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I ''no che aiutano a crescere'' e la politica che è meglio resti fuori dalla scuola: bene ha fatto la dirigente del Da Vinci a far saltare il ''caos'' di fine anno

DAL BLOG
Di Luca Pianesi - 09 giugno 2023

Direttore de il Dolomiti

"I no che aiutano a crescere" è un libro fondamentale di Asha Phillip che insegna quanto sia importante in un percorso educativo e di crescita (dall'infanzia all'adolescenza) il concetto che ruota attorno al ''no''.

 

''La politica deve stare fuori dalla scuola'' è una di quelle frasacce, invece, che sentiamo ripetere quasi quotidianamente da politici di casa nostra e nazionali per ''bacchettare'' insegnanti o dirigenti scolastici che fanno quello che sarebbe più importante fare oggi a scuola (va bene imparare a contare, il latino, la fisica ma anche saper leggere la complessità del mondo è oggi cruciale in un mondo molto più complesso di quello dei genitori di questi ragazzi) per la crescita degli studenti in quanto uomini e donne, in quanto cittadini: dar loro le competenze per leggere la realtà che li circonda e quindi anche (e soprattutto) le competenze per capire la politica. D'altronde se si vota dai 18 anni in su, con il raggiungimento della maggiore età quindi più o meno a ridosso dell'ultimo anno di superiori, bisognerà pure che raggiunti questi benedetti 18 anni i giovani abbiano le capacità di scegliere ''informati'', abbiano le competenze per capire chi sta loro mentendo o chi è più serio, avere una rudimentale coscienza politica che li spinga a interessarsi di quello che regolerà le loro vite per sempre.

 

E allora ben venga un prof di sinistra o di destra o di centro che spiega ai suoi ragazzi cosa vuol dire essere di sinistra o di destra o di centro, scatenando in alcuni la voglia di diventare come lui e leggere e approfondire quanto sottopone loro e in altri provochi repulsione e rigetto spingendoli, invece, a dibattere, opporsi, costruirsi un'opinione contraria capace di confutare quanto sostiene. Libertà di ragionamento e di confronto, col sorriso e l'impegno ad informarsi sempre di più con l'unico limite insuperabile che deve essere quello dell'imposizione. Un'idea politica non si può e non si deve imporre. Ma proporre sì, nel rispetto delle diversità e del dibattito democratico.

 

In queste ore, però, la politica è entrata nelle scuole, anzi in una scuola e questo effettivamente non si deve fare. Questo è l'unico caso in cui la frasaccia ''la politica deve stare fuori dalla scuola'' assume senso. Da destra a sinistra tutti si sono scagliati in queste ore contro la decisione della dirigente scolastica del Liceo Scientifico Da Vinci di non far fare l'ultimo giorno di scuola agli studenti (ma di farlo in Dad) dopo gli eccessi dello scorso anno. La festa di fine anno scolastico l'anno scorso era stata assolutamente demenziale con petardi, alcol e via Madruzzo bloccata. Uno studio medico era stato costretto a chiudere e una donna in gravidanza si era trovata in difficoltà (QUI L'ARTICOLO).

 

Quest'anno è arrivato un ''no che aiuta a crescere'' niente di grave, come capita a quelle classi che non si meritano la gita scolastica l'anno successivo o come quando quando qualche anno fa dopo fatti di violenza a margine dei tornei di calcio tra istituti si era deciso di sospenderli per qualche tempo. Non tutto è dovuto e questi minuscoli ''no'' aiutano a ricordarlo. Perché diciamolo, è un provvedimento davvero dall'impatto minimo: i giovani si riuniranno mezzora dopo altrove o si divertiranno finita la Dad andando alle feste già fissate da giorni. Quindi è un ''no'' simbolico, giustamente istituzionale. E diciamolo fanno ridere quei politici di destra, centro e sinistra locali che in queste ore parlano di mancata socializzazione o occasione persa per i poveri giovani che vengono dagli anni del Covid e quindi da tanti incontri mancati. Cosa centra? Mah.

 

''La politica deve stare fuori dalla scuola'': in questo caso è proprio vero. Ma forse sarebbe meglio dire: ''I politici stiano fuori dalla scuola''. Si lasci alla dirigente scolastica la libertà di fare il suo lavoro, di non trovarsi nella condizione di dover rispondere di atti di vero teppismo (era stato così l'anno scorso con tanto di denunce) in qualche modo avallati indirettamente dalla scuola perché compiuti al termine della stessa e a due passi dall'istituto e di trasmettere un ''no'' che aiuta a crescere e non toglie nulla, invece, alla crescita dei ragazzi e delle ragazze.

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