"La scuola non è un Tribunale dell'Inquisizione". "Provvedimenti per la ricerca del consenso". Malfer e Parolari durissimi con la vice presidente Gerosa
I consiglieri d'opposizione Michele Malfer (Campobase) e Francesca Parolari (Pd) attaccano la vice presidente e assessora provinciale dopo il protocollo siglato con la Procura generale di Trento e l'approvazione delle "Linee guida sulle modalità di segnalazione e denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria e minorile da parte degli operatori scolastici"
TRENTO. Tutti contro la vice presidente della Giunta Provinciale Francesca Gerosa e le sue "Linee guida sulle modalità di segnalazione e denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria e minorile da parte degli operatori scolastici".
Dopo la netta bocciatura al protocollo d'intesa, siglato dalla "numero 2" di Piazza Dante con la Procura generale di Trento, arrivata sia dal Consiglio direttivo della Camera Penale di Trento che dall'Ordine degli Psicologi (QUI ARTICOLO), ad alzare la voce è l'opposizione.
I consiglieri Michele Malfer e Francesca Parolari usano infatti toni durissimi nei confronti della vice presidente provinciale, definita ironicamente un' "illuminata pedagogista" e parlando di "Tribunale dell'Inquisizione", di "approccio calato dall'alto" e di provvedimenti mirati alla "ricerca del consenso".
"La scuola non può diventare un Tribunale dell'Inquisizione - afferma il consigliere provinciale di Campobase, Michele Malfer -. E' questo il rischio paventato dagli avvocato della Camera Penale di Trento e dagli psicologi dell'Ordine trentino e lo ribadisco anch'io: l'intesa siglata dalla vicepresidente della Provincia di Trento, Francesca Gerosa, con la Procura generale, rischia di rovesciare sull’istituzione scolastica un modello esclusivamente sanzionatorio. Il risultato sarebbe una corsa alle denunce, alimentata dalla paura di incorrere in omissioni e dall’assenza di quei percorsi di prevenzione, mediazione e supporto indispensabili per sostenere gli studenti in difficoltà. Una delle critiche principali riguarda il metodo con cui il protocollo è stato definito. Senza il coinvolgimento del Garante per i Minori, degli psicologi, dei neuropsichiatri e delle rappresentanze dell’avvocatura, si è scelto un approccio calato dall’alto, che trascura la natura educativa della scuola".
L'approccio al problema viene considerato completamente errato da Malfer, docente di scuola secondaria e conosce perfettamente il mondo della scuola, secondo cui il rischio è quello di peggiorare tutti i problemi, "trasformando i ragazzi in imputati invece che in soggetti da ascoltare e aiutare".
"Lo spazio scolastico, infatti, dovrebbe favorire la crescita personale - prosegue Malfer - e l’integrazione, intervenendo solo in ultima istanza con la segnalazione formale all’autorità giudiziaria. Pur riconoscendo che l’intento del protocollo potrebbe, forse, essere anche astrattamente lodevole, è evidente che l’approccio adottato è profondamente errato. Una denuncia prematura può esacerbare problemi già complessi, trasformando i ragazzi in imputati invece che in soggetti da ascoltare e aiutare. La letteratura pedagogica indica chiaramente che la collaborazione tra famiglie, docenti, operatori sociali e psicologi rappresenta la strategia migliore per affrontare il disagio minorile. Prima di rivolgersi ai magistrati, servono interventi integrati: mediazioni tra pari, incontri formativi, sostegno psicologico e colloqui con le famiglie. Anche in caso di bullismo o cyberbullismo, prima di varcare le soglie della Procura bisognerebbe privilegiare percorsi di giustizia riparativa e di responsabilizzazione individuale".
Infine la richiesta di un tavolo di confronto inclusivo nell'ottica di un dialogo tra le istituzioni e le professionalità che operano nel mondo della scuola, che deve restare un luogo di crescita "in cui gli studenti si sentano protetti e seguiti, non giudicati e temuti".
"Per arrivare a un modello equilibrato - conclude - occorre un tavolo di confronto inclusivo. La Provincia di Trento dovrebbe sospendere il protocollo e avviare una co-progettazione con tutte le parti coinvolte: insegnanti, dirigenti, psicologi, assistenti sociali, avvocati e il Tribunale per i Minori e il Garante dei Minori. Si potrebbe così elaborare una formazione specifica per il personale scolastico, imparando a distinguere comportamenti occasionali da veri segnali di malessere. La segnalazione alla Procura va prevista solo se nessun altro strumento educativo o clinico risulta efficace. Se davvero l’obiettivo è tutelare i ragazzi, dobbiamo rendere la scuola un luogo di dialogo, non di repressione. Agire in fretta, dall’alto, e senza un progetto condiviso produce insicurezza tra gli operatori scolastici e distorce la loro missione. La via da seguire è chiara: far dialogare le istituzioni e le professionalità, formare il personale sul piano giuridico e psico-pedagogico, coinvolgere le famiglie in un rapporto di fiducia e riservare la denuncia all’autorità giudiziaria alle circostanze più gravi. Solo così la scuola potrà rimanere davvero un luogo di crescita, in cui gli studenti si sentano protetti e seguiti, non giudicati o temuti”.
Toni ancora più duri sono quelli utilizzati dalla consigliera provinciale del Partito Democratico Francesca Parolari, che parla di "ennesima azione di prevaricazione da parte dell'Assessora Gerosa" e, apertamente (e ironicamente) di "illuminata pedagogista che si è trovata di tutto punto a coordinare un gruppo di incapaci e incompetenti".
"La recente sottoscrizione delle nuove linee guida sulle modalità di segnalazione/denuncia all'Autorità Giudiziaria Ordinaria e Minorile fra Assessorato all’Istruzione e Procure - tuona la consigliera Pd - rappresenta l’ennesima azione prevaricatrice dell’Assessora Gerosa che gestisce l’Istruzione come se, da illuminata pedagogista, si fosse trovata di tutto punto a coordinare un gruppo di incapaci e di incompetenti. Dalle dritte sui compiti a casa alle indicazioni su come gestire il tempo libero dei minori, dagli interventi sull’uso della tecnologia all’appoggio alle azioni “educative” dei cani antidroga e, da ultimo, il protocollo sulle modalità di denuncia all’autorità giudiziaria e minorile".
Francesca Parolari chiede poi la sospensione dell'applicazione del protocollo e invita la vice presidente e assessora - in futuro - a confrontarsi con chi di educazione se ne intende, senza andare alla ricerca di misure atte solamente ad ottenere consenso.
"Il tutto, sempre, senza audire, coinvolgere e dare vita ad alcun confronto - conclude Parolari - con chi di educazione se ne intende e nella scuola ci vive, senza comprendere che non si possono affrontare le questioni delicate dell’educazione avendo di mira solamente la ricerca del consenso. Non è strizzando l’occhio prima agli uni e poi agli altri che si governa la scuola e soprattutto non si risponde in modo semplificato, unilaterale e securitario a questioni complesse, quali quelle che riguardano le fragilità di giovani e famiglie. Nella scuola gli arnesi che si devono usare sono in primo luogo quelli dell’educazione, non la segnalazione all’autorità giudiziaria (anche se purtroppo a volte occorre arrivare anche a questa), ma prima di occuparsi della correttezza formale della denuncia occorrerebbe chiedersi cosa può fare il mondo scolastico per evitare che un giovane o un familiare incorrano nella denuncia perché l’educazione è innanzitutto prevenzione, non punizione. Ci associamo, quindi, alla richiesta degli ordini degli psicologi, degli avvocati e della camera penale di sospendere l’applicazione del protocollo sottoscritto e invitiamo caldamente l’Assessora Gerosa a procedere in modo maggiormente collegiale, investendo in questa materia sulle leve dell’educazione, non su quelle della repressione".