Il ricercatore Tozzi: ''La funivia Trento-Bondone? Un investimento senza senso''. Ecco perché potrebbe avere ragione nonostante le tre ipotesi sul tavolo
Archiviati i fasti degli albori, l'offerta sci si è ampliata in Trentino e l'Alpe di Trento, nonostante gli investimenti, ha iniziato a boccheggiare. Risultato? Il Bondone si trova costretto comunque a vivere la ricerca di un eterno rilancio. Ora prende corpo l'all-in sul grande impianto di collegamento tra la città e la montagna
TRENTO. "E' un investimento senza senso". Commenta così Mario Tozzi, primo ricercatore del Cnr, divulgatore scientifico, scrittore e conduttore televisivo, a Il Dolomiti l'ipotesi di un grande impianto funiviario per collegare Trento e il Monte Bondone. E' forse la mossa, l'ultima carta o forse tra le poche possibilità rimaste nel mazzo, per rilanciare l'Alpe di Trento. Ma c'è effettivamente questa necessità? Dopo decenni, la linea sul Prg è stata tracciata e ci sono anche tre ipotesi progettuali in project financing che sembrano andare molto di moda: telecabina, impianto a tre funi oppure una soluzione mista con una funifor e una telecabina per arrivare a Vason. Si oscilla tra i 35 e i 60 milioni necessari per la realizzazione e costi di gestione compresi nella forbice tra 1 milione e mezzo e 2 milioni e mezzo (Qui articolo). Un argomento che sarà centrale nel Consiglio comunale di venerdì 4 marzo.
C'è però un dato ancora diverso rispetto al passato: un grido di "avanti tutta" con la funivia. Da superare il problema degli elettrodotti (da interrare). Una condivisione che raramente si è avuta sul tema. Perché Comune e Provincia, Trento Funivie e naturalmente gli operatori che ruotano sulla montagna, le circoscrizioni di Sardagna e pure Sopramonte (quest'ultima al secolo Bondone), le associazioni del territorio dalla Pro loco al Gallo Cedrone premono per il semaforo verde. Belle le slides ma non c'è un'immagine dell'arrivo: perché a Vason la stazione in quale punto della montagna atterrerebbe?
Archiviati i fasti degli albori (nel 1934 qui è stato installato il primo impianto di risalita del Trentino), l'offerta sci si è ampliata in Trentino e l'Alpe di Trento, nonostante gli investimenti, ha iniziato a boccheggiare.
Risultato? Il Bondone si trova costretto comunque a vivere la ricerca di un eterno rilancio, nonostante un'offerta effettivamente di livello per qualità e tipologia di posti letto, forse ci sono poche malghe e quasi a zero per attività di contesto e di intrattenimento diurno e notturno. Nel frattempo negli anni le "gite" di politici, operatori e addetti ai lavori a Innsbruck per vedere (con una certa invidia) l'impianto austriaco si sono sprecate. Roba da aver formato probabilmente dei provetti ingegneri e grandi esperti in materia. Si guarda anche a Malcesine ma, con tutto il tatto del caso, la Nordkette o il Garda sono un'altra cosa: "Tutto un altro sport", per usare lo slogan del basket.
C'è stato un "patto territoriale" per rianimare la montagna del capoluogo, caratterizzata da un forte sviluppo in verticale e, di contro, l'assenza di un "effetto paese": sono stati riversati decine e decine milioni per riqualificare o per costruire ex novo le strutture ricettive della località. Si parla di 20 anni fa. Ma, evidentemente, non è bastato perché la necessità di "rilancio" è rimasta nell'aria. All'epoca l'ipotesi grande impianto era sul tavolo, del resto è lì da quasi un secolo, ma la condivisione latitava. E forse si è perso un colpo: sistemare la montagna con meno hotel nuovi, garantire redditività perché il turista che vuole la neve avrebbe scelto il Bondone, gli altri avrebbero prenotato a Trento e avrebbe aumentato il volano sulla città. In compenso l'Alpe ha subìto una forte infrastrutturazione, una dinamica che potrebbe aver compromesso parte del potenziale di naturalità che oggi viene ancora di più ricercato e promosso.
Si prende in considerazione solo il versante "più cittadino", che tanto basta per le criticità, scartando quelli di Garniga Terme e Lagolo che non se la passano comunque benissimo. Beninteso, il grande impianto potrebbe essere una soluzione di effettivo rilancio e potrebbe essere pure economicamente sostenibile, senza prendere in considerazione l'alto valore sul profilo del marketing. Un destino però affidato a un'opera, già qui forse il concetto è sbagliato, un all-in per una stazione sciistica sostanzialmente sotto i 2 mila metri e che scende fino a mille e 1.300 metri (Qui articolo).
Si parte che oggi 170 mila passeggeri utilizzano la funivia di Sardagna che ha costi di manutenzione "fuori controllo" (si può ipotizzare almeno mezzo milione, senza considerare eventuali interventi straordinari) per un'opera che, ormai, ha inevitabilmente segnato il proprio tempo (dati Trentino Trasporti; preso a riferimento il 2019, prima di Covid che ha sparigliato le carte).
Fronte presenze turistiche il Bondone fa quel che può: il flusso è di 1 milione e 200 mila presenze in base ai vecchi confini dell'Azienda per il turismo che comprendeva la valle dei Laghi. L'Alpe pesa per il 20% quindi ci si attesta sui 300 mila pernottamenti, di cui 100 mila sono attribuibili al mercato estero. Si dovrebbe tenere anche in debita considerazione il cambiamento climatico e che i trend indicano che i turisti italiani sono meno propensi a sciare, si concedono un paio d'ore di serpentine e poi centri benessere degli hotel o un giro in qualche paese o città. Resiste la clientela straniera che in diversi periodi della stagione, complici anche la disposizione diversa delle vacanze, tiene in piedi le località e trascorre praticamente le giornate in pista.
Tutto si può migliorare ma puntare sulle ragioni di mobilità appare fuori luogo. Le criticità ci sono in particolare in alcuni week end d'inverno e d'estate; un traffico fortemente circoscritto. Fuori stagione o nei giorni infrasettimanali il discorso sembra molto diverso, tanto che il servizio skibus è previsto con partenza da Sopramonte. Inoltre le stazioni intermedie andrebbero a bypassare Candriai (e Sopramonte sull'altro lato).
E quanto può essere disposto a pagare il biglietto andata/ritorno un trentino ma anche un turista? E per fare cosa? Non può bastare la vista sulle Dolomiti di Brenta. La località di Vaneze potrebbe essere un set da film per l'apparenza da ghost town. Fuori stagione poi ti può attanagliare solo il senso di solitudine. E' praticamente una strada Norge. A Vason ci sono le piste da sci: 20 chilometri (più spesso 16 chilometri per le difficoltà di Rocce Rosse) d'inverno, cima Palon va bene in qualunque stagione, la palestra di roccia e qualche sentiero d'estate, il resto è dominato dagli alberghi. Non ci sono esercizi commerciali, se non quelli a servizio delle attività, e non sembrano esserci grandi spazi per aprire negozi.
Il fiore all'occhiello è Viote per ambiente naturale, Terrazza delle Stelle e Giardino botanico. Dimentichiamo la situazione delle caserme austroungariche. Nonostante la quota, la battitura piste è sempre un'incognita d'inverno (con il bacino che è stato stralciato) e non si illuminano i tracciati per qualche sera perché magari si disturba il Gallo cedrone, che invece sarebbe ben contento di un'ulteriore antropizzazione probabilmente. Il giro delle Tre Cime è un plus ma manca un rifugio e forse le tre vette non sono "attrezzate" per ospitare un afflusso troppo elevato. In generale i servizi non sono moltissimi. Soprattutto la funivia si ferma prima e quindi ci sarebbe da potenziare il sistema di collegamento, anche sulla stagione calda e, se si pensa che questo possa essere un modo di destagionalizzare (e così sempre visto che sarebbe aperto quasi tutto l'anno a seconda delle ipotesi si varia dai 240 ai 360 giorni ma con verifica di fattibilità), pure in primavera e in autunno con gli alberghi sul valico che allora devono restare aperti.
L'impianto sarebbe pronto tra i 5 e i 10 anni e ci sarebbe il tempo per preparare la montagna e non tutto deve essere fatto subito o prima, ma sembra mancare un'idea di sviluppo, una pianificazione. Per un investimento probabilmente superiore ai 30 milioni per la sola opera. Era anche scritto nel masterplan di sviluppo, quello voluto su spinta del consigliere Dario Maestranzi, e rimasto apparentemente nei cassetti.
"Per l’identità sciistica del Monte Bondone è inoltre necessario tenere in considerazione gli importanti cambiamenti climatici in atto e valutare quindi con attenzione la necessità di anticipare un cambio di prospettiva dell’offerta turistica". Insomma, forse il grande impianto merita un altro approfondimento, altri 100 anni potrebbero essere sufficienti per prendere una decisione finale.