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Come sarà la bistecca del futuro? Una start-up trentina al lavoro per crearla in laboratorio. "Consentirebbe di abbattere i gas serra"

Due professori associati dell'Università di Trento hanno lanciato una start-up per creare in laboratorio della carne artificiale, una soluzione innovativa ma non priva di aspetti controversi. Con l'appoggio di Hit, Bruno Cell lancia così un dottorato di ricerca per un posto a fianco dei due. "Far crescere la carne in un ambiente controllato significa produrla abbattendo l’uso di antibiotici e farmaci, portando potenzialmente a significativi miglioramenti per l'impatto sull'ambiente"

Pubblicato il - 03 agosto 2020 - 12:07

TRENTO. Come sarà la bistecca del futuro? Si può immaginare della carne coltivata in vitro e non frutto dell'uccisione di un animale? Una start-up dell'Università di Trento, accompagnata da HIT, Hub Innovation Trentino, sta cercando di rispondere a questa domanda, riproducendo in laboratorio della carne creata a partire da cellule muscolari di animali vivi.

 

Bruno Cell (il cui nome rende omaggio al noto filosofo vegetariano Giordano Bruno) è una start-up nata dal lavoro di due professori associati dell'Università di Trento, Stefano Biressi e Luciano Conti, e da subito finanziata da un imprenditore romano del settore. Nata nel 2019, rappresenta una delle poche realtà mondiali impegnate nel trovare una soluzione annosa quanto controversa: è possibile immaginare un futuro in cui ridurre gli allevamenti intensivi, che tanto impattano sull'ambiente? Ma soprattutto, è eticamente percorribile la via di creare della carne artificiale in laboratorio?

 

La start-up, accompagnata da Hit e dall'Università di Trento, ci crede e ha deciso di investire 100mila euro nel finanziamento di un dottorato in innovazione industriale per sostenere la collaborazione con una figura altamente specializzata che svolga una ricerca d'avanguardia nei laboratori del Dipartimento di biologia cellulare, computazionale e integrata Cibio, affiancando i due professori. Ma non c'è solo questo: Bruno Cell, infatti, sta avviando al tempo stesso un rapporto di collaborazione con Trentino Sviluppo e la Provincia di Trento per ottenere un supporto e un investimento in ricerca, vagliando altresì la possibilità di insediarsi proprio nell'agenzia provinciale.

 

Il tema della carne in vitro, come detto, è scabroso, mettendo in discussione le nostre abitudini culturali. Se da una parte infatti c'è chi vede in questa nuova produzione un sostituto feticcio da demonizzare, una sorta di minaccia all'impulso primitivo (culturalmente determinato) dell'uomo di cibarsene, dall'altra c'è chi evidenzia i rilevanti vantaggi che l'implementazione di questa produzione alternativa può avere: niente più uccisione di animali, niente più allevamenti intensivi, aumento delle norme di sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti, maggiore sostenibilità ambientale e minore allocazione di risorse agricole.

 

Sul tema, Bruno Cell non è l'unica realtà nel mondo. Secondo i rapporti del Good Food Institute, infatti, sarebbero 55 le realtà imprenditoriali nel mondo che si occupano di ricerca su questa questione, dagli Usa a Israele, passando per l'Olanda, con oltre 163 milioni di dollari investiti. Il “clean meat”, dunque, rappresenta una sfida diffusa, in cui la start-up trentina si è inserita sviluppando la linea cellulare e puntando a dar vita ad una tecnologia di ingegneria genetica che consenta alle cellule staminali di estendere il proprio potenziale differenziandosi senza sostanze chimiche, allo scopo di produrre appunto carne coltivata in laboratorio.

 

Il lavoro di questa start-up consiste in particolare nel far differenziare le cellule staminali non solo nei muscoli ma anche nelle cellule adipose, ottenendo un mix che può essere paragonato alla carne naturalmente grassa. Non si tratta dunque di dar vita a “degli hamburger vegani” ma a un tipo di carne che cresce attraverso processi laboratoriali impiega i mezzi produttivi della carne.

 

In questa fase embrionale della ricerca, pertanto, la questione non è tanto quella di produrre carne coltivata in forma di bistecche per la grande distribuzione, ma trovare un sistema per produrre carne coltivata impiegando fattori di crescita non troppo costosi e individuando le molecole utili per implementare il metabolismo delle cellule muscolari ideali, accelerandone la crescita. Per attendere di vedere questa carne sugli scaffali del supermercato c'è da attendere molto, quindi.

 

“La carne coltivata al momento non è commercializzata, siamo ancora a un primo stadio di sviluppo della ricerca – racconta Stefano Biressi, professore associato al Dipartimento CIBIO dell’Università di Trentol'ostacolo principale è l'alto costo degli ingredienti necessari alla proliferazione cellulare. Il nostro obiettivo è selezionare la linea cellulare ideale, che riduca al minimo il fabbisogno di tali ingredienti potendo raggiungere un costo che ne permetta la produzione su larga scala”.

 

Far crescere la carne in un ambiente controllato – gli fa eco il collega Luciano Contisignifica produrla abbattendo l’uso di antibiotici e farmaci, portando potenzialmente dunque a significativi miglioramenti riguardo al tema sempre più urgente dell’impatto dell’alimentazione sulla salute. Si pensi inoltre a come tutto ciò consentirebbe una drastica riduzione dell’emissione di gas serra generati dagli allevamenti intensivi e dunque al contrasto al cambiamento climatico”.

 

Questa alternativa ecologica, d'altronde, ha già attirato l'interesse di alcuni colossi. Microsoft e Google, in particolare, hanno deciso di investire nel settore. Nei prossimi anni, se ne vedranno dunque gli effetti.

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