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Papa Francesco e la guerra, un'occasione mancata: 7 obiezioni alla sua consacrazione del mondo a Maria

Dal fatto che l’atto di consacrazione alla Vergine è lontanissimo dalla sensibilità di tre quarti dell’umanità, in particolare dei protestanti (e quindi il suo discorso non poteva fare notizia nel mondo) alla mancanza di chiarezza sulle colpe, che vanno addossate ai potenti e ai guerrafondai e non a tutti (tutti colpevoli nessun colpevole) fino al luogo scelto per il discorso, Roma (quando fosse andato a Kiev o Leopoli, dove è stato invitato, sarebbe passato alla storia) sette modeste obiezioni al discorso del Papa
DAL BLOG
Di Paolo Ghezzi - 26 marzo 2022

Ragazzo del 57, giornalista dal 79, troppo piccolo per il 68, ha scansato il 77 ma non la direzione dell’Adige (8 anni 8 mesi e 3 giorni) e la politica (24 mesi in consiglio provinciale tra il 2018 e il 2020)

“Sacrosanta” e generosa è la passione con cui papa Francesco denuncia l’orrore della guerra. E la corsa al riarmo. Con parole severe e coraggiose, anche contro i governi occidentali. Ma la consacrazione dell’umanità a Maria, pronunciata solennemente ieri in Vaticano, è un gesto che rafforza il ruolo del vescovo cattolico di Roma tra i leader mondiali e nell’opinione pubblica internazionale? È un atto forte che può incidere nelle coscienze di chi ha scatenato la guerra e la prosegue?

 

Credo che sia legittimo chiederselo anche se i gesti di Jorge Mario Bergoglio sembrano ormai, almeno qui in Italia, sottratti al dibattito, collocati al di sopra di ogni critica e dissenso, soprattutto dopo che il papa è stato trionfalmente ossequiato dal “salottismo” acritico di “chetempochefa”. Il 25 marzo ricorda l’annunciazione dell’angelo a Maria ma è anche il Dante-dì, il giorno in cui comincia il viaggio del Poeta nell’oltretomba. A partire dall’inferno, s’intende. Ora papa Francesco vorrebbe collocare il 25 marzo 2022 tra le date solenni della storia, con questa consacrazione.

 

Riconoscendo le migliori intenzioni del pontefice e la sua instancabile predicazione contro le guerre e le armi, apprezzando pure l’afflato poetico di certe righe della “consacrazione” (per esempio: “il dolce battito della pace torni a scandire le nostre giornate”), sembrano legittime sette modeste obiezioni.

 

1.    Maria, madre di Gesù, è veneratissima nel cristianesimo ortodosso. Ma questa consacrazione che si riallaccia esplicitamente all’apparizione di Fatima e alla mariologia cattolica, non rischia di colorare di devozione “romana” una Madre che già appartiene ai sentimenti devozionali dei popoli ucraino e russo? Non rischia di essere sentita come un’invasione di campo?

 

2.    Il gesto del papa vorrebbe avere respiro universale ma l’atto di consacrazione alla Vergine è lontanissimo dalla sensibilità di tre quarti dell’umanità, in particolare dei protestanti: tutto il variegato mondo della Riforma ha sempre contestato l’eccesso di “pietà” cattolica nei confronti della Madre del Salvatore. Sulla scia del cardinale Martini lo stesso papa Francesco, in un’intervista a Scalfari del 2013, aveva detto: “Io credo in Dio, non in un Dio cattolico, non esiste un Dio cattolico, esiste Dio”. E allora perché, tra i diversi modi per solennizzare la richiesta di mettere fine alla guerra, ha scelto questa modalità tradizionale e ipercattolica?Regina del Rosario, ridesta in noi il bisogno di pregare e di amare” è una formula difficilmente digeribile per chiunque sia estraneo a una devozione mariana. Una simile consacrazione come può diventare una “notizia” per il New York Times o per l’Asahi Shimbun di Tokyo? L’affermazione apodittica che l’umanità “ha bisogno di affidarsi a te, di consacrarsi a Cristo attraverso di te” è comprensibile e accettabile per un islamico, un induista, un buddhista, un ateo, un agnostico? E per tanti cattolici “adulti” che cercano l’essenzialità del Vangelo?

 

3.    Se il gesto straordinario è stato motivato dal periodo straordinario di questa guerra straordinariamente feroce scatenata dal tiranno di Mosca, perché il popolo ucraino e quello russo compaiono solo alla cinquantunesima riga del documento? Il popolo ucraino – che muore ogni giorno nei suoi bambini e nei suoi civili innocenti – non avrebbe meritato ben altro rilievo? Non è troppo onnicomprensiva e generica l’espressione “l’umanità, sfinita e stravolta, sta sotto la croce con te”? Sotto le bombe, sotto la croce, non stanno i romani o i moscoviti, ma gli ucraini!

 

4.    L’insistenza su Maria addolorata appartiene a una tradizione devozionale che ha allenato generazioni di cattolici a contrirsi fortemente per il dolore che il nostro peccato infligge a Gesù, e a soffrire molto per la grande sofferenza di Gesù figlio di Dio. Ma questa guerra riconferma che le pene degli esseri umani sono – assai di frequente – molto più dolorose di quelle sofferte dal Figlio di Maria. E allora perché continuare a riproporre l’antico schema “il tuo Cuore addolorato ci muova a compassione” che inevitabilmente mette in secondo piano la pena dell’umanità oggi?

 

5.    “Ci siamo ammalati di avidità… ci siamo lasciati inaridire dall’indifferenza e paralizzare dall’egoismo… Abbiamo dilaniato con la guerra il giardino della Terra. … E con vergogna diciamo: perdonaci, Signore!”. Parole potenti. Dure. L’atto di consacrazione del papa coinvolge l’intera umanità nella colpa… Ma che colpa ne hanno i poveri della terra, i diseredati, i senza potere, i generosi, i buoni, gli innocenti, gli operatori e le tessitrici di pace? Perché non individuare le colpe vere nei potenti e nei guerrafondai? Perché non rivolgere l’indignazione, nello stile dei profeti, contro i leader malvagi le cui colpe sono clamorosamente chiare nell’attuale tragica congiuntura europea? Tutti colpevoli, nessuno colpevole. Il documento rischia di autoconsegnarsi alla superfluità della genericità.

 

6.    Siamo sicuri che una delle cause dell’attuale orrore sia “essersi dimenticati di Dio”? Ma se lo stesso tiranno di Mosca cita il Vangelo di Giovanni e il suo amico patriarca ortodosso benedice la guerra santa contro l’Occidente dissoluto in nome di Dio! In nome di Dio, purtroppo, si sono condotte centinaia di guerre

 

7. L’ultimo autodepotenziamento della consacrazione mi pare il fatto che sia stato un rito solenne, commovente, con i paramenti viola della Quaresima e della penitenza, teletrasmesso ma comunque dentro la basilica di San Pietro, in Vaticano. Ben altra forza avrebbe avuto una preghiera fatta a Kyiv, o almeno a Lviv (Leopoli, in zona più sicura e vicina al confine polacco), nell’Ucraina martoriata, dove il papa è stato invitato. Dove passerebbe alla storia (e chissà, forse commuoverebbe i malvagi) qualsiasi cosa dicesse. Anche con molte meno parole del troppo lungo e verboso atto di consacrazione. Basterebbe una preghiera antica e semplice come il Salve Regina: le parole “rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi… in questa valle di lacrime” lasciano capire a tutto il mondo, credenti e no, che si parla di noi. Di queste lacrime qui. Delle lacrime di Kyiv, Kharkiv, Kherson. Di Mariupol, la città di Maria, appunto. Di queste lacrime qui.

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