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La protesta dei trattori ha vinto, l'Ue fa retromarcia. Ma è davvero un successo? Avanti con i pesticidi e niente cambio di passo su inquinamento e nuove tecnologie

In tanti in queste settimane hanno sostenuto la protesta di agricoltori e allevatori che in Europa ha visto sfilare trattori un po' ovunque. Quello che è uno dei comparti più foraggiati di sempre dalla stessa Unione europea si oppone a dei cambiamenti necessari per continuare ad avere un futuro anche produttivo

Di Luca Pianesi - 06 febbraio 2024 - 18:43

TRENTO. “Quando il pragmatismo prevale sull’ideologia è sempre una buona notizia''. ''Ora occorre andare avanti su questa strada''. C'è grande soddisfazione in casa Confagricoltura per quanto successo in queste ore in Europa ed è il presidente Massimiliano Giansanti a dirlo esplicitamente: ''E’ stata accolta una richiesta avanzata da tempo dalla nostra Organizzazione per salvaguardare il potenziale produttivo del nostro settore. Prendiamo atto positivamente che la Commissione europea ha scelto di dare ascolto alle proteste in atto in numerosi Stati membri''.

 

E da più parti, sui social, sono state tante le persone che hanno plaudito alla protesta dei ''trattori'' visti come dei moderni Robin Hood capaci di ''rompere le balle al sistema'', opporsi, mettersi (finalmente) di traverso. Bene, bravi, bis. Ma chi oggi festeggia per questa presa di posizione, apparentemente genuina, indubbiamente molto scenica e impattante (tanto da produrre immagini false spacciate per vere come quella della Torre Eiffel circondata da balle di fieno e trattori) sa per cosa si sta spellando le mani? A cosa sta dando il proprio sostegno? Di fatto sta giocando contro sé stesso. La protesta, infatti, era tutta orientata a rallentare le politiche tese a ridurre l'inquinamento e a promuovere un cambio di passo nel settore agricolo. 

 

Di fatto, come spiega Rainews, ''l'Europa stava chiedendo agli agricoltori di eliminare i pesticidi dannosi (che dovrebbero essere dimezzati entro il 2030), di aumentare la rotazione delle colture, di introdurre nuove tecnologie, di ridurre le emissioni e gli sprechi alimentari''. Insomma fare quello che tutti gli altri cittadini e lavoratori stanno facendo nei loro rispettivi settori per ridurre l'impatto sul clima, per frenare i cambiamenti climatici e assicurare alle future generazioni una presenza su questo Pianeta. D'altronde se si pensa che solo in Italia sono in uso oltre 2milioni di trattori con un'età compresa tra i 25 e i 40 anni (moltissimi, tra l'altro, anche senza i necessari accorgimenti di sicurezza come la roll-bar, diventata obbligo di fabbrica solo dal 1998, o le cinture, diventate obbligatorie soltanto dal 2005) si capisce quanto il settore necessiti di cambiamenti (è come se gli altri cittadini continuassero a girare con delle Fiat Uno o delle vecchie Tipo o la DeLorean di Ritorno al Futuro). 

 

Gli agricoltori, che sono uno dei comparti più foraggiati dall'Europa (si consiglia questo articolo dell'Huffington Post che spiega come il ''33% del bilancio dell’Unione è dedicato a un settore che contribuisce all’economia europea solo per il 3%. Si tratta di 386 miliardi nei prossimi cinque anni. Metà dei finanziamenti sono cambiali in bianco da 200 euro ad ettaro'') e dai singoli Stati della Ue, protestano. Al passo con la società dicono di non poterci stare se non con ulteriori sussidi e allora ecco l'ennesima richiesta di contributi (in Germania si chiede di calmierare i costi dei carburanti, per esempio sul diesel agricolo la cui tassa è stata aumentata anche per spingerli a rinnovare il parco mezzi). E poi c'è la battaglia contro la carne coltivata che dovrebbe spaventare essenzialmente i grandi produttori, quelli degli allevamenti intensivi mentre dovrebbe far molta meno paura alla filiera corta. Ma tant'è i cambiamenti fanno sempre paura specie a un comparto che è tra i più conservatori in assoluto (si pensi ai problemi causati dalla presenza di pochi, sparuti grandi carnivori in certi territori e alle resistenze ad adeguarsi alle nuove esigenze di difesa dei capi).

 

Quel che, però, senza dubbio questo comparto sa fare è lobby soprattutto con le grandi multinazionali e il sostegno indiretto dei piccoli coltivatori e allevatori. E quindi l'Europa in queste ore ha fatto un passo indietro. La presidente von der Leyen proporrà al Collegio dei commissari il ritiro formale della proposta di regolamento per ridurre della metà, entro il 2030, l’utilizzo dei fitofarmaci. Una brutta notizia per tutti, una buona notizia, forse, per i grandi produttori agricoli che potranno ritardare ancora i processi di innovazione per le loro produzioni. 

 

“In Italia – sottolinea il presidente di Confagricoltura Giansanti – il taglio avrebbe potuto superare addirittura il 60 per cento. La nostra linea è chiara. Il ricorso alle medicine delle piante nei processi produttivi va ridotto, come già si sta verificando, ma ogni divieto deve prevedere un’alternativa valida sotto il profilo tecnico ed economico”. “Il ritiro della proposta di regolamento sui fitofarmaci dimostra che la soluzione dei problemi che stanno affrontando gli agricoltori vanno risolti in larga misura a Bruxelles. Per questo abbiamo deciso di tenere nella capitale belga un’assemblea straordinaria il 26 febbraio”.

 

“Ora – conclude il presidente della Confagricoltura – va sospesa l’entrata in vigore delle nuove misure in materia di emissioni industriali estesa agli allevamenti e sul ripristino della natura. I testi potranno essere rivisti alla luce dei risultati del dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura promosso dalla Commissione Ue. E’ una questione di coerenza”. Sul tema è intervenuto anche il presidente di Confagricoltura del Trentino: ''Anche per l’agricoltura trentina è un’ottima notizia in quanto le patologie con cui gli agricoltori trentini si stanno confrontando sono sempre più difficili e numerose'', ammette Diego Coller di fatto riaffermando che i cambiamenti climatici stanno avendo un impatto fortissimo anche sul comparto agricolo ma senza rendersi conto che questi cambiamenti climatici sono determinati anche dal fatto che il comparto agricolo non si mette al passo e continua ad avere un impatto pesantissimo sul clima. 

 

''I frutticoltori e viticoltori trentini hanno sempre usato con i criteri della produzione integrata il minor numero di interventi possibili e principi attivi meno impattanti sull’ambiente - prosegue Coller -. La riduzione del 50% dell’uso dei fitofarmaci avrebbe significato l’insostenibilità economica delle nostre produzioni. Ora è fondamentale accelerare sull’autorizzazione delle Tea (Tecnologie di Evoluzione Assistita) per il miglioramento genetico delle varietà vegetali, in particolare per la vite e melo”. E su questo non si può che essere d'accordo. Il tempo stringe anche per il mondo dell'agricoltura. 

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