"Cogne mette le ali": Santanchè propone gli spostamenti in elicottero per i turisti, ma la rincorsa alle emergenze non paga, la montagna ha bisogno di politiche di adattamento
Le reazioni della politica ai disastri che hanno colpito paesi come Cogne e Cervinia negli scorsi giorni spingono a una riflessione sulle politiche di cui le terre alte hanno bisogno per fronteggiare il cambiamento climatico in atto, con tutte le sue conseguenze
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
La Repubblica Torino del 2 luglio riporta un virgolettato di Elisa Cicco, sindaca di Valtournenche, la cui frazione di Breuil-Cervinia (a oltre 2.000 metri sul livello del mare) è stata travolta nei giorni scorsi dalla piena del torrente Marmore: «I nostri anziani non hanno memoria di una calamità simile negli ultimi 100 anni» ha detto Cicco.
Ha senz'altro ragione: ciò a cui stiamo assistendo, in particolare nelle montagne, è qualcosa di inedito, ed è anche una delle ragioni che hanno reso necessaria la nascita di un quotidiano come L'AltraMontagna; servono nuovi strumenti, culturali, per comprendere gli effetti del cambiamento climatico su Alpi e Appennini (l'ultimo aggiornamento del 28 giugno sullo stato di severità idrica a scala nazionale parla di "severità media" anche per il Distretto idrografico dell'Appennino Centrale).
Leggere le parole di Cicco mi hanno riportato alle parole della nostra Sofia Farina, che ho intervistato un paio di settimane fa per Il Manifesto: "La montagna è un ambiente particolarmente sensibile al cambiamento climatico, un hotspot, come i Poli, cioè le regioni coperte dai ghiacci, che risentono del surriscaldamento più di altre. Lavorare sulla consapevolezza di ciò che sta accadendo nelle terre alte è fondamentale per chi le abita e si trova in prima linea ad affrontare contesti completamente nuovi, che variano con una rapidità che non permette l’adattamento. Quest’azione diventa fondamentale in particolare nel momento in cui diventa evidente che 'migreremo verticalmente', che anche gli italiani stanno iniziando a spostarsi a quote più alte, perché le pianure diventano invivibili, perché il cuneo salino danneggia le terre coltivabili: dato che ci spingeremo in alto, è importante la consapevolezza di quali sono i rischi e gli impatti nelle terre alte, per preparare chi scappa da un certo contesto perché colpito dall’innalzamento delle temperature, perché sappiano che in alto non troveranno un’oasi ma un contesto molto più fragile, dove sono in corso processi molto delicati che rendono l’abitare pericoloso".
Al cronista Cicco ha aggiunto: "Cervinia non è chiusa, ditelo ai turisti": è senz'altro plausibile che chi amministra abbia timore per la tenuta sociale ed economica del territorio, di fronte a un evento estremo che ne danneggia l'industria più importante, come lo è che il ministero del Turismo prometta interventi ed aiuti, come ha fatto ieri Daniela Santanché, che ha promesso "10 milioni di euro per sostenere tutti gli albergatori, le strutture extra-alberghiere, i ristoratori che hanno avuto danni diretti dall'alluvione dei giorni scorsi".
Lo è molto meno, invece, che di fronte a una situazione drammatica, come quella di Cogne, altro comune della Valle d'Aosta colpita da un'alluvione causata dall'estrema concentrazione delle precipitazioni, la stessa Santanché abbiamo immaginato "di attivare un passaggio gratuito in elicottero per tutti i turisti che non abbandoneranno Cogne", come ha dichiarato ieri. Il nome della campagna sarebbe "Cogne mette le ali", ma la realtà è la chiusura della strada regionale numero 47, unico collegamento tra la località turistica e il fondovalle (ieri 300 le persone sono state evacuate dalla località irraggiungibile, dopo le 853 portate a valle il giorno prima con gli elicotteri, 4 della Protezione civile regionale con a bordo i tecnici del Soccorso alpino valdostano, 1 della Guardia di finanza, 1 dei Vigili del fuoco e 2 dei Carabinieri).
Di fronte a un quadro così eccezionale, probabilmente il ministero del Turismo dovrebbe piuttosto immaginare di promuovere un tavolo, coinvolgendo il ministero delle Infrastrutture, per affrontare il problema della salvaguardia delle infrastrutture, il ministero dell'Ambiente, per analizzare gli effetti dei cambiamenti climatici, il ministero del Made in Italy (l'ex Sviluppo economico) per affrontare le conseguenze e le possibili risposte per un settore industriale obiettivamente trainante.
Di fronte a una situazione complessa non sono sufficienti ricette semplicistiche, non è possibile nascondere dietro a slogan o campagne surreali l'esigenza di affrontare le cause di una debolezza che - le proiezioni del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico sono abbastanza chiare - è ormai strutturale.
Tutta la montagna italiana merita politiche adeguate, la rincorsa delle emergenze non paga.