La morte di Bruno Pizzul. Bragagna:"Un rivoluzionario e una persona meravigliosa". Bizzotto: "Più di tutti avrebbe meritato di gridare Campioni del Mondo"
Franco Bragagna e Stefano Bizzotto, telecronisti bolzanini, hanno conosciuto e "vissuto" il grande giornalista friulano, che ha raccontato per la Rai le gesta della Nazionale per quasi 20 anni e i più importante eventi calcistici italiani e internazionali hanno scandito i tempi della vita di un intero Paese

BOLZANO. "Una persona meravigliosa, eccezionale. E, come telecronista, un rivoluzionario, di gran lunga superiore ai suoi predecessori e inarrivabile. Per tutti". "Un uomo straordinario. Professionalmente è stato un maestro: sobrio, concreto, competente. L'unico grande rimpianto è che non abbia mai potuto gridare "Campioni del Mondo", visto che è andato in pensione dopo il Mondiale del 2002 di Corea e Giappone".
La morte di Bruno Pizzul, scomparso nella notte tra martedì e mercoledì all'ospedale di Gorizia, ha lasciato un enorme vuoto. Non solamente nel mondo del giornalismo sportivo, dove era un'icona riconosciuta da tutti. La sua voce, inconfondibile, la sua competenza, la sua professionalità nel raccontare per la Rai le gesta della Nazionale per quasi 20 anni e i più importante eventi calcistici italiani e internazionali hanno scandito i tempi della vita di un intero Paese.
Tutti lo abbiamo ascoltato, lo abbiamo apprezzato e oggi, il giorno della sua scomparsa, ricordiamo perfettamente le sue frasi: Bruno Pizzul è stato un fuoriclasse. E chi ha avuto il privilegio di conoscerlo, d'imparare da lui e conoscerlo, oggi non può che sentire un grande, enorme "vuoto". E lo racconta, tramite aneddoti e ricordi.
"Bruno era una persona semplicemente meravigliosa - queste le parole del giornalista bolzanino Franco Bragagna, la "voce" Rai di atletica leggera e sci di fondo -, di quelle da "pacche sulla spalle", umile, in grado di mettere sempre a proprio agio l'interlocutore. Professionalmente è stato un rivoluzionario, un gigante, il migliore. Aneddoti? Ne avrei tanti. Beh, lui non ha mai preso la patente e si faceva portare in giro dalla moglie, che lui affettuosamente chiamava "La Tigre", anche se la signora è di una mitezza incredibile. E poi si muoveva solo in bicicletta. Nel 1997 era uno dei docenti - esaminatori del corso per giornalisti/telecronisti Rai, al quale partecipai anche io: una settimana al mese per nove mesi ad imparare dai più bravi, tra cui - ovviamente - lui. Ebbene ci fece una battuta clamorosa. Ci disse, ridendo: "Ragazzi, bevete prima di andare in telecronaca. E noi: "Ma cosa dici?". E lui, ancora: "Tanto ci sarà sempre qualcuno che avrà qualcosa da dire, quindi almeno avrete un alibi". Pensate: gli diedero la qualifica di inviato speciale nel 1993 e lui disse non che non serviva perché già faceva il più bel lavoro del mondo. Il problema era un altro: c'erano tanti giovani rampanti e meritevoli ai quali veniva detto "Eh, ma come facciamo a darti la qualifica che non la ha nemmeno Bruno Pizzul?". Andò proprio così. Una cosa la voglio aggiungere: si è goduto la vita, senza eccessi e se l'ho goduta al 100%".
A Bolzano Pizzul era venuto diverse volte in occasione del "Torneo dei Fiori", riservato ai calciatori professionisti Over 35. Ma a Stefano Bizzotto, telecronista Rai, che da lui ha, in parte, "ereditato" il calcio (oltre ad essere "la bibbia" dei tuffi), era legato in maniera particolare.
"Triveneto io, triveneto lui, che era orgogliosamente friulano - racconta Bizzotto -, c'era un feeling particolare e Bruno me lo ha sempre dimostrato. Il nostro primo "contatto" risale ormai a 39 anni fa e avvenne non in televisione. Io ero inviato in ex Jugoslavia per la Gazzetta dello Sport in occasione dei Campionati Europei Under 19 e, all'ultimo momento, la Rai decise di trasmettere la partita. Mi chiamarono, quando ero in tribuna stampa e mi dissero che Pizzul, che avrebbe dovuto commentare la partita, voleva informazioni. Per me era già uno dei "grandi": lo chiamai, gli detti le informazioni di cui aveva bisogno, visto che la commentava da "remoto" e ci salutammo. Poi, dopo il match, fu mio papà a dirmi che, in diretta, Pizzul mi aveva ringraziato con nome e cognome. Ma ci pensate? Incredibile. E avrei tanti aneddoti fantastici da raccontare. Durante la finale dell'Europeo 1996 disse in diretta che Bierhoff "si era sfogato con "il nostro Stefano Bizzotto". Oliver era stato relegato al ruolo di quarta punta e poi decise la finale con una doppietta e, in effetti, io parlavo spesso "in privato" con lui. L'avevo confidato a Bruno e lui lo raccontò a tutta Italia. Oppure, durante una finale di Coppa Uefa tra Schalke 04 e Inter, ero al suo fianco, la telecamera indugiò su due persone in tribuna d'onore e lui mi chiese, ovviamente in diretta, chi fossero, come se conoscessi tutti. Uno dei due lo riconobbi, era un importante politico tedesco, l'altro no. Per i suoi 80 anni ho avuto il privilegio di essere invitato, assieme a pochi altri giornalisti quali Condò, Pardo e Cucchi, al suo 80esimo compleanno, a Cormons. E' stata una serata semplicemente meravigliosa e siamo tornati a casa con la macchina piena di bottiglie di vino. L'unico rammarico è non avergli mai sentito urlare "Campioni del Mondo". L'avrebbe meritato più di tutti. E io mi sento fortunato ad aver condiviso con lui tanti anni ed esperienze".
E' un giorno di grande lutto per il giornalismo italiano Dopo Gian Paolo Ormezzano e Rino Tommasi, un'altra "icona" del racconto sportivo se ne va. Quel "Robertobaggioooooooo" tutto attaccato e con la "o" eterna lo ricorderemo per sempre.