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Inflazione, i sindacati: “Trento si conferma tra le città più care d'Italia. La priorità deve essere l'aumento delle retribuzioni: finora ci si è limitati alle buone intenzioni”

L'appello di Cgil, Cisl e Uil di fronte al dato dell'inflazione, che a dicembre a Trento si conferma più alta della media nazionale (+1,8 contro +1,3%): “Aumentare le retribuzioni e adeguare le misure di sostengo al reddito devono essere le priorità”

Foto d'archivio
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Di F.S. - 17 January 2025 - 11:33

TRENTO. A dicembre Trento si conferma “tra le città più care d'Italia” e da Cgil, Cisl e Uil arriva un nuovo appello alla politica provinciale: “Aumentare le retribuzioni e adeguare le misure di sostegno al reddito devono essere le priorità”. Secondo le ultime rilevazioni Istat infatti, dicono i sindacati, l'inflazione lo scorso mese ha segnato un +1,8% in Trentino, un valore sopra la media nazionale che si attesta a +1,3%: “Anche se i prezzi hanno rallentato la loro corsa rispetto all'andamento del biennio 2022-2023 , quel che è certo è che le famiglie trentine continuano a subire un aumento del costo della vita considerevole, soprattutto su voci di spesa incomprimibili e beni di prima necessità. Così, tra il 2018 e il 2024, l'inflazione è cresciuta del 20% anche se l'impatto sulla contrazione del potere d'acquisto è stato ridotto dai rinnovi contrattuali di questi anni che hanno riguardato molti settori. Proprio per questo è fondamentale continuare a spingere sulla contrattazione collettiva”.

 

Come detto, il rialzo si fa più significativo proprio sulle voci che pesano molto sui bilanci familiari, spiegano i sindacati: “Come i beni alimentari, cresciuti del 28,6%, quelli energetici che oggi costano alle famiglie ben il 61,7% in più del 2018 e le spese bancarie (dunque i mutui) cresciute del 45%”. “Questi numeri – dicono i segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti – dimostrano in modo chiarissimo che le famiglie trentine si sono impoverite sotto la lunga onda d'urto dell'inflazione. Sono aumentate soprattutto le spese non comprimibili, dunque a soffrire maggiormente sono stati i più poveri e il ceto medio. Anche perché le retribuzioni, già più basse rispetto al resto del Nordest, sono rimaste lontane dalle dinamiche dei prezzi con l'effetto di deteriorare la capacità di spesa delle famiglie di dipendenti e pensionati”.

 

Per molti di questi, è la denuncia dei sindacati, diventa quindi complesso anche concedersi qualche svago: “Perché a crescere in modo considerevole sono anche ristorazione (+23,7%), trasporti (+20,7%) e servizi turistici (+39,5%), così una pizza, un viaggio o una vacanza diventano un lusso che sempre più persone non possono permettersi”.

 

“In questo quadro – ribadiscono i tre sindacalisti incalzando la Giunta provinciale e le categorie economiche – ribadiamo che la priorità, concreta, deve essere l'aumento delle retribuzioni e l'adeguamento delle misure di sostegno alle famiglie con l'indicizzazione dell'Icef. Ci troviamo in linea con gli imprenditori quando dicono che bisogna alzare gli stipendi così come abbiamo condiviso la scelta del presidente Fugatti di individuare nei salari una delle priorità di questa legislatura. Fino a questo momento però ci si è limitati alle buone intenzioni. Per noi servono azioni concrete. A cominciare da un patto sui salari che non può prescindere dalla valorizzazione della contrattazione di secondo livello sul modello di quanto fatto in Alto Adige. Allo stesso tempo siamo pronti a discutere di assegno unico provinciale, ma in una logica che per quanto ci riguarda non può essere di risparmio, ma al contrario di ampliamento dell’intervento”.

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