L'atroce assassinio di Davide Giri. Dal prete che pontifica sul dolore altrui al giornalista che chiede alla madre: ''Lei è credente, potrà perdonare l'assassino?''
Ragazzo del 57, giornalista dal 79, troppo piccolo per il 68, ha scansato il 77 ma non la direzione dell’Adige (8 anni 8 mesi e 3 giorni) e la politica (24 mesi in consiglio provinciale tra il 2018 e il 2020)
Atroce e insopportabile, come ogni morte ingiusta e precoce, l'uccisione di Davide Giri, 30 anni da Alba, a NewYork, per mano di un venticinquenne con una lama da 15 centimetri, in cerca di qualcuno a caso da accoltellare. Insopportabile che il parroco che ben conosceva quel bravo ragazzo brillante dall'avvenire che pareva luminoso, dichiari rapido ai microfoni Rai1: è una famiglia di fede, attraverseranno questo dolore. Ecco, di fronte a un dolore insopportabile, i preti dovrebbero evitare di usare la fede come un antidolorifico, una fede morfina: non è che chi crede nell'aldilà soffra di meno, davanti a una perdita atroce.
E poi, perché i preti (quasi tutti i preti) si permettono di pontificare sul dolore degli altri? Insopportabile infine che il giornalista del Corriere della Sera che ha fatto lo scoop della prima intervista alla mamma di Davide, Tina, dopo averle chiesto se le avesse "fatto piacere" (piacere!!!) la veglia degli amici della Columbia, come ultima delizia le abbia sparato questa insopportabile domanda: "Lei è credente, in parrocchia si occupa del doposcuola...Se ripensa all'assassino di suo figlio, è convinta che la rabbia possa lasciare posto al perdono?".
Domanda sciocca, offensiva e insopportabile: come se da una donna credente e impegnata nel volontariato non ci si possa che aspettare un moment-perdono, una grazia istantanea e orosolubile, perché i credenti mica possono provare rabbia e dolore, da loro ci si aspetta l'automatismo del "poverino anche l'assassino", che susciterebbe l'ammirazione compassionevole dei lettori.
Per fortuna lo sciagurato giornalista ci riporta anche la dignitosa, razionale, umanissima risposta della mamma di Davide: "Preferiamo tenere per noi le nostre sensazioni e le nostre cose, mio figlio era una persona riservata e lo siamo anche noi. Non è ancora il tempo per parlare". "Non è ancora il tempo". Chissà se giornalisti e preti pret-a-porter si prenderanno il tempo, dopo la prossima morte atroce (c'è n'è tutti i giorni) di pensare alle parole che usano, prima di parlare.