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L'insultamondo e il dimissionificio. Ma che noia

Zeni (che lui chiama Zani) interroga sulle sue dichiarazioni sugli evasori? Lui minaccia di lasciare. Qualcuno tentenna quando vuole Panizza al "suo" Mart? Lui minaccia di lasciare. Il caffè non è bollente? Lui minaccia di lasciare. Tra greggi di capre e sparate ad alzo zero contro ogni critica il critico replica all'infinito il solito film. E se una volta ci stupisse? Se passasse dai penultimatum ai fatti?
DAL BLOG
Di Carmine Ragozzino - 28 ottobre 2019

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

L’insultamondo sarà anche erudito. Ma quando chiede il suo più peloso e noto insulto, (?),   alla zoologia inciampa – (sì, anche lui, l’infallibile) - nelle lacune della conoscenza. Quel “capra” con cui battezza iracondo chiunque ne contraddica l’ego non sarebbe sinonimo di ignoranza. Così come lui vuol far credere.

 

L’insultamondo si legga, per esempio, le ricerche della Queen Mary University (Wikipedia, 2016). Scoprirà – ovviamente sbattendosene – che le capre sono considerate più intelligenti della media animale. Per una capacità di interazione di cui l’insultamondo difetta. E per una memoria ferrea. Ma l’insultamondo non pare fallace solo in zoologia.

 

Manca un poco anche di fantasia. Se qualcosa o qualcuno gli sconfinfera la macro considerazione di sé, lui replica. Ma lo fa da replicante. Minaccia dimissioni: sempre, comunque, in ogni dove. Si tentenna sull’assegnazione del palazzo delle Albere al Mart, il museo di cui è da non molto illustre presidente? Minaccia di dimettersi. Si tentenna nel nominare l’ex senatore Panizza come segretario-geografo di un museo che è pubblico ma che l’insultamondo considera quasi proprietà privata? Minaccia di dimettersi. Un consigliere provinciale spara a salve, (interrogando), per rispondere alle cannonate dell’insultamondo. Per provocazione (ma davvero?), l’insultamondo promuoveva a patrioti gli evasori fiscali? L'interrogante non capirebbe lo spirito. E come reagisce l’insultamondo all’interrogante? Sbagliando il  cognome ancor prima di reagire da offeso. Da incompreso.

 

Lui, l’insultamondo, fa il critico d’arte. O meglio, coltiva l’arte di una critica utile solo ad alzare l’audience: aizzando. L’insultamondo, a volte, rispolvera una creatività adolescenziale. Asino chi legge? Asino chi scrive. Contro di lui. Sarebbe perfino divertente se non salisse sempre sulla cattedra come l'Aristogitone di Alto Gradimento. Che, almeno, faceva ridere. Lui, l'insultamondo, boccia con ludibrio chiunque osi contestarlo. La pena? Sempre la stessa. E cioè la retrocessione scolastica: “Caro Zani, torna all’asilo”.

 

È un ripetitivo l’insultamondo. Quel “torni a scuola” è uno dei suoi mantra. Lo recita (sì, perché recita tra pochi sussurri e tante grida), con le vene del collo gonfiate fino al rischio emorragico. “Torni a scuola Boldrini, torni a scuola Di Maio”. Tornate a scuola tutti. Tornate a scuola, capre. Un po’ noioso, no?

 

Se poi il vituperando – nella fattispecie il consigliere provinciale – azzarda una reazione di uno spirito del quale per altro non pare davvero avvezzo? Se risponde all’insultamondo segnalandogli - cannando - i percorsi di riabilitazione sanitaria? Beh, l’insultamondo sbrocca. Annuncia sfracelli perfino parlamentari. E, di nuovo, minaccia le dimissioni. Stavolta però lo fa allargando il campo dei coinvolti. Chiama in causa (fuori dai tribunali ma con la minaccia di  querela a portata verbale) anche a chi sta altrove rispetto alla diatriba. L’insultamondo minaccia - di nuovo- di dimettersi se il presidente del consiglio provinciale non si scusa a nome del cognome sbagliato..

 

È un dimissionificio quello dell’insultamondo. Un dimissionificio che non produce fatti. I meglio informati sugli umori dell’umorale - (adirato per mestiere, ma non farà fatica?) - fanno già ipotesi sulle prossime minacce di dimissioni. All’insultamondo porteranno un caffè meno nero ma meno bollente di quanto gli gusta? Minaccerà dimissioni. La pizza non sarà perfettamente cotta? Dimissioni, dimissioni. Qualcuno non capisce (o semplicemente se ne frega), che dopo Leonardo la cultura abbia prodotto un solo genio, lui medesimo? Ecco tornare le capre, un gregge.

 

  Si potrebbe continuare il gioco dell’Io debordante. Ma ci si stuferebbe. Se queste benedette dimissioni l’insultamondo le mettesse in pratica sarebbe credibile. Andrebbe financo elogiato come esempio di coerenza. Per la verità qualche volta l’insultamondo ha abbandonato davvero importanti cariche istituzionali. Gli va dato atto. Ma resta il fatto che tra il suo frequente dire “occhio che vado” e il suo “andare” c’è una rara consequenzialità.

 

Dal dimissionificio dell’insultamondo escono quasi quotidianamente ultimatum. Ma c’è poco da illudersi. Sono troppo spesso dei penultimatum. Si può andare avanti così? Certo che sì. Finché qualcuno abbocca, il divertissement dell’insultamondo regge.

 

Viviamo un’epoca nella quale tra sostanza e capriccio non si distingue la differenza. L’applausometro della ggente comune (volutamente con due g), premia quasi sempre chi la spara più grossa. Che sia da una Tv o dalla poltrona più prestigiosa di un museo. L’insultamondo vanta indubbio curriculum quanto ad istruzione. Ma è più famoso per la distruzione verbale ai danni di chi non si inchina al suo cospetto.

 

Proprio in virtù della sua preparazione, della sua onniscienza, l’insultamondo dovrebbe conoscere anche il rischio della saturazione. Dovrebbe almeno rinverdire la sua certa padronanza di Esopo, quello di “Al lupo, al lupo”. L’insultamondo può insomma continuare all’infinito nella sua minaccia di dimissioni ad ogni fisima, ma nel contempo crescerà l’idea che scherzi. E quando si dimetterà, nessuno se lo filerà.

 

L’insultamondo è tuttavia anche un imprevedibile della prevedibilità. Vuoi vedere che in Trentino – dove si è un po’ meno abituati ai burloni – spiazzerà tutti? Vuoi vedere che se ne andrà davvero? Ma non succederà. Accadrà, più probabilmente, che l’insultamondo minaccerà  altre  le dimissioni. Forse anche per questo innocuo articoletto di un altrettanto innocuo giornalista.

 

E se prima di chiedere le scuse al sottoscritto e a chi lo pubblica dovesse storpiare anche il mio cognome, non si preoccupi. Ci sono abituato. Mi chiamavano Ragazzino o Regazzoni. Quando era in auge come patron di Sanremo mi domandavano se ero parente di Aragozzini. Insomma, non me la prenderei.

 

 Se invece l’insultamondo dovesse cadere anche con me nel rito della capra, non mi offenderò. Ho sempre invidiato alle capre la capacità di inerpicarsi, fregando anche la gravità. E quando mangiano i cardi, mi diverto. Perché a I-cardi io, interista impenitente, resto comunque affezionato. Tuttavia l'insultamondo stia all'occhio quando sbaglia - forse non per caso - i nomi e cognomi cognomi. Qualcuno potrebbe sostituire l'iniziale del suo, di nome. Potrebbe mettere una L al posto della V.

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