Il poeta del popolo protagonista anche in Trentino, ecco la storia di Rocco Scotellaro a 100 anni dalla sua nascita
Socialista dal 17° anno d'età, continua a dedicarsi allo studio del pensiero progressista e democratico
Chi era Rocco Scotellaro e perché ne parliamo nella nostra terra alpina? Nacque proprio cent’anni fa, nell’ aprile 1923 a Tricarico in Basilicata da un’umile famiglia: suo padre faceva il calzolaio, la madre la sarta. Era circondato da un mondo contadino assai più povero di quello della nostra regione, sottomesso al caporalato, preda di un atavico analfabetismo.
Rocco riuscì a studiare, a diplomarsi brillantemente al liceo classico, passando per tanti istituti a partire da Matera fino a Roma, Potenza, Tivoli e significativamente a Trento. Capì subito di avere la politica popolare nel suo destino e la poesia nel sangue. Dunque poeta e socialista: infatti si iscrisse giovanissimo al Psi per migliorare le condizioni sociali dei contadini. La sua gente ripose in lui tutta la propria fiducia (molti tenevano appesa nelle case una sua foto assieme a quella dei santi) eleggendolo sindaco a 23 anni nel 1946. Per il saggista Goffredo Fofi "incarnò la speranza di avere intellettuali che, nati nelle classi subalterne, operavano per la loro emancipazione parlando individualmente ma dentro la classe in cui erano nati e cresciuti".
Fece un grande lavoro per la sua terra. Costruì l’ospedale (il terzo della Basilicata), un edificio scolastico e una scuola per adulti, convinto che senza alfabetizzazione non ci potesse essere emancipazione, lottando a fianco dei contadini per la conquista delle terre, un passaggio cruciale in quegli anni. Poi improvvisamente contro di lui si scatenò l’infamia: arrestato con l’accusa di concussione, lasciò la carica di sindaco, ma non si sottomise.
Nei quarantasei giorni di carcere si dedicò all’istruzione dei compagni di cella, leggendo loro il ‘Cristo si è fermato a Eboli ’ del suo mèntore Carlo Levi. Le accuse contro di lui si rivelarono un’ odiosa messa in scena, venne scagionato con formula piena, ma l’avvilimento lo ferì a morte: poco tempo dopo, all’età di soli trent’anni, nel 1953, Rocco Scotellaro morì d’infarto. Gli avversari politici che avevano ordito un castello d’accuse portano questo misfatto sulla loro coscienza. Ha scritto Carlo Vulpio sul “Corriere della Sera” del 29 gennaio 2023 che l’azione di Scotellaro per la distribuzione delle terre e contro l’analfabetismo "gli attirò l’odio di notabili, preti, funzionari e questurini che lo fecero spiare dalla polizia senza mai trovare nulla per screditarlo». Era gente che proveniva dal vecchio regime fascista e che si era travasata nel nuovo ordine democristiano.
Ma per colmo dei colmi ci furono anche personalità del Partito Comunista che non sopportarono l’autonomia di pensiero di Scotellaro. "Giorgio Amendola, Giorgio Napolitano, Mario Alicata, cioè lo stato maggiore del Pci meridionale – precisa Vulpio – attaccarono duramente l’uomo e l’opera; e così, dopo il tribunale dei togati, a Scotellaro toccò di essere giudicato anche da quello dell’ortodossia ideologica, con l’accusa di procedere con difficoltà ad assimilare tutti gli insegnamenti del marxismo''. Insomma il Pci non poteva accettare che ci fosse un amato rappresentante del popolo al di fuori del proprio ruolo egemonico sulla sinistra.
Ma ora dobbiamo ritornare a quanto accennavamo all’inizio: oltre all’impegno politico, Scotellaro aveva la poesia nel sangue e le sue qualità letterarie furono apprezzate oltre che da Carlo Levi, anche da Adriano Olivetti, Luchino Visconti, Manlio Rossi Doria, Umberto Saba, Italo Calvino. Ancora Fofi lo segnala come «un vero poeta che scrisse versi che sono restati a volte proverbiali: ''Io sono un filo d’erba/ un filo d’erba che trema./ E la mia Patria è dove l’erba trema./ Un alito può trapiantare/ il mio seme lontano''».
Compose più di cento poesie, ma scrisse anche un’opera teatrale, ‘Giovani soli’. «Sentirsi soli è come essere faccia a faccia con la morte» scandisce Scotellaro. Occorre "comprendere di essere parte attiva della realtà, abbandonando qualunque tipo di alienazione». È un incitamento all’azione, una grande carica di speranza animava il giovane Scotellaro non ancora ventenne. Dalla nostra Regione, ci è caro far sapere che quest’opera teatrale fu concepita durante la sua permanenza a Trento.