Bondone, laboratorio sperimentale per un turismo diverso? Allora no al bacino d'innevamento e alla funivia e investiamo sulla montagna
Rapito dalla Montagna anni fa, pratica escursionismo, percorre vie ferrate e frequenta qualche falesia e palestra di roccia.
Prendo spunto dalla recente dichiarazione dell’assessora del Comune di Trento, Elisabetta Bozzarelli, per intravvedere un positivo ma ancor timido segnale di apertura verso un diverso uso della montagna di Trento rispetto alla monocultura dello sci alpino. Le attività ludiche e sportive che si possono svolgere in montagna sono per fortuna moltissime altre: trekking; sci nordico, ciaspole, scialpinismo, arrampicata, cicloalpinismo, ciclismo e pure pattinaggio e sleddog. Tutte quelle attività che non hanno bisogno di impianti di risalita.
Sarebbe tempo ormai che il Bondone diventasse un laboratorio sperimentale per un turismo diverso da quello ormai decotto che ha caratterizzato gli ultimi 70 anni. Questo infatti non potrà in futuro sopravvivere ai cambiamenti climatici in atto se non a costi pubblici esorbitanti. Il dibattito pubblico sull’argomento è ormai popolare e divisivo soprattutto nelle valli alpine che hanno legato il proprio Pil al turismo di massa monotematico. Se il clima sempre più mite e secco in inverno non basta più a mettere in crisi questo sistema turistico inattuale, basterà d’ora in avanti un piccolo ma nocivo virus a far saltare tutto il ciclo di investimenti economici e conseguenti profitti anche nell’indotto turistico. Una “catastrofe” più o meno annunciata alla quale pateticamente si risponde con annunciate e poi annullate aperture della stagione sciistica, sempre più posticipate e in difficoltoso concerto con tutte le regioni dell’arco alpino all’insegna del “si salvi chi può”.
Ma veniamo alle note dolenti della dichiarazione della assessora Bozzarelli: il bacino per l’innevamento artificiale e il collegamento funiviario con il Bondone. Insistere sul bacino di innevamento artificiale, che sia alle Viote o da altre parti, è decisamente deleterio. In primo luogo perché è esclusivamente in funzione dello sci alpino, ormai non più sport di massa ma sempre più socialmente elitario e ampiamente drogato da contributi pubblici in termini di promozione turistica e copertura dei bilanci passivi delle società funiviarie. In secondo luogo per le notevoli risorse energetiche e ambientali che vengono sottratte all’ambiente: scavi, canalizzazioni, disboscamento, pompaggio di acqua dal fondovalle a causa della natura carsica del Bondone e a discapito del torrente Vela, già di suo scarso nella portata e insufficiente per gli scopi irrigui, con relativo consumo energetico ed infine peggioramento estetico del paesaggio.
Confermare poi il collegamento funiviario con Trento, è decisamente contraddittorio rispetto all’apertura verso le nuove attività alternative allo sci. Come più volte riportato, la spesa per l’impianto e i tempi per la realizzazione sono decisamente spropositati per il ritorno economico e anche ambientale. L’impatto che ne deriverebbe è la classica azione di “greenwashing” (ammantare di ideologia “verde” un’azione da cementificatori) per una operazione devastante e inutile che il Comune dovrebbe invece abbandonare.
Le ragioni per farlo sono moltissime: per riassumerle si possono citare l’assenza di centri abitati da servire quotidianamente, l’abbandono attuale di molte delle strutture ricettive, la distanza delle stazioni intermedie dai pochi centri mai stabilmente abitati (vedi Candriai), la presenza di 4 vie di accesso stradali non più affollate come 30 anni fa, il convogliamento delle macchine in un unico parcheggio a Piedicastello, i costi di gestione (2 milioni all’anno oltre ai 65 di realizzazione), i costi di utilizzo per gli utenti (residenti o no la Provincia dovrebbe comunque intervenire per garantire gli introiti per il pareggio raggiungibile solo con circa 2000 persone al giorno per tutti i giorni dell’anno, per anni e anni). Dati ricavabili questi dall’Agenda Strategica per il Bondone 2035 elaborata dal Comune di Trento e che mostra 4 possibili scenari per il futuro della montagna di Trento, tra cui non si esclude fortunatamente, la rinaturalizzazione, per quanto rivoluzionaria e di lungimirante prospettiva, anche per una diversa fruizione turistica.
Mi permetto di consigliare quindi all’assessora Bozzarelli una diversa strategia: lasciar perdere bacini e funivie, smantellare i vecchi e obsoleti impianti, puntare su un turismo diverso (si valutino alcuni aspetti positivi dell’esempio di Dobratsch in Carinzia) e alternativo allo sci alpino, facilitare un passaggio dell’indotto alberghiero e commerciale alle nuove attività, riprogettare percorsi tematici e mantenere sentieri, ristrutturare malghe, la loro primaria funzione e favorire le attività compatibili con esse, rilanciare le caserme delle Viote come laboratorio di ricerca satellite del Muse, accogliente verso studenti universitari e delle superiori per seminari scientifici e ambientali.
Ma soprattutto investire i soldi risparmiati sulla funivia per rilanciare invece la funivia di Sardagna aumentandone capacità e frequenza, recuperare come struttura ricettiva l’ex albrego Panorama ora ridotto a fantasma muto che veglia sulla città, insediare un piccolo capolinea di navette a trazione elettrica o alternativa per il Bondone attraverso la vecchia strada resa a senso unico fino al bivio per Sopramonte, con corse frequenti in base alla stagione. Il sistema della viabilità pubblica si può rivoluzionare anche per parti ma radicalmente: monopattini elettrici e box per biciclette sono “carini”, ma restano solo “idee carine” che non apportano cambiamenti reali nelle abitudini.
E quindi i parcheggi delle aree Zuffo, Ex Sit e MonteBaldo devono essere serviti da molte più corse su mezzi il meno inquinanti possibili. E queste navette dovrebbero prolungare le corse fino ai parcheggi di Trento Nord e Trento Sud.
Un tunnel pedonale potrebbe servire una nuova stazione di partenza della funivia per Sardagna, così come l’uscita Trento Centro potrebbe “scaricare” il traffico veicolare in uscita esclusivamente verso il Parcheggio Zuffo con una bretella esclusiva e dedicata che non interferisca con la rotatoria adiacente. E, cosa ancora più importante, questo sistema di trasporto pubblico per il Bondone, dovrebbe essere interamente gratuito o a prezzo simbolico. I bilanci provinciali così generosi verso cadaveri eccellenti come gli impianti funiviari esistenti (Bolbeno, Folgaria, Bondone) e proposti (Rovereto-Folgaria e Riva-Val di Ledro), potrebbero garantire, in alternativa a questi sprechi, un vero servizio pubblico gratuito per decenni.