Le foto istantanee con la Polaroid diventano opere d'arte: il viaggio di Antonio Strati tra filosofia e forme visive
Da anni impegnato nel Dipartimento di sociologia a Trento e in Centri di ricerca a Parigi, il viaggio lento di Antonio Strati per trasformare le immagini scattate con la Polaroid in opere d'arte
TRENTO. L’attimo colto con uno strappo. Staccare la protezione che protegge il formato di una speciale carta fotografica: quello storico della Polaroid, vale a dire 7,7 per 7,9 centimetri. Uno spazio solo apparentemente ridotto, che in realtà può racchiudere misteriose e altrettanto geniali forme visive. Specialmente quando l’immagine giunge sulla parte sensibile inquadrando scorci di quotidianità, elementi latenti, custoditi immediatamente dalla gelatina fotosensibile, tracce luminose che - con un subitaneo strappo - diventano sogni. Visioni sospese tra filosofia, indagine a ritroso, scovare il tangibile dall’esilarante, senza badare alla consistenza reale del soggetto inquadrato con l’obiettivo fotografico.
Un viaggio lento, scandito dal tempo, ritmato dalla luce, per rendere visibile quanto pazientemente sedimentato nella personale custodia sensoriale.
Tutto questo - e tanto altro ancora - è l’impegno fotografico/estetico/giocoso e pure sociologico di Antonio Strati, da anni impegnato nel Dipartimento della Facoltà di sociologia a Trento e in Centri di ricerca a Parigi. Conciliando la sua percettibilità socio-filosofica con la sensibilità fotografica di apparecchi specifici: sempre e solo sfruttando la tecnica delle immagini istantanee basate sul ‘systema Polaroid’.
Una passione che inizia già nel lontano 1978, impugnando ‘macchinette’ Polaroid quasi per scherzo, comunque deciso a giocare con le immagini in maniera assolutamente innovativa.
Inizialmente manipolando la sensibilità della lastrina sensibile, appena dopo aver scattato senza troppo badare ai canoni tradizionali della ripresa fotografica. Puntando sul ‘visibile dell’invisibile’, giocando con sfuocature, linee occasionali, ovattate quanto misteriose. Proprio per rendere poetica l’istantanea, immagine successivamente ri-fotografata con apparecchi idonei a rendere di facile visione il ‘piccolo formato’.
I riscontri artistici della ricerca di Antonio Strati sono stati immediatamente rilanciati dalle più importanti riviste fotografiche, le sue photopoesie esposte in mostre internazionali, prima al Mart (allora Museo Provinciale d’Arte) e poi in mezzo mondo. Immagini talmente innovative che la Casa madre Polaroid lo ha coinvolto in progetti sempre più ‘espansivi’, mettendo a sua disposizione speciali formati di ‘carta istantanea’, riservati ai professionisti dell’immagine, carte con supporti fotosensibili come la T-809, destinata ai cultori più visionari di una fotografia per certi versi subitanea. Immagini, questo caso, successivamente rielaborate, trasferite su carta e formati di dimensioni molto accattivanti.
Pazienza e altrettanta caparbietà fotografica hanno consentito ad Antonio Strati pubblicare i suoi lavori su autorevole riviste e altrettante edizioni. Recentemente ha dato alla stampa ‘Riviera mediterranea’, un lezioso libro edito da Emuse - Terramare.
Sfogliarlo, leggendo stringate didascalia alle foto, è compiere un viaggio attraverso le visioni più ardite di Strati. Intenso campionario di immagini raccolte in anni di esplorazione del paesaggio mediterraneo: strade, acque, ombrelloni, pesci, panni, ombre e altro ancora. Immagini materiche che - come annotano Federico e Giulia Margherita Montaldo, nella loro introduzione - si fanno presenza tangibile, rivelando pure l’invisibile.
Ecco perché le photopoesie di Strati riescono a scavare negli strati - capzioso gioco fonetico - più reconditi della nostra memoria. Sfruttando il fascino originario dell’istantanea. Dimostrando che una concreta, tangibile, fotografia su carta riesce ancora ad avere alto potere nell’epopea della facilità di Instagram e della sequenza degli scatti a raffica con strumenti digitali.
Non solo: stranamente è tornata di moda l’istantanea Polaroid. Prolungando un genere di fotografia che si riteneva superata e tremendamente obsoleta. Invece lo ‘scatto, strappo e vedo su carta’ ha riconquistato schiere di giovani creativi, sfruttando modelli di facile utilizzo e contemporaneamente proporre mirate attrezzature di ripresa, costose quanto altamente professionali. Proprio come Antonio Strati ha anticipato da quasi mezzo secolo. Rafforzando il valore dell’istantanea nell’epoca del digitale.
Perché - lo ribadiscono i cultori della Polaroid - con questa ‘macchinetta’ si ottengono immagini con proprietà inconfondibili. Hanno pure la singolare fragranza dell’acido che fissa su carta l’immagine. E una fisicità, cosa che con il telefonino o con gli scatti digitali non puoi subito impugnare. L’istantanea inoltre è speciale per la sua indiscutibile unicità: è reale e non si riproduce; fissa davvero ‘l’attimo che non si ripeterà più’, per dirla con una frase del mitico Henry Cartier Bresson.
Istantanea e certamente foto d’autore. Come quelle di Strati. Che fissano il momento con uno sguardo pregno di cultura, teso a fermare idee e altrettanti sogni. Da interpretare con gioco sensoriale. Lo scrive anche Roberta Valtorta, nel commentare l’ultima pubblicazione di Strati: l’intento è quello di scavare dentro se stesso, indagine introspettiva provocando, o lasciando nascere, nella materia Polaroid dei comportamenti che possono aprire la dimensione del sogno e del ricordo, forse anche quella dell’infanzia. Che per il socio/fotografo dell’Ateneo di Trento, non finisce mai.