto arrivasse ad una fase avanzata, valuteremo la possibilità di rivolgerci ad organismi sovraordinati o di controllo, come ad esempio l’Unione Europea o la Corte dei Conti.

Alcune associazioni facenti parte del Coordinamento hanno deciso di partecipare al bando “Montagne in transizione” di Fondazione Cariplo. Perché ritenete importante questa azione nell’ottica dello sviluppo turistico sostenibile del Monte San Primo e del Triangolo Lariano?

Lo riteniamo importante anzitutto per dimostrare che, prima di arrivare ad una progettualità, occorrono studi mirati sulle reali esigenze ecologiche, economiche e sociali del territorio, e questo lo faremo anche grazie alla collaborazione con l’Università dell'Insubria che è partner del progetto insieme a due comuni del territorio del Triangolo Lariano. Questo per poi giungere all’elaborazione di linee di intervento per il possibile ‘rilancio’ turistico in chiave di sostenibilità ambientale e sociale. Vogliamo pertanto agire in un'ottica esattamente contrapposta a quella entro cui si muovono le Istituzioni che, al contrario, sono partite da un cospicuo finanziamento pubblico (di oltre 5 milioni di euro, come detto) per poi strutturare in modo totalmente raffazzonato il progetto ‘OltreLario’, assolutamente fuori luogo e fuori tempo.

Nelle ultime stagioni anche il Lago di Como si è ritrovato catturato nella morsa dell’overtourism, il sovraffollamento turistico che rischia di degradare i luoghi e consumarne tanto le potenzialità turistiche quanto le valenze culturali. Secondo voi il Monte San Primo, posti i progetti di infrastrutturazione previsti, rischia in qualche modo di essere coinvolto nella situazione di sovraffollamento in corso, che peraltro al momento sembra priva di soluzioni efficaci per limitarne gli impatti?

L'overtourism riguarda in particolare i territori costieri del Lario, sia sul ramo di Como che su quello di Lecco, coinvolgendo lo stesso borgo di Bellagio - non a caso definito la ‘Perla del lago’ –, territori che sicuramente soffrono la presenza di un numero di turisti spropositato rispetto al contesto.  Il sovraffollamento non tocca per ora i territori montani del Triangolo Lariano, se non per l’area del Pian del Tivano che è facilmente accessibile in auto e preso d’assalto nei week end della bella stagione. Ma in generale riteniamo che nel resto del territorio montano non ci sia sovraffollamento, e non avverrà con il progetto ‘OltreLario’. Sicuramente si potrebbe pensare ad una diversificazione dei flussi turistici, ma ciò non deve avvenire a scapito della naturalità e tranquillità delle terre alte. Il rischio è infatti quello di riproporre in montagna le stesse dinamiche della città: consumo di suolo, traffico (e conseguente smog), parchi gioco, tubing in plastica, questo oltre all’assurda riproposizione dello sci a quote basse.

Il territorio montano del Triangolo Lariano ha già subito e sofferto nel recente passato (dagli anni ’60 del secolo scorso) l’aggressione ambientale attraverso la cementificazione e urbanizzazione per far posto a nuove aree residenziali destinate alle seconde case, soprattutto dei ‘Milanesi’, allora alla ricerca di spazi aperti, di aria pura ma anche di tranquillità e svago.

Ora il rischio della diffusione, così aggressiva e repentina, del turismo di massa è quello di innescare le stesse logiche speculative, per esempio attraverso la realizzazione di nuovi complessi turistici, sulle coste ma anche sulle aree premontane da cui si può godere del panorama sul lago. È un po’ quello che rischia di avvenire col progetto di un nuovo mega Resort turistico a Torno, sulla sponda orientale del ramo di Como del Lario. Anche qui un progetto nefasto per l’equilibrio ambientale e idrogeologico, per la viabilità e per la vivibilità dei borghi.

Spesso, nelle vicende come quella in corso sul Monte San Primo, sembra che chi abbia più a cuore la salvaguardia dei luoghi siano i “forestieri”, mentre i residenti si mostrano non di rado apatici se non favorevoli, per la malcelata speranza di ricavarci qualche vantaggio, anche quando l’impatto delle opere previste sul territorio sia palesemente negativo. Al riguardo com’è la situazione nel territorio del Monte San Primo? Quanto è importante la sensibilizzazione dei suoi abitanti per far che la tutela del luogo possa svilupparsi compiutamente?

Per noi è sicuramente fondamentale che la comunità locale del Triangolo Lariano faccia sentire la propria voce contro l’aggressione del territorio. Fino ad ora sicuramente l'azione di contrasto e di controproposta è venuta solo dal nostro Coordinamento, formato da ben 35 associazioni - sia di stampo nazionale che di livello locale – ma anche da alcuni residenti. Rischiando un po’ di generalizzare, possiamo dire che la comunità locale è formata da due componenti: i residenti ‘storici’, che sovente si dimostrano più apatici e silenti, e i ‘Milanesi’ trapiantati, che a volte si dimostrano più sensibili pur essendo, ovviamente, meno radicati nelle comunità stesse. Occorre sicuramente un’azione di sensibilizzazione a 360° che è quello che ci proponiamo come Coordinamento. 

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