Dna e radiazioni, lo studio dell'Università di Trento sul processo di rottura che apre nuove prospettive nella cura dei tumori
Ricercatori del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento hanno svelato il nesso fra l’impatto della radiazione sul Dna e il tempo in cui la molecola danneggiata si spezza in modo irreversibile. Il lavoro apre nuove prospettive per applicazioni in ambito medico, biologico e radioterapico nella cura dei tumori. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Biophysical Journal
TRENTO. Un primo passo verso possibili sviluppi in ambito medico, nella pratica terapeutica, preventiva e radioterapica nella cura dei tumori: alcuni ricercatori del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento, hanno svelato il nesso fra l’impatto della radiazione sul Dna e il tempo in cui la molecola danneggiata si spezza in modo irreversibile. “Più aumenta la distanza tra le zone danneggiate del Dna, più a lungo la struttura resta unita - chiariscono gli studiosi -. Di conseguenza aumenta il tempo a disposizione della cellula per ripararla”.
A occhio nudo non si riescono a vedere, ma più spesso di quanto si possa immaginare siamo esposti a radiazioni ionizzanti: quando prendiamo il sole (che emette raggi UV) oppure quando ci sottoponiamo a esami diagnostici con i raggi X (per una radiografia). O ancora se ci troviamo a bordo di un aeroplano di linea intercontinentale, che raggiunge i 10mila metri di quota. Questo tipo di radiazioni è potenzialmente pericoloso per il Dna perché lo può danneggiare, romperne la struttura o modificarla, fino a provocare un tumore.
A capire cosa accade quando il Dna viene colpito da radiazioni è stato il gruppo di studiosi formato da Manuel Micheloni, Lorenzo Petrolli, Gianluca Lattanzi, e guidato dal docente Raffaello Potestio del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento. Questo, apre la prospettiva, a lungo termine, di lavorare su nuove e sempre più precise tecniche di intervento con la radioterapia. I ricercatori sono riusciti a calcolare il tempo medio tra l’irraggiamento e la rottura del filamento e il professor Potestio spiega come “il duplice e complementare scopo di questi studi, è da un lato comprendere i meccanismi che portano ai danni cellulari per prevenirli o limitarli, e dall’altro trovare il modo migliore per creare il maggior danno possibile”.
“Il contesto della radioterapia – continua il docente – porta con sé tutta una serie di questioni più profonde che riguardano, ad esempio, la precisa localizzazione della radiazione depositata nei tessuti tumorali, in modo da evitare che i raggi colpiscano cellule sane che a loro volta potrebbero ‘impazzire’. Meglio capiremo ciò che succede a seguito dell’irraggiamento e della rottura del Dna, tanti più modi avremo per poter sviluppare altre tecniche di intervento e moderare gli effetti collaterali” ribadisce Lorenzo Potestio.
I ricercatori sono partiti dalla creazione di una sorta di ‘videogame’ al computer, creando una sequenza di Dna a doppio filamento. Dopo che questa è stata colpita dalla radiazione, ne hanno osservato il comportamento. “Uno degli effetti più pericolosi – spiegano gli studiosi - è la rottura del Dna conosciuta come double-strand break (DSB) ovvero l’interruzione della continuità strutturale e chimica dello scheletro del Dna nei due filamenti complementari”. Questo tipo di lesioni può scatenare conseguenze dannose a livello cellulare e, gli studiosi, hanno capito che la rottura non avviene subito e il tempo che impiega la catena a separarsi cresce in modo esponenziale con la distanza tra i tagli nel Dna. “Questa informazione è cruciale – sottolinea il docente – perché verosimilmente, impatta sull’efficacia dei processi di riparo del Dna”.
La cellula possiede un complesso sistema enzimatico di controllo e “manutenzione” del Dna, che si innesca quando riceve segnali di lesione. Questo meccanismo, tuttavia, non scatta immediatamente dopo il danno, e un ritardo in questa operazione può ripercuotersi sul normale funzionamento della cellula stessa. La modifica della sequenza può non essere impattante se avviene tramite una o più mutazioni sinonime, che danno luogo alla sintesi della stessa proteina. Se però si verificano modifiche sostanziali nella sequenza di Dna o errori nella procedura di riparo, nella migliore delle ipotesi la cellula si suicida (tecnicamente “va in apoptosi”), perché si rende conto che la sequenza è errata o danneggiata in maniera irreparabile. Nella peggiore delle ipotesi, invece, la cellula ricostituisce l’integrità della catena di Dna ma accumulando mutazioni o alterazioni della sequenza nucleotidica che potrebbero dare luogo a un comportamento disfunzionale, che produce modifiche genetiche, mutazioni cromosomiche o l’insorgenza di tumore.