Insegnanti che denunciano e segnalano gli studenti, avvocati e psicologi contro il protocollo Pat-Procura: “Prendiamo le distanze, va sospeso. Metodo sbagliato"
L’accordo tra la Provincia, le Procure ordinarie e la Procura dei minorenni avrebbe come obiettivo di “fornire in maniera organica il quadro di riferimento sulle modalità di denuncia e segnalazione all’autorità giudiziaria ordinaria e minorile nei casi in cui gli insegnanti vengano a conoscenza di situazioni che potrebbero configurare reati o situazioni di pregiudizio per gli studenti minorenni". Un protocollo contro il quale si sono espressi la Camera Penale di Trento, l'Ordine degli Psicologi e gli ordini degli Avvocati di Trento e Rovereto
TRENTO. Un modello sanzionatorio dove non c'è un pensiero ma un'azione con il rischio d'instaurare “prassi errate” e un “approccio di stampo inquisitorio”. E' una netta bocciatura quella che arriva dal Consiglio direttivo della Camera Penale di Trento e dall'Ordine degli Psicologi al protocollo d’intesa per le “Linee guida sulle modalità di segnalazione e denuncia all’autorità giudiziaria ordinaria e minorile da parte degli operatori scolastici” che le scorse settimane è stato siglato dalla vicepresidente della Provincia Francesca Gerosa, assieme alla Procura generale di Trento.
Il presidente della Camera Penale, l'avvocato Roberto Bertuol, l'ha messo nero su bianco in una delibera del 10 dicembre (QUI IL TESTO COMPLETO) nel quale viene chiarito che il protocollo rischia di creare molti 'danni' sottolineando come non vi sia stato alcun genere di coinvolgimento del Garante per i Minori della Provincia di Trento e nemmeno di altre categorie professionali come gli psicologi da sempre fondamentali per trattare tematiche così delicate come quelle minorili.
IL PROTOCOLLO
L’accordo tra la Provincia, le Procure ordinarie e la Procura dei minorenni avrebbe come obiettivo, viene spiegato in una nota della Pat, di “fornire in maniera organica il quadro di riferimento per le segnalazioni da parte delle scuole dell’infanzia e delle istituzioni scolastiche e formative del sistema educativo provinciale, garantendo omogeneità di procedure e definendo le interazioni tra le istituzioni coinvolte”.
Con l’intesa si stabilirebbero linee guida uniformi per tutte le scuole dell’infanzia e le istituzioni scolastiche e formative provinciali e paritarie, relative alle modalità di denuncia e segnalazione all’autorità giudiziaria ordinaria e minorile nei casi in cui gli operatori scolastici, nell’esercizio delle proprie funzioni, vengano a conoscenza di situazioni che potrebbero configurare reati o situazioni di pregiudizio per gli studenti minorenni.
“Questo – viene spiegato sempre dalla Provincia - include sia i reati commessi da o a danno di studenti, sia situazioni che, pur non integrando fattispecie penalmente rilevanti, possano indicare un disagio dell’alunno, probabilmente riconducibile a un contesto familiare problematico, tale da rendere necessario un intervento dell’autorità giudiziaria per valutare l’adozione di provvedimenti a tutela del minore”.
Nel protocollo oltre a essere descritti i reati procedibili d’ufficio di cui l’operatore scolastico potrebbe venire a conoscenza e rispetto ai quali ha l’obbligo di riferire, senza ritardo, all’autorità giudiziaria e i reati commessi da minori e tra minori con le nuove tecnologie – internet, social network, smartphone e chat – quali diffamazione, molestie, minacce, diffusione illecita di materiale a contenuto sessualmente esplicito, che si inseriscono nei fenomeni di bullismo e cyberbullismo, trovano anche collocazione gli indicatori di una serie di situazioni derivanti da condotte che “non necessariamente costituiscono reato ma che comunque comportano pregiudizio al benessere del minore”.
Un sistema, quello descritto dal protocollo, che rischia di far passare un ragazzo dal banco di scuola a quello di imputato saltando tutte quelle prassi fondamentali messe in atto con l'attivazione di servizi specifici e di professionisti capaci di avviare un percorso clinico ed educativo adatto alla delicatezza della situazione prima di arrivare ad una segnalazione in procura.
CAMERA PENALE DI TRENTO: “SERVE L'IMMEDIATA SOPENSIONE DEL PROTOCOLLO”
Il consiglio direttivo della Camera Penale di Trento nella delibera firmata dal presidente Roberto Bertuol esprime “la presa di distanza delle avvocate e degli avvocati della Camera Penale di Trento dal metodo utilizzato e dai risultati riversati nel protocollo e nelle linee guida in questione” chiedendone l'immediata sospensione.
Uno dei punti criticati dai penalisti è la mancanza di alcun genere di coinvolgimento del Garante per i Minori della Provincia di Trento e nemmeno di altre categorie professionali come i psicologi o neuropsichiatri che pure sono esplicitamente individuate dal codice di procedura penale quali ausiliari del giudice nelle delicatissime attività di ascolto del minore e non vi è stato nemmeno alcuna richiesta di parere ai rappresentanti dell'avvocatura.
Nella delibera della Camera Penale si sottolinea la “preoccupazione per il metodo seguito” sia “l'approccio di stampo inquisitorio che fa scorgere rischi di indagini esplorative che potrebbero sortire l'effetto negativo di una moltiplicazione di segnalazioni 'prudenziali' da parte degli insegnanti” più preoccupati di non incorrere in accuse di omissioni di denuncia, che non di valutare obiettivamente le circostanze e le persone.
L'ORDINE DEGLI PSICOLOGI: “PARLARE DI PREVENZIONE E SEGNALAZIONE IN PROCURA E' UN OSSIMORO”
Una bocciatura netta del protocollo arriva anche dall'Ordine degli Psicologi. “Questo protocollo e il metodo usato fanno molto riflettere sull'impianto mentale che alcune istituzioni hanno nel risolvere i problemi” sono le parole che arrivano dalla presidente Roberta Bommasar.
“La segnalazione in Procura – spiega a il Dolomiti Bommasar - deve avvenire alla conclusione di un processo di conoscenza e di esperienza. Quando arriva è perché il contesto, in questo caso, la scuola, è intervenuta prima con il coinvolgimento dei genitori e dei servizi”.
Il rischio, invece, che si concretizza con questo protocollo e le linee guida contenuti all'interno, è che si saltino processi che sono indispensabili e ben conosciuti dal Ministero della Giustizia. “Tutta la materia minorile – continua la presidente dell'Ordine degli Psicologi – ha sempre previsto una collaborazione stretta con gli operatori della psicologia e altri visto che gli interventi in questo ambito della magistratura devono essere particolarmente cauti e approfonditi”. Per un bambino, infatti, il coinvolgimento in un procedimento può essere davvero una esperienza drammatica.
“Rischiamo di trovarci una famiglia che viene messa sul banco degli imputati – continua ancora Bommasar – e ancora delle segnalazioni degli insegnanti alla Procura bypassando i genitori che sono un passaggio indispensabile se si vuole percorrere un percorso di prevenzione e di educazione. Tutto l'impianto che è stato costruito negli anni viene in questo modo tradito da interventi di questo tipo, punitivi e sanzionatori che di educativo, clinico e culturale non ha assolutamente nulla. E' tutto questo è grave”.
L'Ordine degli Psicologi, infine, rileva anche dei rischi nei comportamenti che avranno gli insegnanti. “Ci potranno essere alcune persone ansiose che segnaleranno qualsiasi cosa facendo poi un buco nell'acqua. Il tutto perché avranno il timore di passare per quelli che non segnalano. Tutto questo è gravissimo e poi ci stupiamo che stiamo tutti andando verso una società dove i conflitti e le difficoltà vengono gestiti nei tribunali e non nei luoghi deputati ” conclude Roberta Bommasar.
AVVOCATI DI TRENTO E ROVERETO: "SI APRA UN TAVOLO DI CONFRONTO"
A chiedere che venga immediatamente sospeso il protocollo e si avvii un tavolo di confronto, aperto non solo all’Avvocatura istituzionale e associativa ma anche agli psicologi dell’infanzia e dell’età evolutiva, sono gli Ordini degli avvocati di Trento con il presidente Antonio Agelini e quello di Rovereto con il presidente Andrea Tomasi che, attraverso una nota firmata congiuntamente, sollevano diverse criticità .
Se l'intento del protocollo è “in astratto lodevole” spiegano gli Ordini degli Avvocati di Trento e Rovereto “il testo pubblicato presenta diverse criticità che avrebbero potuto essere evidenziate e concordemente emendate in sede di elaborazione dove – stante la delicatezza e importanza dei temi trattati, che riguardano anche il principio di genuinità della prova nel processo penale e, dunque, il diritto alla difesa – l’Avvocatura istituzionale fosse stata, se non doverosamente, quantomeno opportunamente coinvolta. Sempre riguardo al metodo, non è dato sapere se e quali contributi siano stati apportati anche da altri soggetti, non risultando, per quanto a nostra conoscenza, il coinvolgimento né della Magistratura giudicante né delle rappresentanze istituzionali di altre categorie professionali (in specie dell’Ordine degli Psicologi)”.
Tra i punti sollevati dagli avvocati il fatto che l’attività richiesta agli operatori scolastici presuppone una loro specifica formazione relativamente non solo all’area giuridica, riguardo alla tipologia dei possibili reati e alla loro procedibilità (d’ufficio o a querela), ma anche all’area psico-pedagogica, cioè dei comportamenti e dei processi mentali, cognitivi e affettivi del minore.
Accanto a questo, i due ordini rilevato che le linee guida non risultano essere state sottoposte all’attenzione del Garante dei diritti dei minori, quale organo di garanzia e tutela dei diritti di cui sono portatori i bambini e gli adolescenti. Come già ricordato dalla Camera Penale, inoltre, si corre il rischio di indagini esplorative con modalità non ammesse dal nostro codice di procedura penale e anche ad un eccesso di segnalazioni infondate da parte degli operatori scolastici, timorosi di essere indagati per il reato di omissione di denuncia. Infine, ultimo punto sollevato dagli Ordini degli avvocati di Trento e Rovereto, le modalità di ascolto del minore da parte degli operatori scolastici non rispondono ai principi di tutela dello stesso come previsti dal nostro ordinamento.