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La morale come “giudizio di condanna” è rivolta all’esterno, agli altri. Tende ad ignorare noi stessi, la nostra immoralità

Breviario di politica mite. La morale come “giudizio di condanna” è rivolta all’esterno, agli altri. Tende ad ignorare noi stessi, la nostra immoralità. Per questo vede sempre il male degli altri, e non vede il proprio. Perché in realtà è una manifestazione dell’aggressività, non un vero sentimento morale. Quest’ultimo invece significa entusiasmo, bontà
DAL BLOG
Di Nicola Zoller - 18 aprile 2022

Socialista dal 17° anno d'età, continua a dedicarsi allo studio del pensiero progressista e democratico

"Sopravvivono solo i figli di Caino. Abele, la saggezza biblica ce l’ha detto, è morto. E’ rimasto solo Caino, e noi siamo la sua progenie".

 

Non c’è dunque possibilità di riscatto per l’umanità? Sì - scrive Francesco Alberoni in Valori - ma “non basta sopravvivere a qualsiasi costo, bisogna sopravvivere in un certo modo. Una azione rivolta solo a noi stessi, puramente utilitaria, puramente egoistica, è vuota. Una vita che non è 'dedicata' è priva di senso”.

 

E’ questa la Moralità che può far pendere la bilancia dell’esistenza umana verso il progresso, il quale è sempre in rapporto precario con la violenza, quindi sempre in pericolo, sempre sul punto di svanire, riassorbito dalla furia della lotta cieca.

 

La morale dunque - precisa Alberoni con mitezza filosofica - ha a che fare con l’amore, con ciò che è generoso, altruista, ma anche con ciò che è nobile e ammirevole, con ciò che suscita stima e rispetto, perché ha dignità e forza.

 

Ma per la maggior parte della gente, invece, la morale non significa virtù, bontà, valore, elevazione. Significa sdegno, condanna peccato, rimprovero, punizione. Ecco, li vedete tutti costoro sfilare nel corso della storia cupi, accigliati, collerici, intransigenti che urlano, che accusano, che chiedono giustizia, che esigono punizioni esemplari per i malvagi, per gli iniqui, per i corrotti. Ciascuno prende un sasso per lapidare l’adultera, ciascuno si getta sul reo per linciarlo. Così si tagliano le mani ai ladri, si torturano, si martoriano, si crocifiggono i criminali, si bruciano gli eretici, si spezzano le ossa e si squartano i banditi. Quanta giustizia è stata fatta in questo modo. La storia è stata un succedersi ininterrotto di atti di giustizia.

 

Così nel passato e così in epoca recente nella lotta politica, dichiara Alberoni. Perché tutti vivono il loro avversario come un essere repellente, crudele, spietato. Mentre vivono se stessi come virtuosi e giusti, costretti a difendersi. La lotta politica è praticamente tutta combattuta con accuse di immoralità.

 

Ma perché confondere la morale con la lotta politica? E’ incredibile - aggiunge Alberoni - che la gente non capisca, non voglia capire che quando in un movimento, in un partito politico, il capo, il demagogo urla: “Facciamo giustizia”, di solito non ha nemmeno lontanamente in mente la giustizia morale. Il suo vero scopo è minare la legittimità di chi è al potere per rovesciarlo e prendere il suo posto. La calunnia, la diffamazione, il linciaggio morale, sono stati e sono strumenti abituali di conquista del potere.

 

In tale logica, la morale come “giudizio di condanna” è rivolta all’esterno, agli altri. Tende ad ignorare noi stessi, la nostra immoralità. Per questo essa vede sempre il male degli altri, e non vede il proprio. Perché in realtà non è un sentimento morale, ma una manifestazione dell’aggressività.

 

Il vero autentico sentimento morale - spiega invece Alberoni - comprende simultaneamente sé e l’altro, capisce che la malvagità di quell’azione è una mostruosità del mondo, di tutti, una cosa che facciamo o potremmo compiere noi stessi. Perciò la malvagità dell’altro, che pure resta dell’altro, non ci appare totalmente estranea. Non è la malvagità del nemico. E’ la malvagità dell’esistenza, delle cose, degli uomini, che si materializza in quel punto.

 

Dunque, il presupposto del vero sentimento morale è l’amore. Il comandamento “ama il tuo nemico” non è un comandamento eroico, estremo. E’ il punto di partenza della morale. Essa aspira ad un mondo diverso, ad un mondo armonizzato e conciliato. Tende ad evitare la separazione assoluta tra male e bene, ad evitare il giudizio. Quando si dispiega  - ripete Alberoni - si presenta in forma di entusiasmo, di bontà, di fratellanza. Essa ricorda una armonia originaria poi perduta, e ne ha nostalgia.

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