Nel lago con l'acqua a 10 gradi: ''Il primo impatto è puro choc, ma poi si torna a respirare''. Wim Hof Method, sbarca in Trentino la terapia dei bagni gelati
Il primo workshop a Caldonazzo con l'unico maestro in Italia della disciplina nata nei Paesi Bassi, si replica al lago di Erdemolo. L'organizzatore: ''Tanti benefici psico-fisici. E nessuno si è ammalato''
TRENTO. Ma chi l'ha detto che il freddo fa ammalare? Di sicuro non lo pensano gli appassionati del Wim Hof Method (Whm), una vera e propria "terapia del freddo", che hanno partecipato al workshop tenuto sabato tra San Vito di Pergine e il lago di Caldonazzo dall'unico maestro certificato Paolo Sturiale.
Il metodo è stato inventato dall'"Iceman" olandese Wim Hof, da cui prende il nome. Si tratta in sostanza di una tecnica che insegna a convivere con il freddo che, non a caso, ha fatto più presa nei Paesi del nord Europa.
"Il metodo Whm - spiega l'organizzatore del workshop trentino e appassionato di bagni in acqua fredda Massimo Ruzzenenti - è stato ideato da Wim Hof, un vero superuomo che ha all'attivo una cosa come 25 record mondiali di resistenza al freddo. Che, invece che tenerlo per sé, ha scelto di creare un metodo e condividerlo. Io ho letto il suo libro che sta spopolando negli Stati Uniti e nella fascia nord Europea. In Italia, invece, il metodo è quasi sconosciuto".
Ruzzenenti spiega come è nata l'idea di organizzare un evento in Trentino: "Ho trovato in Internet l'unico istruttore di Whm certificato in Italia, Paolo Sturiale, che ha studiato con Wim Hof nella sua accademia in Olanda. Lo ho contattato e ho organizzato l'appuntamento che si è tenuto al lago di Caldonazzo".
Un workshop a cui ha partecipato una decina di persone: "L'ho pubblicizzato sui social network e nei negozi di articoli sportivi - dice Massimo - Su nove partecipanti (oltre il maestro) quattro erano appassionati provenienti da fuori provincia, da Roma, Treviso, Bassano e Verona".
Spiega in cosa consiste il metodo: "In sostanza ci sono tre pilastri dell'approccio al freddo - spiega Ruzzenenti - il primo è una serie di modi per adattarsi, tra cui fare una doccia fredda, maniluvi e pediluvi ghiacciati. Il secondo è quello della respirazione, perché non bisogna lasciarsi prendere dall'affanno. Il terzo è la dedizione: la mente deve essere presente. Un percorso che il maestro ci ha fatto fare per intero".
Ma come è andata la giornata di workshop? "Il tutto è cominciato a San Vito con la parte teorica - racconta l'organizzatore - durante la quale sono stati praticati esercizi per riscaldarsi e varie tecniche respiratorie di preparazione che includono momenti di iperventilazione ad altri di apnea. Poi in gruppo ci siamo incamminati a piedi verso il lago, facendo lungo il tragitto di circa tre chilometri nuovi esercizi respiratori, simulando una camminata in alta montagna, quindi in carenza d’ossigeno. Arrivati al lago, in una giornata dal cielo grigio, con un venticello tagliente e l'acqua che dal colore mostrava già la temperatura gelida (circa 10 gradi), a gruppetti di tre, ci siamo cimentati con la prova di resistenza al freddo".
"I primi attimi di contatto tra pelle e acqua risultano devastanti - racconta Massimo - per non parlare del momento in cui si immergono le spalle. Si avverte una sensazione di gelo incredibile e per chi non ha mai fatto nulla di simile l'impatto risulta un vero e proprio choc. L’atto più difficile è quello di ritrovare la concentrazione e respirare nella modalità corretta, seguendo le indicazioni dell'istruttore che è anche un grande motivatore e così il respiro e i battiti cardiaci, piano, piano, rallentano. È incredibile come dopo pochi secondi in cui il solo pensiero è quello di uscire di corsa dall'acqua il corpo reagisca, il cuore si plachi e il freddo non sia più così insopportabile. L'acqua intorno al corpo si ferma e se ne avverte chiaramente il contatto, che però non è più così fastidioso, anzi. Questo è il momento più gratificante dove la sensazione che si prova è di un assoluto controllo del corpo e della mente".
Perché questo, dice sempre Ruzzenenti, è il metodo Whm: "Un metodo che porta diversi benefici psico-fisici, che insegna la capacità di reagire. È una scuola di autostima, ma anche una pratica che fa bene alla circolazione sanguigna, che aiuta il recupero dalla fatica dello sport riducendo la produzione di acido lattico, che fa consumare qualche caloria in più, fa alzare le difese immunitarie e rende addirittura più liscia la pelle e più lucidi i capelli".
Dopo l'immersione il riscaldamento a terra con alcuni esercizi e una tazza di té caldo. "Eravamo contenti, nessuno si è ammalato e il riscontro è stato unanimemente positivo - ricorda l'organizzatore - Ce l'abbiamo fatta tutti. E dire che nel gruppo c'erano sportivi e non. È un'attività alla portata di tutti".
Sull'onda dell'entusiasmo è nata la proposta per il futuro: "Vorremmo ripetere l'esperienza in uno scenario più suggestivo, al lago di Erdemolo. I dettagli sono in via di definizione, ma stiamo pensando a metà giugno, quando sull'acqua c'è ancora una lingua di neve e sulla superficie galleggiano ancora chiazze di ghiaccio". Per informazioni si può contattare l'organizzatore all'indirizzo massimo@ruzzenenti.com.