Con i cambiamenti climatici le vigne salgono di quota e sul Monte Baldo si lavora a nuove varietà, produzioni e (forse) a un marchio unico
Chissà, tra qualche vendemmia il rafforzativo Baldo comparirà nella specifica produzione enologica, per uve destinate alla spumantistica. Lo hanno proposto a Brentonico autorevoli esperti in convegno promosso da Albino Armani, imprenditore di una famiglia lagarina che opera nel vino dal lontano 1607, con cantine in Veneto, Friuli e vigneti trentini proprio sul versante di fondovalle del Monte Baldo
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Il cambiamento climatico spinge davvero a cambiare l’approccio con i valori produttivi dei singoli territori, specialmente nelle aree montane. Con la vitivinicoltura che sfida peculiarità pedoclimatiche d’alta quota. Ecco allora aprirsi una nuova frontiera: quella sul Monte Baldo, cerniera alpina tra Veneto, il Garda e la Vallagarina trentina. Territorio fragile, ma meraviglioso anche per la vite. Chissà, tra qualche vendemmia il rafforzativo Baldo comparirà nella specifica produzione enologica, per uve destinate alla spumantistica.
Lo hanno proposto a Brentonico autorevoli esperti in convegno promosso da Albino Armani, imprenditore di una famiglia lagarina che opera nel vino dal lontano 1607, con cantine in Veneto, Friuli e vigneti trentini proprio sul versante di fondovalle del Monte Baldo. Imprenditore ai vertici del Consorzio Tutela delle Venezie Pinot grigio Doc, intenzionato a valorizzare il futuro viticolo della natia montagna. Con un primo importante ‘seminario di studi’, disquisizioni e degustazioni condivise.
Discussione subito approfondita, per ridefinire i legami tra clima, vite e specificità territoriali. Partendo da una constatazione: bisogna dare nuovi e più stimolanti contenuti all’espressione ‘vocazione viticola’. Partendo proprio dalla singolarità di un’area sicuramente affascinante, quel Monte Baldo, giardino botanico d’Europa, con oltre 1660 piante diverse, paradiso di biodiversità, areale trentino conteso da diversi comuni sul crinale veneto, come riporta la cronaca delle ultime settimane. (METTI LINK).
I versanti solatii di Brentonico da qualche anno sono ricercati da diverse aziende vitivinicole attive in zone distanti, ma decise a scommettere sulle attitudini baldensi. Prerogativa specifica giustamente sintetizzata nel concetto di ‘vocazione’. Lo ha ribadito il professor Attilio Scienza, con la sua consueta dotta quanto approfondita dissertazione storica quanto agronomica. Vocatio, prende origine dalla parola latina che significa ‘chiamata’ - alla musica, alla vita religiosa, all’arte ed altro ancora - ma nel caso di un territorio agricolo rappresenta l'idoneità di un luogo delimitato per una produzione dalle caratteristiche peculiari.
Da un punto di vista concettuale la vocazione alla qualità di un vigneto può essere interpretata come un processo di socializzazione della natura che si articola in una fase costituiva ed in una per certi versi filosofica. La dimensione costitutiva - identificata dal tempo, dallo spazio, dalle caratteristiche della collettività e dai suoi meccanismi di funzionamento - si esprime sul piano simbolico attraverso l’uso di una denominazione strutturando un disciplinare di produzione. La spinta filosofica, metafisica, definisce le responsabilità del viticoltore nelle modalità con le quali abita la natura, come la trasforma in territorio e quale valore antropologico da al territorio stesso. Il territorio deve testimoniare l’autenticità di un vino, il valore intrinseco, senza badare all’apparenza. Ecco il Baldo enoico potrebbe essere un vero ‘laboratorio sensoriale’ per ridare forza al concetto stesso di vino autentico. Ottenuto con criteri d’eccellenza ovvero partendo dal comunicare le intenzioni, l’impegno di quanti sono decisi a puntare sulla singolarità del prodotto.
Quindi è necessario uscire dalla tradizionale definizione di terroir, finora basata sugli effetti portati al vino dal suolo e dal clima; servono nuovi valori, basati sull’eco compatibilità e una moderna multifunzionalità, per comprendere i rapporti tra società e l’habitat. Ulteriori considerazioni sono state illustrate da relatori, coinvolgendo nel dibattito sul rapporto tra viticoltura e paesaggio montano, alcuni vignaioli che coltivano uva sul Baldo, tra i quali Armani, Foradori, l’azienda brentegana Soldelaite, pure cantine come Endrizzi e la famiglia Lunelli, quella del Ferrari, che seleziona uve del Baldo coltivate dai soci della vicina cantina di Mori.
Operatori montani, decisi a interpretare naturali spostamenti delle correnti d’aria tra monte e fondovalle (effetto dolina) molto più determinante del legame tra altimetria dei terreni e qualità vendemmiale. Scambio termico che il Baldo esalta. In tutto. Nozioni vitivinicole, per dare un significato progettuale alla parola ‘vocazione’, legarlo al concetto di ‘patrimonio’ e dunque un bene prezioso da ereditare. Rispettando la vicinanza del bosco alla vite - indispensabile per la mitigazione del calore - le peculiarità dei suoli, per giungere ad una coltura leggera, senza impatto ambientale. Guardando al futuro.
Tutto questo per compiere un nuovo umanesimo dei territori vitati. Intraprendere - come ha sottolineato il professor Scienza - una sorta di sovranità alimentare di specifici territori attraverso l’equilibrio con l’habitat, garantendo il mantenimento di vita sociale dei piccoli paesi. Comunità non solo per il turismo, ma agenti di coltura enogastronomica e del piccolo commercio. Collegando la viticoltura montana alla possibilità di produrre vino con il minor impiego di risorse impattanti sul vigneto, tramite l’attuazione di una procedura digitale. E con la genetica al fianco dei produttori.