La Giunta Fugatti cancella il monitoraggio sui fitofarmaci. E il Trentino è maglia nera (con Veneto) per il più alto tasso di principio attivo nel terreno
Un monitoraggio ambientale, anche attraverso prelievi su campioni di popolazione, che sarebbe dovuto durare 5 anni con un finanziamento complessivo di 888 mila euro a carico della Provincia. Zeni: "Sconcertante, atto di omertà. Non è uno studio statistico ma un lavoro scientifico sotto la guida dell'Istituto superiore di sanità condivisa con Apss". Dallapiccola: ''Passo indietro. Si doveva allargare a tutto il Trentino''
TRENTO. Un drastico passo indietro per il Trentino. Il monitoraggio sull'utilizzo dei fitofarmaci è stato sospeso dalla Giunta a trazione Lega. "Il tema della possibile correlazione tra utilizzo di fitosanitari e salute della popolazione esposta riveste particolare interesse in Provincia di Trento, data la vocazione agricola del territorio. L’ampio e diffuso utilizzo dei prodotti fitosanitari ha suscitato interesse anche nella popolazione, preoccupata in particolare per i possibili impatti sull’ambiente e sulla salute derivanti dall’uso intensivo in agricoltura di questi prodotti", questo l'incipit della risposta dell'assessora Stefania Segnana all'interrogazione dell'ex assessore Luca Zeni. E, infatti, la Giunta Fugatti ha preso la decisione di eliminare il monitoraggio.
E poco importa se per l'Ispra ha rilevato che la Provincia di Trento nel 2018 è il territorio con il più alto livello di principi attivi per ettaro di superficie agricola utilizzata d'Italia, seconda solo al Veneto. Tutto bloccato per una profonda revisione, mentre nella scorsa primavera l'utilizzo del clorpirifos è stato nuovamente autorizzato in Trentino con difesa in consiglio provinciale dell'assessora competente Zanotelli che rispondeva a due interrogazioni a firma Filippo Degasperi del Movimento 5 Stelle. In quei giorni era stato l'ex assessore all'agricoltura Michele Dallapiccola del Patt a interrogare nuovamente l'assessora all'agricoltura sul fatto che per contrastare la cimice asiatica si starebbe riutilizzando in due aree diverse del Trentino il clorpirifos e l'imidacloprid, sostanze messe al bando dall'Unione europea (Qui articolo). La politica della Giunta in materia pesticidi e fitofarmaci sembra a questo punto abbastanza evidente.
Nel 2015 il consiglio provinciale aveva approvato una legge per attivare un "programma di monitoraggio delle condizioni di salute delle popolazioni esposte ai fitofarmaci", strumento che prevedeva una collaborazione continuativa con l’Istituto superiore di sanità e l'Azienda provinciale per i servizi sanitari. "Un grave atto di omertà della Giunta Fugatti - commenta il consiglio provinciale del Pd - evitare il monitoraggio non aiuta nessuno, né la salute, né i frutticoltori. Occorre serietà e responsabilità, evitare inutili allarmismi e fornire a produttori e popolazione i migliori strumenti per verificare la situazione".
Nel frattempo nel 2018 era stato avviato un approfondito confronto tecnico per elaborare una metodologia di lavoro seria e condivisa al fine di definire gli aspetti giuridici, finanziamento e approccio rispetto alle modalità di studio. Un progetto completo, che parte dai dati esistenti per implementare un approfondimento sul territorio provinciale: non si prende in considerazione solo le patologie tumorali ma anche a quelle neurodegenerative e di tipo dismetabolico.
Un monitoraggio ambientale, anche attraverso prelievi su campioni di popolazione, che sarebbe dovuto durare 5 anni con un finanziamento complessivo di 888 mila euro a carico della Provincia di Trento. "Non è uno studio statistico - evidenzia l'ex assessore - ma un lavoro scientifico sotto la guida dell'Istituto superiore di sanità che vede la presenza di una dettagliata convenzione condivisa con Apss".
A ottobre il consigliere provinciale in quota Pd ha presentato un'interrogazione per chiedere un aggiornamento sul monitoraggio. "La risposta dell'assessora è sconcertante. Prima riassume tutta la storia antecedente alla legge del 2015 e rassicura che va tutto bene - dice Zeni - quindi comunica che la Giunta ha deciso di cancellare la convenzione".
Le ragioni? "Lo studio è troppo concentrato sulle aree vocate a meleto". E il comitato etico avrebbe "manifestato forti perplessità sulla metodologia e sulla possibilità di raggiungere risultati utili ai fini della sanità pubblica". "L'assessora dimentica di ricordare che la coltivazione intensiva con maggiore uso di fitofarmaci è proprio il comparto melitico. Si presume poi - aggiunge Zeni - che le perplessità siano dell’Apss, si spera non quello della sezione nonesa della Lega Salvini".
Nel dibattito interviene l'ex assessore Michele Dallapiccola mette nel mirino il metodo. "Potrei anche comprendere le preoccupazioni di un monitoraggio settoriale, ma questo studio era propedeutico per poi allargare il confronto a tutto il territorio provinciale. E in caso si sarebbe potuto accelerare per inserire altre aree rispetto a quelle previste".
Anche perché giocoforza i controlli sono stringenti. "Le argomentazioni dell'assessora Segnana sono poco consistenti. La nostra agricoltura è intensiva - evidenzia l'ex assessore - si ricorre anche a metodi più naturali come zolfo e rame ma sono altamente tossici. I consorzi stessi avrebbero bisogno di controlli e monitoraggi in quanto le analisi della grande distribuzione sono sempre più attenti: si sarebbe dovuti concordare tra i diversi attori un piano per rilanciare su scala provinciale questo studio. Sono temi che si ricollegano alla qualità della vita e dei prodotti del territorio che consumiamo o promuoviamo".
Insomma, la Provincia ragiona sempre per comparti stagni. "Manca sempre il quadro generale. L'investimento a Bolbeno - aggiunge Dallapiccola - la vicenda Valdastico, la querelle scuola di medicina. Ormai il modus operandi è chiaro e sempre quello di affrontare i temi alla spicciolata, senza confronto e piccoli tasselli. Una politica senza respiro".
Non solo, Zeni ha chiesto un accesso agli atti per chiedere copia del parere del comitato etico. "Ma a distanza di un mese non ho ancora ricevuto risposta. D'altronde - conclude Zeni - sarebbe incredibile se l’Azienda sanitaria, dopo un confronto di mesi con l’Istituto superiore di sanità per concordare nel dettaglio le modalità del monitoraggio, avesse approvato una convenzione e soltanto successivamente avesse coinvolto il proprio comitato etico. Il quale avrebbe poi sconfessato il progetto non di un comitato locale di attivisti promotori di un maggior utilizzo della carne nell’alimentazione, ma dell’Istituto superiore di sanità".