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Obiettivo Lago Erdemolo, quando il giardino di casa si trasforma in un mondo sconosciuto

Sorpresi da una fitta nevicata e spiazzati da quelle precedenti io e il fido Nick Ravannah siamo rimasti bloccati in un mondo parallelo. Doveva essere una passeggiatina per riprendere la gamba: si è trasformata in una sfida all'Himalaya
DAL BLOG
Di Lou Arranca (Alias Ivo Cestari) - 26 dicembre 2017

Rapito dalla Montagna anni fa, pratica escursionismo, percorre vie ferrate e frequenta qualche falesia e palestra di roccia. 

A volte può capitare che inaspettatamente torniamo bambini, e con un briciolo di fantasia pare di vivere avventure entusiasmanti al limite delle “possibilità umane” nel giardino di casa. Una cosa del genere mi è capitata un paio di settimane fa con il compagno di 1000 avventure, Nick Ravannah, in quella che doveva essere una “passeggiatina giusto per riprendere la gamba” al suo ritorno da un viaggio in India.

 

Riassorbito il jetlag, cambiati i vestiti, pulita la casa e sistemata la figliolanza, finalmente eravamo pronti per una cosetta leggera, vicina alla città per non alzarsi troppo presto e sorbirsi chilometrate alpine. “...e allora andiamo in Val dei Mocheni: saliamo al rifugio Sette Selle, ci facciamo una birretta, svalichiamo la sella Hoamonder e proseguiamo tranquilli (!) verso la Cima Sasso Rosso. Da li “in qualche modo” scendiamo al Lago Erdemolo, e torniamo al parcheggio dei Tassaineri”. In estate è una semplice e piacevole sgambata a pochi chilometri da Trento in una delle zone più conosciute e frequentate dagli scarpinatori montani e che non presenta alcuna difficoltà se non un po' di attenzione sulle pietraie dopo la sella Hoamonder.

 

In inverno però le cose cambiano...

 

Lasciamo illegalmente la simpatica vetturetta rossa di Nick al parcheggio, evitando come al solito di pagare per un’insana voglia di trasgressione, abbandoniamo le ciaspole nuove di pacca nel baule, così come i ramponcelli (Nick) e le ghette (io) e ci avventuriamo in quello che da lì a poco sarebbe diventato un salto nel mondo parallelo (2Q17). Infatti, fino al Rifugio Sette Selle la salita è piacevole e affrontabile con i soli scarponi che fanno presa sulla neve vecchia e dura, senza bisogno di ammenicoli puntuti.

 


 

Al rifugio ci concediamo un tea caldo e osserviamo, ahimè, il cielo sempre più infido, minaccioso e plumbeo. Si alza anche una “brezza” gelida da nord. Avvisiamo il gestore che la nostra metà sarà il Sasso Rosso e da lì chiuderemo l’anello scendendo dalla parte del Lago di Erdemolo. Sornione, il gestore ci dice che già altri due nei giorni precedenti ci avevano provato, ma erano tornati indietro....con le pive nel sacco. “Figuriamoci! Non abbiamo nemmeno preso i soldi per fermarci a mangiare in rifugio. Andremo avanti per forza! Vero Lou?

 

Le ultime parole famose di Nick! Infatti, appena girato l’angolo, le nostre zampe cominciano ad affondare nella neve fino alle ginocchia. Pare che tutta la neve si sia spostata lì dietro a causa del vento, ma “a noi non ci fermerà certo un po' di nevischio!”

 


 

Cominciano le rampe, le serpentine.....Il vento e la temperatura si impegnano a romperci gli zebedei, riuscendoci. Indossiamo l’indossabile che abbiamo negli zaini e....arranchiamo! Esiste una frase in codice tra me e Nick quando cominciamo a sentire le difficoltà ma non vogliamo farlo capire agli altri che eventualmente si aggiungono a noi. Un po' come nei club sadomaso quando si sta oltrepassando il limite, e non basta dire “Nooo! Basta! Mi stai facendo male!”. La frase è: “Impegnativo, eh?”, detta con un sorrisolino ebete che sottende un terrore montante. Infatti il gelo è assurdo, il vento toglie il cappuccio, cominciano a nevicare granelli di ghiaccio e il sentiero è completamente coperto di neve che ci fa affondare a volte fino alle anche. Non abbiamo ramponi nè picozze, per il semplice fatto che “volevamo fare solo un passeggiatina”.

 


Siamo nel mondo parallelo: l’ambiente è diventato himalayano, gli yeti ci tirano i sassi, gli occhiali dal sole di Nick gli fanno percepire la scomparsa dell’astro principale del nostro cielo. I miei per fortuna sono con le lenti gialle e sono convinto, ormai delirante, che splenda il sole.

 


 

Con eccessiva fatica e qualche piccolo rischio sui costoni gelidi, arriviamo alla sella Hoamonder. Riusciamo a fare qualche scatto, ma stare senza guanti è impossibile. Voglio cambiare la giacca a vento per indossare, sotto, un piumino e quindi mi spoglio parzialmente. Sono 16 gradi sottozero e tira il vento. Vengo fulminato da raffiche che mi impediscono di infilare le maniche e penso di essere sotto la vetta del K2 e di fare una solenne cazzata. Armeggio, bestemmio, maledico Eolo, mentre Nick gira i tacchi e scende. Accenniamo al fatto che potremmo andare verso la Sella Cagnon dove forse tira meno vento: “Che facciamo? Si torna senza nemmeno una cima in saccoccia?”.

 


 

Passo davanti seguendo le esili tracce ormai cancellate dal vento fino ad un bivio. Parlo a Nick convinto che sia dietro di me. Gli chiedo se tirare diritto e arrivare al Passo Cagnon, ma non arriva nessuna risposta. Mi aspetto una pacca sulla spalla. Niente. Mi giro ed è scomparso! Guardo verso valle e vedo ormai una sagoma scura in basso che si aggira tra le scure rocce affioranti. Ahhhh! Il giovinastro batte in ritirata! In effetti ha solo un leggero guscio tecnico che più di tanto non può fare contro la furia degli elementi. A balzi nelle neve, con la stessa che mi penetra negli scarponi (non ho le ghette...) riguadagnamo il rifugio, ma poiché siamo senza soldi, avvisiamo solo che non abbiamo proseguito verso la nostra meta e che torneremo al parcheggio. Siamo fuori dalla realtà parallela e siamo rientrati in quella ordinaria. L’Himalaya è alle nostre spalle!

 


 

Alle 14 siamo già alla alla rossa vetturetta con lo zaino ancora più pesante (le famose pive nel sacco). Nevica copiosamente e abbiamo fatto una faticaccia senza aver raggiunto nulla e quindi butto lì una frase innocente: “E se andassimo sotto la neve fino alla miniera verso il Lago di Erdemolo?”. Una luce sinistra illumina lo sguardo di Nick Ravannah assieme ad un ghigno poco rassicurante. Si infila il cappuccio e parte! Lo seguo per oltre un’ora senza riuscire a scattare una foto né a parlargli. Capisco che nella sua mente si è autoinstallata la parola “Lago di Erdemolo” e a me non resta altro che seguire la sua traccia nella neve fresca.

 


 

Giunti al bivacco invernale finalmente mangiamo i nostri panini, frutta secca e cioccolata fondente, annaffiati da un ottimo tea caldo d’annata. Il sorriso è ricomparso sul volto dell’amico e pure io sono felice per non essere morto nel seguirlo. Ora il problema è la sera incombente, ma per ogni evenienza abbiamo le frontaline a portata di mano e facciamo una lunga corsa nella neve fino alla macchina che anche per questa volta è priva di multe e sanzioni varie. Risultato finale della “passeggiatina”: 7 ore e 10 minuti di escursione (pause comprese), 1730 metri totali di dislivello per 16 ,4 km.

 


 

Per pudore non do le indicazioni su come raggiungere i luoghi teatro di questa passeggiata nel 2Q17 (non è un errore ma una volgare citazione modificata di un romanzo di Murakami: 1Q84), perché doveva essere veramente una sortita nel giardino di casa a 20 km di distanza, e tutti i lettori conoscono, almeno per sentito dire, la zona. Ma si sa, a volte con la fantasia il giardino diventa un mondo sconosciuto.

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