Il "nuovo corso" della Federazione della cooperazione riparte dal "vecchio compenso"
Attuale segretario generale della Uil in Trentino è giornalista pubblicista dal 2014
Sorprende non poco la decisione della neo-presidente della Federazione della cooperazione di tornare ai compensi "pre-Schelfi" per la remunerazione dei propri compiti e responsabilità, senz'altro importanti, ma ricordiamoci sempre, volontari, del proprio incarico.
Soprattutto perché scaturita a valle di una campagna "elettorale" centrata certamente sulla moralità e fondata sul ritorno ai principi di servizio e etici della cooperazione, che Mattarei affermava si fossero smarriti con le presidenze del nuovo secolo.
Apprendiamo invece dalle prime delibere che anche l'ottima remunerazione economica, di chi assume le decisioni e la rappresentanza politica del movimento cooperativo provinciale, rientrano nei "valori" da ripristinare in quel particolare mondo, che avevamo capito avrebbe dovuto puntare su sobrietà e vicinanza alle realtà cooperative, minori, in difficoltà e non ancora fuori dal tunnel della crisi.
Ci chiediamo inoltre quale sarà la percezione di queste decisioni rispetto ai lavoratori e le lavoratrici del mondo cooperativo licenziati negli ultimi mesi (Sait) e dei tanti dipendenti e lavoratori cooperatori che accettano stipendi e condizioni economiche molto basse, o contratti di solidarietà per far sopravvivere le proprie cooperative sociali o di lavoro, per le quali, spesso, l'unico fattore riducibile sembra il salario dei dipendenti o soci.
Amaramente non possiamo che verificare, ancora una volta, che le strade del "nuovismo", che promuovono etica e moralità, si dimostrano spesso lastricate di vano moralismo e strumentale opportunismo politico.