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Era considerato la ''pecora nera'' della famiglia: intelligente, ben informato, "non c’era campo in cui non fosse ferratissimo'' ma non riusciva a trasformare in denaro le qualità reali

I suoi parenti in verità sapevano - avendolo provato sulla loro pelle – che era sempre alla ricerca di prestiti e "la sua qualità peggiore era che qualche volta restituiva il denaro" per poi tornare "due giorni dopo per chiedere una somma un po’ più alta di quella che aveva restituito"
DAL BLOG
Di Nicola Zoller - 19 aprile 2021

Socialista dal 17° anno d'età, continua a dedicarsi allo studio del pensiero progressista e democratico

Commento e interpretazione del libro di Heinrich Böll, Racconti umoristici e satirici, Bompiani, Milano, 2016. C’era uno zio considerato la "pecora nera" della famiglia: intelligente, ben informato, "non c’era campo in cui non fosse ferratissimo: sociologia, economia, musica, architettura, tutto". Eppure nella vita non aveva avuto fortuna, si era arrabattato tra un espediente e l’altro: resta comunque un segreto come abbia potuto vivere "fino a sessant’anni senza avere quello che noi siamo abituati a chiamare una vera professione".

 

I suoi parenti in verità sapevano - avendolo provato sulla loro pelle – che era sempre alla ricerca di prestiti e "la sua qualità peggiore era che qualche volta restituiva il denaro" per poi tornare "due giorni dopo per chiedere una somma un po’ più alta di quella che aveva restituito".

 

Morì improvvisamente finendo in un incidente sotto un camion. Gli trovarono in tasca 24.000 marchi in contanti con la ricevuta di una lotteria. Nella sua camera disadorna fu trovato l’elenco di tutti i suoi creditori - per importi che raggiungevano i 15.000 marchi - e un testamento in cui nominava erede un suo nipote che gli pareva potesse assumere le vesti di "pecora nera".

 

E questi, venuto in possesso della cifra residua di circa 10.000 marchi, si mise speditamente sulla via dello zio con progetti mai compiuti, dispendiosi e forieri di debiti. In una cosa però si differenziò dallo zio: accettò un lavoro da piccolo impiegato per assicurarsi "una volta, almeno una volta, un pagamento sicuro per un determinato lavoro".

 

Era ormai rassegnato ad accettare questo stato mediocre, quello che contrassegna la vita delle 'pecore nere', così descritto in prima persona: "non riusciamo a trasformare in denaro le nostre qualità reali: o come si dice oggi, a sfruttarle economicamente". Dicevo che c’era tanta rassegnazione, quando capitò la fortuna improvvisa: una vincita alla lotteria di 50.000 marchi.

 

Si licenziò, pagò i debiti, e gli restarono 30.000 marchi "liberi da tasse". Ora, pur sembrando chiaro che non debba morir subito, risulta molto ricercato dai nipoti: gli resta da indagare chi possa succedergli, per non interrompere la catena genetica delle 'pecore nere' della sua larga famiglia con tutti i "bimbi graziosi e fiorenti" messi al mondo dai suoi fratelli e sorelle.

 

Comunque in caso di dubbio potrà sempre accontentarsi di nominare tra gli eredi uno qualsiasi di noi, che non siamo secondi ad altri nell’incapacità di "trasformare in denaro le nostre qualità reali".

 

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