A 53 anni dal disastro del Vajont
Accadeva oggi la frana che cambiò il volto della valle. Oggi una messa e una veglia itinerante accompagneranno i ricordi e la notte nel bellunese
TRENTO. Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova e Faè. Un enorme boato e cinque paesi scompaiono inghiottiti dalla furia acqua. Altri borghi e paesi risultarono profondamente danneggiati o distrutti. L'orologio ferma le proprie lancette alle 22.39, è il 9 ottobre del 1963. I morti da piangere a causa della Diga del Vajont sono quasi 2.000, senza contare i lavoratori che persero la vita nella costruzione.
Tutto si annulla davanti alla tragedia e non dovrebbero essere necessari numeri e statistiche, ma spesso questi dati servono per rendere meglio l'idea di ciò che accadde quella notte: scivolarono dalla parete di roccia 260 milioni di metri cubici di roccia, un volume più del doppio rispetto a quello dell'acqua contenuta nell'invaso di 115 milioni metri cubici, alla velocità di 108 km/h, provocando un'onda di piena che superò di 250 metri in altezza il coronamento della diga.
Questo fu il risultato di un lungo percorso di omissioni, negligenze e malaffare che ignorarono inoltre diverse avvisagli di ciò che sarebbe successo per la diga del Vajont, il più grande e imponente bacino artificiale d'Europa.
La tragedia, solo dopo numerosi dibattiti processuali e interventi popolari, venne attribuita alla negligenza dei progettisti e della Sade, l'ente gestore dell'opera fino alla nazionalizzazione, che occultarono e coprirono la non idoneità dei versanti del bacino, in particolare la fragilità dei versanti del Monte Toc: la diga infatti era costruita su un versante in franappoggio.
Dopo la messa al cimitero per commemorare le vittime, questa sera dalla 21.30 alle 22.40 una veglia itinerante accompagnerà il ricordo e la notte della valle del Vajont, per non dimenticare una tragedia italiana.