Violenza è anche ridere a una battuta sessista: i se e i ma che non vogliamo più sentire non per appartenenza di genere ma per umanità
Amo raccontare frammenti di vita e tutto ciò che lascia un segno
Un pugno nello stomaco. Donna violentata. Un'altra sferzata. Donna maltrattata. Un altro colpo. Donna offesa. Basta. Ma basta davvero. Che di parole se ne dicono anche troppe. Ci vengono pure bene, magari. E poi? Siamo una forza, noi donne. Se ci mettiamo insieme, riusciamo a tirare fuori la nostra parte migliore. Senza litigi. Senza gelosie.
Perché quel pugno nello stomaco lo sente ognuna di noi. Perché la nausea che ti prende di fronte a certe parole non è solo mia. Tutti i se e i ma che vengono messi in campo mi fanno inorridire: se non avesse fatto credere che...; se fosse stata vestita diversamente...; ma non è la prima volta, quindi...; ma in fondo lei ci vuole stare...; ma lui viveva una situazione particolare...; se le ferite fossero più evidenti...; ma lei lo ha fatto talmente arrabbiare...; se nella sua cultura si usa così....
Mi fermo qui. Non reggo i se e i ma. Alla violenza non esistono giustificazioni. E quanto è difficile farlo capire a chi è vittima di violenza, a chi cerca di nascondere quell'occhio nero, a chi prova a cambiare, perché si sente dire tutti i giorni che non vale niente. Il passo è breve. Da vittima puoi diventare accusata. Puoi trovarti davanti ad un interrogatorio. Puoi sentirti senza fiato, mentre i se e i ma iniziano ad affollare l'aula. Puoi sentirti sola. Ancora più sola. Perché già è lancinante la solitudine che ti si crea attorno. Perché sei tu stessa a non avere la forza di guardare la realtà. Figuriamoci denunciare. Figuriamoci riuscire a chiedere aiuto. Perché di aiuto c'è bisogno. Non vanno lasciate sole, queste donne. Noi donne non dobbiamo lasciarle sole. Voi uomini non dovete lasciarle sole.
Ecco un altro capitolo delle vicende di violenza sulle donne: gli uomini. Non è un capitolo secondario. Non basta isolare il violento e tutto torna a posto. La violenza è anche latente. La violenza è anche la risata ad una battuta sessista. È stare con le braccia incrociate di fronte ad un amico che ti racconta una bella notte di sesso rubata. È accettare come normalità frasi dette in TV, al Grande Fratello piuttosto che a Sanremo. Tanto quella è la TV.
Ma se la violenza la tocchi da vicino, se entra nella tua casa o vicino a te, se riempie le pagine dei giornali, allora è davvero disumano farla passare come se nulla fosse. Tanto sono cose che succedono... A fronte di tutto questo, mi piacerebbe che non fossero solo le cosiddette femministe a metterci la faccia, a fare le manifestazioni, a ballare nei flash mob, ad organizzare e seguire giornate a tema. La condanna della violenza non può avere un colore politico. Non può essere a senso unico.
Non voglio trovarmi a vedere sul giornale la foto di una donna conosciuta, morta senza che io abbia potuto fare qualcosa. Non voglio vederla, nemmeno se non la conosco. Perché le storie di violenza diventano vicine. E ci devono toccare.
Forse, ci toccano di più i volti di donne famose, fotografate con segni di violenza per una campagna pubblicitaria, che quelli anonimi, reali. Accorgersi di chi ci sta accanto, infatti, è ancora più difficile, perché ci chiede con forza di non restare indifferenti. Non per pietismo. Non per appartenenza di genere. Soltanto per umanità.