La traversa della discordia sul Tagliamento: l'appello di 400 scienziati e delle associazioni rimane inascoltato
L’Autorità di Bacino Distrettuale Alpi Orientali e la Regione Friuli Venezia Giulia hanno formalizzato l’intenzione di realizzare una cassa d’espansione in linea a monte del ponte di Dignano e una cassa fuori alveo a Varmo. Si mobilitano 400 scienziati per tutelare il fiume. E l’associazione "Assieme per il Tagliamento" raccoglie 14.000 firme per bloccare il progetto


di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Il “re dei fiumi alpini”, il Tagliamento, è lungo 178 chilometri e nasce dal passo della Mauria (BL) per abbandonarsi nell’Alto Adriatico. Un fiume portato spesso ad esempio come “l’ultimo fiume selvaggio”, ma di cui in realtà si sa ben poco. Come abbiamo scritto di recente (in questo articolo), il suo tratto alpino è, a dispetto di quanto si possa credere, molto antropizzato a causa di impianti idroelettrici e invasi artificiali.
Forte antropizzazione che rischia di essere incrementata nel suo tratto conclusivo, dopo le montagne, in vista del mare. Lo scorso aprile la giunta regionale del Friuli Venezia Giulia ha infatti approvato il documento preliminare per la realizzazione di una grande opera all’altezza del ponte di Dignano (UD): una traversa laminante di oltre un chilometro con luci mobili e 35 paratoie piane che entrerebbe in funzione in caso di piene eccezionali. Costo stimato circa 200 milioni di euro, di cui 30 già stanziati, per la progettazione. Il progetto, volto al contenimento delle piene, prevede anche una cassa fuori alveo a Varmo, a circa 25 chilometri di distanza, e un secondo sbarramento trasversale nell’alveo.
Da subito si sono alzate le voci contrarie, in primis quelle di chi lungo il fiume vive. Le persone si sono così mobilitate, proponendo passeggiate per far conoscere la situazione del fiume, presidi, raccolte di firme. "Vogliamo avviare una
campagna per tutelare il Tagliamento come bene pubblico, per difendere un bene che dovrebbe essere, come riconosciuto da leggi europee, lasciato il più naturale possibile”, fanno sapere dal Comitato Tilimet Libar – Tagliamento Libero.
Il progetto infatti, secondo il Comitato, se realizzato costituirebbe una violazione di fondamentali direttive ambientali europee (Direttiva Quadro Acque e Direttive Uccelli e Habitat) e di un importante regolamento europeo (Regolamento per il Ripristino della Natura), senza considerare il fatto che non rispetterebbe neppure le tutele previste dalla Convenzione delle Alpi, un trattato internazionale sottoscritto nel 1991 da otto paesi alpini, tra cui l’Italia, e l’allora Cee.
Nell’ottobre del 2024 è giunto il no più forte, deciso, allo sbarramento del corso del fiume: un documento firmato da 400 accademici, docenti e ricercatori, di 26 paesi. Il testo per la difesa del Tagliamento racconta in modo chiaro il progetto. “L’Autorità di Bacino Distrettuale Alpi Orientali, nell’aggiornamento del piano di gestione del rischio di alluvioni, e la Regione Friuli Venezia Giulia, con una delibera di aprile 2024, hanno formalizzato l’intenzione di realizzare una cassa d’espansione in linea a monte del ponte di Dignano e una cassa fuori alveo a Varmo. Entrambe prevedono la realizzazione di uno sbarramento trasversale nell’alveo del fiume, che ne interromperebbe la connettività longitudinale”, si spiega nel documento.
Il testo mette poi in guardia su quelle che ricercatori e docenti, tutti di materie connesse alle dinamiche fluviali, ritengono essere le conseguenze: "Se queste opere di mitigazione del rischio venissero realizzate si determinerebbero: la perdita della connettività fluviale, sia per la fauna che per i sedimenti; una grave interferenza nella dinamica naturale del fiume, con conseguenze morfologiche di vasta portata sia a monte che a valle; l’alterazione nei tratti di intervento di uno degli ecosistemi fluviali più rari dell’arco alpino e di numerosi habitat di rilevanza comunitaria; un grave impatto sul paesaggio e sulle opportunità di fruizione del fiume".
I firmatari, quindi, richiedono una seria valutazione delle alternative, coinvolgendo la popolazione sulle decisioni relative al fiume, dando priorità alle scelte che non alterino le caratteristiche morfologiche uniche di questo corso d’acqua, come richiesto dalla Direttiva Alluvioni. Si chiede di assicurare, ai fini della gestione del rischio di alluvioni e dell’adattamento ai cambiamenti climatici, una valutazione integrata di tutte le possibili alternative, in particolare di quelle basate sulla natura e che prevedono la restituzione di spazio al fiume, coerentemente con gli indirizzi europei, tenendo conto dei numerosi dati scientifici prodotti negli anni. Viene anche richiesto, nel contempo, di promuovere interventi di riqualificazione del Tagliamento e dei suoi affluenti e di mitigazione degli impatti connessi alle pressioni che insistono sul suo corso.
Il documento, con i nomi di tutti gli scienziati che lo supportano, si può leggere qui.
La Giunta regionale, trascurando al momento non solo il parere degli scienziati firmatari dell’appello, ma anche la contrarietà di almeno una dozzina di sindaci dei comuni rivieraschi e le 13.760 firme raccolte dall’Associazione Assieme per il Tagliamento consegnate a dicembre al Presidente del Consiglio regionale, sembra decisa ad andare avanti. L’assessore regionale alla Difesa dell'ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile, Fabio Scoccimarro, ha infatti dichiarato che il 2025 sarà l’anno dedicato alla redazione dei documenti necessari per la progettazioni delle opere, che partiranno nel 2026.
In apertura, foto da Wikimedia Commons