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Quella volta che il mito Peter Habeler mi staccò di 15 minuti, a panza piena, su 600 metri di dislivello

Qualche anno fa ho avuto la fortuna di seguire la leggenda vivente del mondo alpinistico austriaco, nella presentazione del suo “Peter Habeler Trekking Runde”, un tour in alta quota in due varianti dai 3 ai 4 giorni che si snoda in Zillertal, e che si affaccia pure ai confini italiani in alta Val di Vizze e in Val Aurina sopra Brunico. Ecco come è andata
DAL BLOG
Di Lou Arranca (Alias Ivo Cestari) - 29 gennaio 2018

Rapito dalla Montagna anni fa, pratica escursionismo, percorre vie ferrate e frequenta qualche falesia e palestra di roccia. 

In attesa di effettuare un’altra bella escursione con i due fidi pards Nick Ravannah e Max Sgrebençao e si abbassi il livello di rischio valanghe, questa volta voglio raccontare di come iniziò la mia passione per questi brevi ma spero insoliti racconti di montagna. Un inizio giocato sul filo degli equivoci che mi vide complice di un caro amico giornalista che non aveva voglia di andare da solo ad un press trip. Cosa sono i press trip? Sono degli inviti rivolti a giornalisti e fotografi di tutta Europa, più o meno specializzati, per far scoprire e far scrivere di eventi (inaugurazioni, presentazioni, etc,) o di aree turistiche (in questo caso montane/alpine) da rilanciare sulla carta stampata oppure online. Qualche anno fa questo invito era giunto al mio caro amico il quale aveva felicemente pensato di estendere l’occasione di una “tre giorni” di camminate nelle Alpi austriache al sottoscritto. 

 

 

Si trattava di seguire la leggenda vivente del mondo alpinistico austriaco Peter Habeler, nella presentazione del suo “Peter Habeler Trekking Runde”, un tour in alta quota in due varianti dai 3 ai 4 giorni che si snoda in Zillertal, e che si affaccia pure ai confini italiani in alta Val di Vizze e in Val Aurina sopra Brunico.

 

Chi è Peter Habeler? In Austria è una vero mito e considerando che l’alpinismo è lo sport nazionale, è un personaggio noto come qui in Italia lo potrebbe essere un Gigi Riva o un Roberto Baggio o chi preferite voi nel mondo del calcio. Nel 1974, insieme ad un “tipetto” come Reinhold Messner, si fece conoscere nel mondo dell’alpinismo mondiale conquistando la terribile Nord dell’Eiger in poche ore.

 

Un exploit senza precedenti che diede il via ad un sodalizio epico: Habeler e Messner entrarono nella leggenda 4 anni dopo, conquistando, primi uomini al mondo, l’Everest senza maschera e senza ossigeno. La rivoluzione che scatenarono aveva al centro un concetto semplice: portare sugli Ottomila, la filosofia delle ascensioni in stile alpino, privilegiando la velocità di salita, frutto anche di una perfetta preparazione atletica. Dopo di loro, le gigantesche spedizioni di inizio secolo, lasciarono il campo ad alpinisti che si muovevano con leggerezza e determinazione. Ma i primi furono proprio loro due. Messner proseguì poi fino a diventare il primo al mondo a completare tutti gli Ottomila della Terra. Habeler si fermò ai primi 5. Poi il sodalizio si sciolse, ma lo scalatore austriaco continuò a vivere di montagna, di scalate e di trekking. Le sue imprese più rilevanti sono state, oltre alle due citate, la Nord del Cervino, il Pilastro Freney ed il Grand Pilier d’Angle nel Massiccio del Monte Bianco, lo Yerupaia (6660 m) nelle Ande, Il Monte McKinley (6193 m) in Alaska, la parete Sud Ovest de El Capitan nello Yosemite National Park in USA, e tra gli “ottomila”, il Cho Oyu (8201 m), il Nanga Parbat (8125 m) e il Kanchenjunga (8586 m): insomma, robetta!!

 

“Camminare - mi disse tra una birra e l’altra - è per me la misura di tutte le cose: è rilassante, meditativo, rispettoso dell’ambiente. Ci mette in connessione con la natura e ci riporta alle origini”. Quando lo incontrai, nel 2013, aveva 71 anni. Qualche anno dopo, a 74 anni, è risalito sulla Nord dell’Eiger con il forte David Lama. Oggi a 76 anni è in prima linea nella formazione dei giovani professionisti della montagna, membro delle guide alpine e della scuola di sci locale, docente formatore, e per tutti, in Zillertal, è semplicemente il “professore di montagna”.

 

Ma torniamo alla rocambolesca occasione di passare tre giorni con questo mitico personaggio. Praticamente, l’amico giornalista mi invitò a spacciarmi per fotografo professionista in modo da accompagnarlo in questo tour in Zillertal con Habeler a far da guida e con un’altra decina di giornalisti da tutta Europa tra gli invitati. Il mio primo pensiero fu: “Azz….ma io non ho nemmeno uno straccio di macchina fotografica se non un’umile “bridge” da turista della domenica a bassa definizione!”. “Non preoccuparti! Vedrai che te la caverai benissimo! Dimostra sicurezza e racconta che preferivi stare “leggero” come attrezzatura professionale!” disse l’amico. Grazie ad alcune defezioni di altri giornalisti, venimmo incredibilmente accreditati al press trip (incredibile per me, almeno!) e ci preparammo per questo trekking di alta quota, con tappe da 5/6 ore con zaini pesantoni e notti in rifugio. Ma ad una settimana esatta dalla partenza, ecco il dramma! Un “colpo della strega” vigliacco mise fuori uso il mio caro amico giornalista, e di conseguenza pensai che anche per me questa occasione unica sarebbe sfumata.

 

Ma che’tte frega! Vai da solo, fai le foto, scrivi l’articolo, cammini e ti diverti pure. Don’t worry! Il tour è condotto in lingua inglese e vedrai che saprai arrangiarti!”. “Seeee! A posto! Il mio inglese è molto arrugginito. Farò una figuraccia e scopriranno subito che sono un infiltrato. Mi cacceranno dall’Austria e Habeler mi prenderà a sberle!”. Qualche giorno dopo ero in viaggio sulla mia Rifattona alla volta di Mayrhofen in Zillertal, pronto ad affrontare il toro per le corna: o la va o la spacca! Per farla breve, grazie ad un inglese arzigogolato ma efficace, legai subito con i “colleghi” specialmente quello polacco e quello francese, facendo la parte dell’italiano “socievole”. Anche gli organizzatori sorvolarono sulla mia apparecchiatura fotografica e mi spacciai addirittura per un assiduo collaboratore di giornali e riviste specializzate. Non si spiegavano però come potessi essere contemporaneamente architetto, insegnante e musicista. Probabilmente avranno pensato ad una disturbata personalità multipla.....

 

 

La mattina successiva, alla partenza del Tour da Ginzling, sopra Mayrhofen, finalmente mi incontrai con il grande Peter Habeler: un atletico e minuto settantenne, allegro e chiacchierone che ci mise subito in riga per affrontare la salita dapprima verso il rifugio Friesenberghaus (2498 m) e successivamente verso l’Olperer Hutte (2388m), nei cui paraggi una piccola falesia porta una via 6b a me dedicata e che dovrebbe chiamarsi “P.Ivo” (aperta dal forte climber/giornalista polacco J. Trzemzalski).

 

 

E qui, dopo aver tracannato vari ettolitri di birra, ecco la vera anima del grande alpinista: un buontempone che in compagnia dell’amico Reinhold, quando si trattava di scalare in cordata con qualche alpinista italiana (di cui purtroppo non ricordo i nomi), discuteva animatamente per decidere chi doveva stare secondo o terzo per potere godere del “miglior panorama”. A costo di rischiare un po' la pelle, ma a volte ne valeva la pena, facevano di tutto per osservare da sotto le movenze aggraziate e feline della compagna di turno sfatando così il mito del rude uomo di montagna che in testa ha solo la vetta.

Anche il giorno successivo, Habeler mi stupì per i suoi colpi di testa e per la sua simpatia: arrivati dopo 5 ore di cammino verso il Rifugio Passo di Vizze /Pfitscherjochhaus (2246 m) all’ora di pranzo, pareva che la giornata fosse finita e che ci rimanesse solo il tempo per una buona scorpacciata di delizie tirolesi. Il Rifugio si trova esattamente sul confine italoaustriaco e permette di godere di panorami eccezionali.

 

 

Dopo aver mangiato come impenitenti crapuloni, il Grande Vecchio si alzò in piedi e disse: “E ora tutti a smaltire le gozzoviglie sulla Croda Rossa!”. Ok, non sarà la più alta delle cime della zona, è vicino al Gran Pilastro, ma con i suoi 2897 metri da affrontare a panza piena, vi posso assicurare che non è stato il massimo! Peter Habeler con i suoi 20 anni in più, giunse in cima almeno 15 minuti prima di me (sono circa 600 metri di dislivello), ma alla fine mi abbracciò con un bel “Bergheil!”, facendomi sentire molto meglio.

 

La sera, tornati a tavola per sentirlo raccontare qualcuna delle sue innumerevoli avventure sulle più alte montagne del mondo, gli chiesi se ci fosse stata una volta in cui aveva pensato veramente di lasciarci le penne. Ebbene, quella volta fu sulle montagne di casa attorno ai Mayrhofen, quando con altri turisti e un paio di altre guide locali, stava scendendo da un ghiacciaio. Nella sua cordata di 4 persone, c’era una signora decisamente “voluminosa” che non trovò di meglio da fare che incespicare nei ramponi e trascinare con il suo quintale e rotti tutta la cordata, Habeler compreso.

 

 

Scivolarono per parecchi metri sul ghiaccio e in quel momento vide la sua vita passare davanti agli occhi. Per fortuna la sua vita fu abbastanza lunga da rivedere, e così ebbe il tempo di affondare finalmente la sua picozza nella neve dura e di bloccare con un gran strappo e gran fatica, la pericolosa discesa agli inferi senza infortuni seri. Recuperata la signora grazie anche all’aiuto degli altri due alpinisti, giurò a se stesso che da allora in avanti avrebbe garbatamente controllato il peso dei turisti da accompagnare sui ghiacciai....e ancora oggi a quasi 80 anni si diverte a scorazzare felice sulle sue montagne a oltre 3000 metri.

 

 

P.s. Un paio di foto utilizzate sono del mio caro amico e fotografo francese Eric Delaperriere, per il quale raccomando una visita alla sua pagina professionale che potete raggiungere da qui: https://www.facebook.com/Eric-Delaperriere-Itinerances-photographiques-148282331944237/

 

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