Università, Deflorian sprona il sistema trentino: "Il territorio considera ancora l'Ateneo un elemento strategico?"
A poche settimane dalle celebrazioni per i sessant'anni della prima lezione a Sociologia, all'Università di Trento si è tenuta oggi una nuova cerimonia per l'inaugurazione dell'anno accademico 2022/2023. Nel suo intervento il rettore Flavio Deflorian ha ricordato la necessità di ripensare il ruolo dell'Ateneo in un contesto di crisi globale, invitando a una riflessione sulle potenzialità della delega provinciale e annunciando una revisione dello Statuto
TRENTO. Dal ruolo dell'Università nell'attuale contesto di crisi globale alle potenzialità della delega provinciale fino alle sfide della digitalizzazione 'forzata' innescata dalla pandemia: sono stati molti i temi affrontati questa mattina (martedì 22 novembre) all'interno dell'auditorium di Palazzo Prodi, a Trento, dove si è svolta la cerimonia d'inaugurazione dell'anno accademico 2022/2023 dell'Università di Trento, il 61esimo dalla sua fondazione. Un'occasione (a sole poche settimane dalle celebrazioni per i sessant'anni della prima lezione a Sociologia) nella quale il rettore Flavio Deflorian ha invitato come detto a una riflessione sulle potenzialità della delega provinciale in materia di Università, annunciando al contempo una revisione dello Statuto dell'Ateneo.
“L'anno che si chiude – ha detto Deflorian – è stato particolarmente importante, il 60esimo dalla fondazione della nostra Università. Oggi il contesto è profondamente mutato rispetto ad allora e penso a cosa significhi, in termini concreti, guardare al futuro con capacità di visione. E chiedo a voi: il territorio considera ancora l'Università un elemento strategico? Come può il nostro Ateneo contribuire alla crescita del Trentino e della comunità? Questi interrogativi stanno sullo sfondo di un momento non semplice per il nostro Paese. Le conseguenze di crisi economiche, sociali, pandemiche e belliche, insieme a cambiamenti climatici, aumento dei prezzi dell'energia e pressione migratoria hanno messo e stanno mettendo a dura prova l'Italia”.
Come anticipato, il rettore ha poi fatto un riferimento specifico alla delega provinciale in materia di Università, sancita dall'Accordo di Milano del 2009 e alla necessità di aggiornare lo statuto dell'Ateneo: “Nella cornice della legge delega, e dopo la riforma nazionale dell'Università, è stato approvato nella primavera 2012 il nuovo Statuto dell'Università di Trento. L'atto individuava le caratteristiche salienti del ruolo istituzionale, assolutamente rilevante e unico nel panorama italiano, assunto dalla Provincia autonoma in materia di Università. Ora mi chiedo, e chiedo a voi, in modo non polemico ma del tutto dialogico, quale significato abbia questa speciale autonomia dell'Università di Trento nel 2022. La delega viene esercitata al massimo delle sue potenzialità considerando il ruolo strategico dell'Ateneo per il suo territorio o è rimasta un grazioso orpello sulla carta, utile a rafforzare l'idea di regionalismo e autonomia speciale? Lo Statuto della nostra Università è ancora efficace e attuale? Possiede aspetti da migliorare? È rappresentativo di tutte le componenti della comunità universitaria? Penso sia lecito chiederselo, a distanza di dieci anni dalla sua applicazione”.
Decennio nel quale, ha detto ancora Deflorian: “E' cambiato anche il quadro normativo nazionale di riferimento: circostanza che impone, quantomeno, un aggiornamento di alcuni aspetti del documento. È per questa ragione che abbiamo avviato un processo di revisione dello Statuto del 2012 teso a migliorarne alcuni aspetti e permettere di affrontare le sfide che l’Ateneo si troverà a fronteggiare. Questo processo avverrà attraverso un esteso confronto con la comunità accademica e con la Provincia”.
Nel suo ultimo intervento in carica invece, il presidente del Consiglio degli studenti Edoardo Giudici ha voluto ricordare la difficile situazione lavorativa che attende chi si laurea in Italia: “Meno del 30% degli under 30 lavora. Di questi, quasi il 40% ha un titolo di studio superiore rispetto a quello richiesto. E lavorare spesso significa accettare stage non retribuiti, o pagati con un rimborso spese. Ecco perché ogni anno espatriano 31mila laureati e laureate”. Ha parlato invece di 'gioco di squadra' il direttore generale, Alex Pellacani: “Fare sistema in un territorio come il nostro è indispensabile, soprattutto per dare risposte univoche e concrete alle nuove sfide, dalle residenze universitarie alla Scuola di Medicina. Il primo sforzo deve però essere interno all'Università. Il nuovo piano strategico di Ateneo prospetta un processo di rinnovamento organizzativo che ci consentirà di stare al passo con i tempi, in particolare per quanto riguarda l'ammodernamento delle infrastrutture, l'upgrade dei sistemi informativi ed il reclutamento di risorse umane qualificate”.
Gli interventi istituzionali si sono poi conclusi con quello del presidente del Consiglio di amministrazione, Daniele Finocchiaro, che ha parlato di UniTn come di “una vera eccellenza”, la cui qualità “è confermata da indicatori di performance e riscontri oggettivi”. A questo si aggiunge poi “la grande considerazione che il territorio ha per il suo Ateneo. Mi preme ricordare che in Trentino, nell’ambito dell’innovazione, della ricerca e del trasferimento tecnologico, il vero asset strategico è la sinergia tra sistema di formazione, centri di ricerca, istituzioni locali e mondo delle imprese. Una sinergia di cui il territorio mi è parso assolutamente consapevole e orgoglioso”.
La prolusione è stata invece tenuta da Francesca Bria, esperta di innovazione, economia e geopolitica del digitale, gestione dei dati e sistemi di intelligenza artificiale, presidente del Fondo nazionale innovazione-Cdp Venture capital Sgr e senior adviser in materia di tecnologia, innovazione e policy digitale per la Commissione europea. “L'economia e la società hanno necessità di essere ridisegnate – ha detto – perché ci troviamo in una situazione di crisi della salute pubblica, economica, climatica e ambientale, crisi dei prezzi dell'energia, shock delle supply chains, inflazione e bassa occupazione con disordini sociali. La pandemia ha innescato una sorta di digitalizzazione "forzata" di molti aspetti della nostra vita quotidiana. Intelligenza artificiale, algoritmi, robotizzazione e automazione presentano nuove forme di potere e consumeranno enormi risorse. La digitalizzazione aggraverà i problemi o ci aiuterà a gettare le basi per un rinnovamento delle nostre società? Di certo non basta accelerare la digitalizzazione: dobbiamo darle anche una direzione e portarla verso la sostenibilità sociale e ambientale. Dobbiamo dare un'importanza centrale alle questioni relative alle libertà civili, alla privacy individuale e al funzionamento delle nostre democrazie”. E sulle nuove smart cities: “Le città sono fondamentali per promuovere un modello di sovranità digitale europea, che garantisca la nostra autonomia strategica e competitività, la piena partecipazione democratica dei cittadini e dei lavoratori, che protegga l'ambiente, i nostri dati e i diritti fondamentali delle persone”.