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L'appassionata difesa di una vita libera e spontanea, contro ogni imposizione di dogmi e di comportamenti, l'Elogio dell'ozio di Robert L. Stevenson

''Tredici Racconti stonati, ma non troppo…al tempo del coronavirus'', con umoristica partecipazione – che presumiamo possa essere condivisa da molti altri – trascrivo in modo libero ma fedele pochi passi salienti di questa esilarante apologia, riservando solo l’ultimo capoverso a citazioni diverse, ricercate fuori dall’apologia stevensoniana, ma che possiamo considerare ad essa attinenti
DAL BLOG
Di Nicola Zoller - 29 marzo 2021

Socialista dal 17° anno d'età, continua a dedicarsi allo studio del pensiero progressista e democratico

Questo Elogio dell’ozio di Robert L. Stevenson (meglio, un elogio dei fannulloni secondo il titolo originario An Apology for Ilders) è presentato dalle edizioni di Stampa Alternativa come "l’appassionata difesa di una vita libera e spontanea, contro ogni imposizione di dogmi e di comportamenti", sottolineando che non si tratta di una provocazione, bensì dell’espressione più profonda delle "convinzioni dello scrittore". 

 

Con umoristica partecipazione – che presumiamo possa essere condivisa da molti altri – trascrivo in modo libero ma fedele pochi passi salienti di questa esilarante apologia, riservando solo l’ultimo capoverso a citazioni diverse, ricercate fuori dall’apologia stevensoniana,  ma che possiamo considerare ad essa attinenti.

 

Dunque, sostenere un argomento, ad esempio la solerzia, non vuol dire necessariamente essere sordo – ironizza Stevenson – a tutti gli altri ragionamenti. Starsene in ozio, ad esempio, soprattutto in gioventù è la cosa migliore. Noi – continua – non rimpiangiamo le intense, vivide, istruttive ore in cui abbiamo marinato la scuola. Chi ha troppo studiato e sa tutto di una branca del sapere 'convenzionale', spesso è arido in altri aspetti della vita, incapace di leggere qualcosa che non sia attinente al suo campo. 

 

L’ozioso è senz’altro una persona migliore. Egli ha avuto tempo di prendersi cura della sua salute e del suo spirito. È diventato saggio: non si sentirà mai di parteggiare per i dogmatici, avrà una grande e spassionata tolleranza per gente e opinioni di ogni genere. Non scoprirà verità straordinarie, ma neppure accetterà cocenti falsità.

 

È convinto che l’attività frenetica, a scuola o in università, in chiesa o al mercato, sia sintomo di scarsa voglia di vivere. In effetti c’è in giro molta gente mediocre, semi-viva, capace solo di esercitare qualche occupazione 'convenzionale'. Rimpiangono – quando ne sono lontani – la loro postazione lavorativa, non possono stare in ozio. La loro natura non è abbastanza generosa: per loro non c’è svago, la loro mente è vuota di argomenti di divertimento, sono devoti perpetuamente solo alla propria professione, ai propri affari, alla propria 'roba', ma sono in perpetua dimenticanza d’altre cose.

 

Tutti noi in verità sottovalutiamo spesso il dovere di essere felici e sorridenti. E invece sopravvalutiamo la nostra posizione, pensando che la nostra opera sia di importanza eccezionale. Ma no. Dimentichiamo che la natura non si cura di una singola vita e che non siamo individualmente indispensabili.

"Memento mori", amen – ricordati che devi morire, così sia – ci intrigano i teologi. Ma noi volgiamo in gloria l’ammonimento bacchettone, col mediceo canto: "Chi vuol esser lieto, sia, di doman non v'è certezza…oggi siàn, giovani e vecchi, lieti ognun, femmine e maschi".

 

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