Ragazzo del 57, giornalista dal 79, troppo piccolo per il 68, ha scansato il 77 ma non la direzione dell’Adige (8 anni 8 mesi e 3 giorni) e la politica (24 mesi in consiglio provinciale tra il 2018 e il 2020)
TRENTO. Graziella era una resistente che amava le sfide.
Piero amava le sfide e i resistenti, le resistenti.
Graziella è coraggiosa, Piero ha coraggio.
Visivamente, Piero esplora i corpi e i volti degli altri.
Il corpo e il volto straordinari di Graziella non potevano non attirare lo sguardo di Piero.
Graziella non ha falsi pudori.
Piero non ha falsi pudori.
Nasce così la sequenza di foto che avete visto in testa a questo articolo.
Piero vede Graziella, Graziella si lascia guardare.
Graziella ama la vita, anche se la sua è pazzescamente complicata. Però si fa il caffè. Da sola. Con tutto il tempo che il suo corpo complicato (“raffazzonato”, dice il fratello Sergio) le chiede.
Piero ama la vita, fragile e complicato pure lui, non fugge dalle vite complicate degli altri. Dunque Piero decide di restituirci il suo sguardo su Graziella in una sequenza di scatti che diventa una specie di film. Il film di Graziella e del corpo che l’accompagna, 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.
Si fa anche fatica a vedere queste immagini, Piero lo sa. Graziella lo sa. Ma decidono di farcele vedere per farci, appena un po’, intuire la fatica che si fa, dentro quei corpi complicati. Raffazzonati. Eppure il volto di Graziella è pieno di luce e di forza.
Non ho mai parlato con il nostro amico Piergiorgio Cattani della fatica che faceva, in quel corpo speciale e specialmente complicato. Ma Pg ci ha sempre sorpreso per l’energia insospettabile che metteva in tutte le sue mille iniziative intellettuali, culturali e politiche. Come Graziella, Piergiorgio ci appare come una sorpresa continua, un miracolo e un mistero. “Da buone forze siamo circondati”, scriveva in una poesia il suo teologo preferito, il pastore protestante Dietrich Bonhoeffer. Eppure era prigioniero nel lager nazista. Ecco, forse noi “normali” o solo moderatamente imperfetti siamo troppo distratti, troppo deconcentrati, troppo dispersivi per sentire quelle “buone forze” che sorreggono, finché dura, anche quei corpi diversi, speciali e difficili.
Ne ho parlato l’altro giorno con Chiara M., scrittrice, anche lei alle prese con una malattia invalidante e un corpo complicato. Aveva sentito Graziella non molto tempo prima che Graziella prendesse congedo da questo mondo. Chiara crede che un altro mondo ci sarà, un’altra vita comincerà. Dopo. Sarà come passare in un’altra stanza, mi dice e mi rassicura: si continuerà a comunicare, a sentirsi, a vedersi, da là a qua. Chi lo sa: Graziella ha visto, ha letto, tutte le bellissime cose che sono state dette e scritte in questi giorni su di lei e sul suo coraggio il suo altruismo la sua forza?
Chi lo sa. Chiara dice: non sai che fatica che si fa. Quante volte ti vien voglia di arrenderti per riposarti dalla tua lotta quotidiana.
Io credo che chi non è dentro un corpo come quello di Graziella o Chiara o Piergiorgio non può sapere che cosa passa nella testa di Graziella o Chiara o Piergiorgio.
“È stata una danza disordinata e bellissima dove quasi sempre il disabile sono stato io, con la mia idea sbagliata di confine: limite entro cui fermarsi, non punto da cui partire”.
Così Piero spiegava l’eccezionale libro del 2005 “Tutto il giorno tutti i giorni”, ideato con Graziella e pubblicato, progetto grafico Giancarlo Stefanati, con quel formato rettangolare con il lato lungo sotto, da albo dei disegni o da fumetto, editore ViadellaTerra, libro che narra una serie di storie vere di persone imperfette, nude sotto la doccia o sotto un canestro o davanti a una tela da dipingere o a danzare con la musica: Laura, Beatrice, Renata, Marco e Betty, Antonella, Clara, Gianfranco, The Basket Boys, Gianni, Enzo, Domenico, Giuliano, Christian, Lucia e Sara, Maurizio e Luigi, Silvano, Paolo, Roberto, Lorenzo, il Teatro L’Oasi, l’Iter.
Il capitolo su Graziella è arricchito da una bellissima lettera del “fratello unico – che sfiga! - della sorella handy”, come si autodefinisce Sergio Anesi. Siccome nessuno l’ha conosciuta meglio di lui, è giusto lasciare il ritratto di Graziella a lui, riassaporando alcune di quelle bellissime righe, piene di humor intelligente – dedicate a una persona bellissima anche nel suo essere incasinatissima:
«Bella la vita! Un sorriso per ogni persona, un sorriso per ogni avversità. Non tutti sanno il tuo segreto: ti basta una goccia di caffè per garantire una montagna di serenità a te e agli altri. Ah il caffè; se non ci fosse la moka che vita sarebbe?».
E difatti una delle sequenze di Piero è proprio su Graziella che fa le sue acrobazie mattutine per farsi il caffè.
«Nei tuoi “primi” 50 anni… Li hai sorpresi tutti. … Ma come fa a starci tanta forza (d’animo) in un corpo così incasinato? “Caspita che forza tua sorella”, mi sento dire. “E di testa c’è!”. Certo che c’è. Ci mancherebbe. È una Anesi, testarda e rampinosa come i Ricaldi, e in più Pinaitra. Vorrai mica che la proverbiale tenacia non sia nel DNA».
«Cara Graziella, – continua Sergio – abbiamo provato di tutto per lasciarti andare: non ne è andata dritta una. L’ospedalino dopo le tue oltre 30 fratture in due anni ha sentenziato che non potevi neppure essere considerata degente. Non sapevano più dove metterti il gesso. Fuori di qui! I primari di Bologna e di Leningrado hanno sentenziato: “Entro i tre anni di vita se ne va. Ci spiace – hanno detto a mamma Alma e a papà Fiore – ma sarà così. Preparatevi”. Ma “così” come? Da cinquant’anni ci stiamo preparando (ma ti confesso che non saremo mai pronti)… ».
Il fratello unico continua così a descrivere la vita unica della sorella unica: «Barriere, buche, batterie rotte, ruote bucate, la luce che salta e il respiratore che non funziona, i ladri alla porta, qualche spavento… la febbre alta, la doja, l’appendicite (ma come cavolo hanno fatto a trovarla?). Niente e nulla ti ha fermato nella tua corsa ad ostacoli per sfuggire a quella signora nera che forse non ha nemmeno tempo per dedicarsi a un corpicino tanto piccolo».
La conclusione di quel capolavoro di lettera a Graziella suonava così: «E allora ciao, rompi balle, continua pure a farti giri sulla giostra, a bere caffè e a sorridere. Ne abbiamo tutti bisogno». Firmato: Sergio.
L’ultimo giro di giostra oggi, nella tua Piné.
Grazie Graziella, per avere, contro i pronostici medici, così a lungo giostrato, per i diritti dei diversamente giostranti.
Grande Graziella. Graziella grazie. È stata una grazia incontrarti.
Magari ci si vede, su qualche altra giostra.