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Totò Riina, la consigliera di sinistra Romano: "Non ha diritto di morire dignitosamente". Il colonnello dei carabinieri Cuccurullo: "Povera Italia"

Per Nicola Canestrini, avvocato roveretano, penalista molto conosciuto: “Negare i diritti fondamentali (seppure ai peggiori criminali) è un contraddizione in termini. I diritti si chiamano fondamentali perché... sono il fondamento dell'umanità”. Ma Emilio Giuliana: "A Riina spetta una morte dignitosa, dignità che a Erich Priebke è stata negata".

Di db - 06 giugno 2017 - 19:43

TRENTO. Sul dibattito a proposito dell'eventuale scarcerazione del boss mafioso Totò Riina sono intervenuti anche alcuni autorevoli trentini con dichiarazioni inaspettate. Il garantismo storico di sinistra è stato incrinato dalla posizione 'di condanna' della consigliera comunale di Trento Antonia Romano, mentre il consueto riserbo di un 'servitore dello Stato' come il tenente colonnello Giovanni Cuccurullo dei Carabinieri è stato infranto con un lungo post su Facebook che si conclude così: “Povera Italia”.

 

La polemica che ha infiammato i giornali nazionali prende il via con la notizia con la pubblicazione della sentenza della prima sezione penale della Cassazione sulle condizioni di detenzione del “capo dei capi”. A fare luce sull'iter che ha portato a questo lo spiega bene il Foglio:

 

Riina, che ha 86 anni, gli ultimi 24 dei quali trascorsi in carcere, sta male e il suo avvocato ha presentato un’istanza al tribunale di sorveglianza di Bologna (Riina è detenuto a Parma) in cui si chiede la sospensione della pena o almeno i domiciliari.

 

I giudici bolognesi hanno risposto di no, motivando con la intatta pericolosità del personaggio. La Cassazione ha annullato la decisione ma – ecco il punto – rinviandola ai giudici bolognesi per “difetto di motivazione”. Vuol dire che dovranno scriverla meglio.

 

La Cassazione spiega che la pericolosità da sola non basta come argomento, scrive che esiste per tutti, anche per i peggiori dunque, il “diritto a una morte dignitosa”. Non si esclude che possa avvenire in carcere ma si chiede di argomentare più analiticamente.

 

Il giornale di Claudio Cerasa, nell'articolo di Massimo Bordin, conclude così: La Cassazione ha chiesto solo di rispettare le forme. In fondo esiste per questo.

 

Da qui, dunque, si è scatenata la condanna 'preventiva',  generata anche da alcune errate interpretazioni proposte da alcuni giornali: come se fosse imminente la scarcerazione, come se qualche tribunale avesse deciso in suo favore e la stessa sentenza della Cassazione fosse in suo vantaggio. La Cassazione ha solo chiesto di motivare meglio il diniego.

 

In questo dibattito, dicevamo, sono intervenuti in tanti, anche in Trentino. Anche un esponente autorevole dell'Arma dei Carabinieri come il tenente colonnello Giovanni Cuccurullo che si è messo alla tastiera e ha voluto esprimere pubblicamente il suo pensiero:

 

Il boss Riina ha diritto ad una morte dignitosa?
Chiedete al piccolo Di Matteo se la sua morte fu dignitosa. Oppure a Falcone o a Borsellino o alle loro scorte.
A tutte le persone che la mafia ha sciolto nell'acido, sotterrato, murato e annegato.
Chiedetelo anche alle famiglie delle vittime, alle loro madri, mogli e figli.
Non è il diritto voluto dai padri fondatori, i romani. La polis, le città, il popolo, la comunità era il bene giuridico da difendere contro ogni malvivente... invece noi l'abbiamo individualizzato, reso il diritto del singolo alla faccia della comunità... povera Italia.

 

Ma su questo è intervenuta anche Antonia Romano, la consigliera comunale de L'Altra Trento a Sinistra con un post molto discusso e commentato:

 

Totò #Riina non ha diritto di morire dignitosamente. Non si può provare compassione per questa belva. Non si torni indietro sul 41bis. Avevamo capito tutt@ che la presentazione del libro di suo figlio nel salotto mieloso di Bruno Vespa aveva come obiettivo il raggiungimento di questo, ma non è accettabile dopo ciò che ha determinato il suo essere capo di cosa nostra.

 

Anni terribili sangue sparso, morti innocenti. Nessuna persona di buon senso dimentichi Capaci e via D'Amelio e il bimbo ucciso e sciolto nell'acido. Non servono le celebrazioni ufficiali, i discorsi delle autorità, le corone e le medaglie. Non siamo uguali noi e loro.

 

I mafiosi gli 'ndranghetisti, i camorristi sono belve feroci, errori della natura, orrori della disumanità. Totò Riina deve perire nella cella senza vedere i figli, la moglie, senza avere dignità di morte e funerale. Non gli si può riconoscere pari dignità. Lo dobbiamo alla Sicilia per bene, alle vedove, ai vedovi, ai bimbi e alle bimbe che hanno versato troppo presto le loro lacrime.

 

Un post che ha diviso i commentatori, con messaggi di apprezzamento ma con alcune significative prese di distanza. Tommaso Ulivieri, consigliere di sinistra ad Arco, commentato così:

 

“Io credo, invece, che la morte dignitosa anche per il peggior criminale sia l'affermazione più evidente della distanza che separa un ordinamento democratico, garantista e fondato sulla separazione dei poteri da quell'inumanità. E ne diventa una sorta di "vendetta" ideale e pedagogica”.

 

Anche nel mondo dell'avvocatura si discute di Totò Riina. Lo fa ad esempio Nicola Canestrini, avvocato roveretano, penalista molto conosciuto:

 

“Negare i diritti fondamentali (seppure ai peggiori criminali) – afferma risoluto - è un contraddizione in termini. I diritti si chiamano fondamentali perché... sono il fondamento dell'umanità”.

 

Non manca, sempre su Facebook, il commento di Emilio Giuliana, l'ex consigliere comunale della formazione di estrema destra Fiamma Tricolore:

 

"La democrazia non fa per me, non riesco proprio a capirla; a Riina spetta una morte dignitosa, dignità che a Erich Priebke è stata negata".

 

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