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Obesità e malattie: il segreto è nell’intestino. Ecco la scoperta di Unitn e dell'Istituto europeo di oncologia: "Utile in futuro per terapie di medicina e nutrizione"

Il gruppo di ricerca ha individuato un nuovo microorganismo che aiuta a spiegare il rapporto tra alimentazione e salute. La ricercatrice Elisa Piperni: "Era considerato un parassita indesiderato e invece noi mostriamo che è un indicatore di salute che contribuisce a spiegare perché ognuno di noi ha una risposta individuale alla dieta"

Di F.Os. - 08 luglio 2024 - 18:06

TRENTO. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Trento e dell’Istituto europeo di Oncologia ha scoperto che un microrganismo presente nel nostro microbiota intestinale, chiamato Blastocystis, gioca un ruolo chiave nel rapporto dieta-salute, contribuendo così a spiegare perché ognuno di noi risponde diversamente allo stesso regime alimentare e ha di conseguenza una diversa predisposizione a sviluppare malattie intestinali e cardiometaboliche.

 

La ricerca è stata coordinata da Nicola Segata - professore ordinario del Cibio e principal investigator del laboratorio di metagenomica computazionale di Ieo - e dal ricercatore Francesco Asnicar, e vanta la collaborazione di altri team italiani dell'Università di Napoli e dell'Università di Sassari, nonchè di diversi gruppi internazionali tra cui quelli del King’s College di Londra e Harvard di Boston.

 

Nel dettaglio, nel corso dello studio, sono stati raccolti e analizzati quasi 57 mila campioni di microbiota intestinale di persone provenienti da 32 nazioni, per studiare come la presenza di Blastocystis è associata a dieta e salute.

 

Il microorganismo era già noto al gruppo di Segata, che in un lavoro precedente su circa mille soggetti aveva notato che individui in cui era rilevata la sua presenza mostravano risposte glicemiche più favorevoli, cioè un minor rialzo dell’indice glicemico a fronte di assunzione di zuccheri.

 

Il nuovo studio però è andato oltre, mostrando che la prevalenza di Blastocystis è legata alla geografia, allo stile di vita e alle abitudini alimentari, e che la sua presenza corrisponde a minore indice di massa corporea e minore probabilità di malattie cardiometaboliche.

 

"Con questo lavoro abbiamo mostrato che Blastocystis è più prevalente e abbondante in persone normopeso rispetto a persone obese, in soggetti sani rispetto a soggetti con malattie intestinali o sistemiche, in chi consuma più frequentemente cibi ricchi di fibre e poco processati e in soggetti con parametri del sangue indicativi di salute cardiometabolica rispetto a valori associati a stati di infiammazione, alta colesterolemia e glicemia, o ipertensione" dichiara la ricercatrice del gruppo di Segata in Ieo e prima firma del lavoro Elisa Piperni.

 

La ricercatrice pone poi l'accento sul fatto che il microbiota svolge un ruolo fondamentale per la nostra salute, specificando inoltre: "Oggi sappiamo che la sua composizione è legata alla dieta, anche se i microrganismi e meccanismi responsabili di questo legame sono solo parzialmente conosciuti. In particolare il ruolo della componente non-batterica del microbiota, e più specificamente di eucarioti unicellulari di cui Blastocystis fa parte, è stato trascurato in passato. Blastocystis si considerava un parassita indesiderato e invece noi mostriamo che è un indicatore di salute che contribuisce a spiegare perché ognuno di noi ha una risposta individuale alla dieta".

 

Lo studio, finanziato dalla start-up inglese Zoe e da diversi programmi della Comunità europea, ha particolare rilevanza dal momento che apre un nuovo e promettente filone di ricerca sugli eucarioti presenti nel microbiota umano che, come spiegano i coordinatori Segata e Asnicar, "abbiamo solo iniziato a scalfire in superficie investigando il ruolo di Blastocystis"

 

"Ora dobbiamo scoprire come questo microrganismo svolga una funzione positiva con la nostra ricerca che si è avvalsa della metagenomica, strumento biotecnologico che permette di studiare tutto il Dna di una comunità microbica, e di metodi computazionali e di intelligenza artificiale che consentono di individuare associazioni tra caratteristiche del microbiota e caratteristiche degli individui" spiegano i due studiosi, che specificano: "Tuttavia saranno necessari esperimenti specifici in vitro per capire come Blastocystis agisce sul nostro corpo, ma l’indicazione importante che emerge è che se vogliamo davvero attingere all’enorme tesoro di informazioni del microbiota e soprattutto capirne l’impatto sulla nostra salute, le analisi future dovranno concentrarsi non solo sui batteri, ma anche su eucarioti, funghi, e virus. Una maggior comprensione di tutti i componenti del microbiota ci permetterà in futuro di sfruttarli per sviluppare terapie di medicina e nutrizione di precisione".

 

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