In Trentino il 77% dei decessi legati al covid-19 è avvenuto in Rsa. Oltre 700 i morti nelle case di riposo ma ufficialmente meno della metà è attribuibile al virus
Ecco l’evoluzione dell’epidemia, giorno per giorno, all’interno delle case di riposo dove, nella fase peggiore, si sono registrati (in media) 15 morti ogni 24 ore. Il Report dell’Apss: “Dal punto di vista epidemiologico alcuni decessi potrebbero essere stati anticipati di giorni, settimane o mesi, ma sarebbero comunque avvenuti”
TRENTO. Sono passati oltre due mesi dall’inizio dell’epidemia, che in Trentino è fatto coincidere con l'1 marzo, e finalmente iniziano ad arrivare i primi dati aggregati sull’evoluzione del coronavirus, ancora parziali ma almeno è un passo in avanti. Il Dolomiti è stato fra i primi a porre l’attenzione su quanto stava accadendo all’interno delle Rsa, svelando numeri drammatici benché ancora incompleti (articoli QUI e QUI).
Molte domande attendono ancora una risposta e non è scontato che arrivi, nello stesso Report redatto da Apss si sottolinea come sia complicato fornire un dato assoluto sui decessi attribuibili al coronavirus “i confronti fra diverse Regioni e fra diversi Paesi – si legge – risentono della mancata definizione di criteri univoci da parte delle autorità centrali”. Il problema è già stato affrontato, in Trentino vengono attribuiti al covid-19 solo i casi accertati con tampone positivo, quelli radiologicamente accertati, oppure le morti certificate da una scheda Istat. Ma come conferma Apss: “Questi dati sono solo parziali, in particolare risentono di variazioni nei criteri di effettuazione dei tamponi, che sono mutevoli sia nel tempo che nei diversi contesti territoriali, in relazione a molteplici fattori, quali l’andamento epidemiologico, la disponibilità di reagenti per i test, le priorità del contact tracing”. Ergo è ragionevole pensare che i numeri siano più alti di quelli ufficiali.
Ad ogni modo, i decessi totali legati al coronavirus (fino all’11 maggio) sono stati 439, di questi quelli avvenuti in Rsa sono 342 (secondo i dati ufficiali) che corrispondono circa al 77% del totale. Per avere un’idea di quanto la situazione potrebbe essere più grave rispetto a quanto emerge dai dati ufficiali, basti sapere che tra l’1 marzo e l’11 maggio, all’interno delle case di riposo, sono decedute 708 persone, ma ufficialmente meno della metà (48%) è collegabile all’epidemia. Per quanto riguarda gli operatori delle case di riposo, su 5.700, in 632 hanno avuto almeno un tampone positivo, ad oggi il 73,4% risulta guarito.
L’incremento della mortalità all’interno delle case di riposo viene registrato per la prima volta a partire dal 13 marzo e in modo marcato dal 20 marzo, quando si rileva l’inizio della differenza tra il numero di decessi osservati e la media dei 5 anni precedenti. Differenza che persiste anche per tutto il mese di aprile. Se tra marzo e aprile degli anni precedenti nelle strutture si contavano in media circa 5 decessi al giorno, nel 2020 le morti giornaliere hanno superato quota 10. Nella fase peggiore dell’epidemia si sono contati mediamente 15 decessi al giorno. Solo dal 15 aprile si è iniziato a ravvisare un calo nel trend dei decessi, pur restando sopra alle medie attese. È con l’1 maggio che le morti ritornano in linea con i dati degli anni scorsi, un dato che per Apss “sarà da monitorare”.
Alla luce di questi numeri stona la frase contenuta nel Report che specifica, facendo riferimento al concetto di anticipazione del decesso, che “dal punto di vista epidemiologico, alcuni decessi potrebbero essere stati anticipati di giorni, settimane, mesi, ma sarebbero comunque avvenuti”. Difficile che ciò possa rappresentare una consolazione per i parenti delle vittime che nel frattempo si sono rivolti alla magistratura per cercare di far luce su quanto avvenuto all’interno delle case di riposo trentine.