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La responsabilità del deficit del Santa Chiara è della Provincia e avrebbe dovuto auto-commissariarsi. Per l'ente finisce un incubo e piazza Dante dovrà cercare un gestore (autolesionista) per l'area

DAL BLOG
Di Carmine Ragozzino - 09 November 2024

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

Commissario. Non è un bel sentire: equivocare è un attimo. Nella vulgata popolare il termine rimanda alle indagini. Le indagini – indipendentemente dagli esiti - rimandano a malefatte economico organizzative. Ha un bel dire la Provincia (l’assessora Gerosa che s’assume l’onere di parlare anche per il silente presidente Fugatti) che la scelta di commissariare il Centro Santa Chiara non è una condanna (senza processo, per di più). Che lo si fa per il suo bene. Chi legge “commissario” (e azzeramento del Cda) non si perde nei sofismi e pensa al losco. Che per quanto riguarda il Santa Chiara non c’è.

 

Il commissario, anzi la commissaria va lì – si assicura - per risanare. Per rilanciare. Per aiutare, insomma. Sarà, e certo accadrà ripianando dopodomani finanze rese ballerine da un’insipienza che non sta dentro il Centro Santa Chiara anche se il Centro Santa Chiara (il suo consiglio di amministrazione) avrebbe dovuto provare a divincolarsi pubblicamente e subito dal capestro chiamato Music Arena. E forse oggi si parlerebbe d’altro.

 

Tuttavia l’unico risanamento possibile in questa vicenda - drammaticamente ridicola - si chiama rinsavimento. Chi deve rinsavire (ma non accadrà) è un presidente di Provincia cui forse va dato il beneficio delle buone intenzioni ma che nel passaggio dalle aspirazioni ai fatti ha deragliato senza ascoltare se non i critici almeno i perplessi senza pregiudizio. 

 

Di qui il pasticciaccio che nell’odierna e maldestra ricerca di capri espiatori si può tranquillamente definire sozzo (come nel film su via Merulana). Andiamo con ordine per quel che si può dentro un marasma. Se Fugatti voleva affrontare il problema antico e irrisolto degli spazi per la “grande musica” in un Trentino obbligato a migrare per fare da pubblico ai big della canzone nazionale e internazionale, beh non lo si poteva certo accusare di follia megalomane. 

 

Il guaio è stato il “come”. Fugatti, decisionista dall’aria pacioccona, è andato per le vie brevi. Anzi brevissime. Scorciatoie con il navigatore in tilt che portano contro un muro.

 

Di qui lo scandalo Vasco che si può sintetizzare così: “Tu vieni, e io ti pago, costi quel che costi”. Oddio, “io” è un modo di dire. A pagare sono state le finanze pubbliche: la Provincia ha sborsato l’inverosimile per un evento che altrove è un “rischio di impresa” a carico dei privati. In Trentino no: il rischio se lo accolla per intero il pubblico. Tutto e anche di più. Il presidente deve aver avuto un’amnesia grave, scordandosi che per i leghisti il libero mercato è un mantra.

 

Incassata la folla per Vasco e sapendo che di Vasco ce n’è uno mentre gran parte degli altri sono un’incognita economica, Fugatti s’è avvitato. Aveva promesso meraviglie, ci aveva messo la faccia e aveva giurato un dopo Vasco da mille e una notte. S’è ritrovato a brancolare in una note fonda di concerti sconcertanti in un’area senza servizi e strutture fisse, che di volta in volta va attrezzata alla bisogna con le casse che inesorabilmente piangono. Avrebbe alzato bandiera bianca anche Re Mida.

 

Nulla di quello che è successo era imprevedibile. Nulla di quello che è successo si poteva evitare se è vero che nella questione “area san Vincenzo” un dignitoso ripensamento dopo il flop dell’estate 2023 Fugatti l’avrebbe vissuto come una sconfitta.

 

 Il Centro Santa Chiara fu esautorato da ogni incarico nell’affaire Vasco. Un affare chi ha incassato i biglietti dei centomila presenti a fronte di spese milionarie a carico della Provincia. Senza alcun rientro e con la barzelletta di un indotto commercial/turistico farlocco. L’anno dopo, il 2023, il Centro Santa Chiara ebbe il ruolo di ufficiale pagatore per conto della Provincia. Dovette pagare le scelte artistiche all’insegna dell’inconsistenza che la Provincia affidò a privati locali “poco avezzi” alla complessità ma pagati, pure loro, a piè di lista.

 

Questi ultimi s’erano illusi che esista un automatismo tra visualizzazioni sui social dei rapper e dei trapper di seconda e terza fila e lo sbigliettamento. Risultato? Altro tonfo, aggravato dalla foglia di fico perfino offensiva della solidarietà e della beneficienza agli alluvionati romagnoli.

 

Nel 2024 toccò, obtorto collo, al Santa Chiara. Doveva provare a togliere la Provincia dalle peste in cui s’era cacciata. Il Santa Chiara è ente funzionale della Provincia. Semplificando non può “esimersi”. O meglio, potrebbe ma al prezzo di dimissioni volontarie del Cda. E così eccoci all’ultima estate di spettacolo in un’Arena che Arena non è e che alle attuali condizioni logistiche non sarà mai. L’estate 2024 ha procurato all’ente un deficit da 2,6 milioni che se si guarda onestamente alle dinamiche vincolanti del mercato musicale uniti alle magagne logistiche dell’area San Vincenzo è paradossalmente perfino più basso di quello che si poteva immaginare.

 

Agganciare artisti di livello (e di attrattività del pubblico) senza poter programmare e “opzionare” e stipulare contratti onerosi almeno un anno prima è impossibile. Si deve ripiegare sulle seconde scelte e le seconde scelte non pagano in termini di pubblico. Se però si è costretti a spendere capitali ogni volta per l’allestimento di un’area senza strutture fisse e senza servizi indispensabili è come se si dovesse organizzare il concerto di Bruce Springsteen o Taylor Swift portando sul palco, però, Pupo. Dunque di che si parla? Si parla, e si riparla, di nozze con i fichi secchi. Ma fichi che sono costati più dei diamanti. 

 

Eccolo il deficit. Un deficit “procurato” da chi, in Provincia, evidentemente crede che il buon senso sia un’onta e che il passo più lungo della gamba non porti mai ad inciampare su sé stessi. Al commissario, insomma, si dovrebbe dare l’indirizzo di piazza Dante.

Oggi, a commissario/a nominato, si è scatenato il coro stonato di chi mette sotto accusa Fugatti ma anche il Santa Chiara con una incapacità di distinzione che stona. E irrita. L’opposizione in Provincia fa il suo mestiere tra interrogazioni, ricorsi ma anche troppe corse ad intestarsi un “noi l’avevamo detto” che in realtà non dice niente. O meglio dice di un’inattitudine rituale. 

 

Si poteva misurare la volontà incrollabile di Fugatti su una proposta piuttosto che sulla sola polemica? Qui si crede di sì. Se il presidente è davvero convinto che l’area San Vincenzo debba servire alla musica e sapendolo restio alle marce indietro, poteva essere una novità metterlo davanti ad un progetto credibile, dimensionato al bacino d’utenza, economicamente sostenibile e magari perfino redditizio per l’utilizzo di quell’area. Ma ognuno fa il proprio mestiere come gli pare. A noi pare che ci si sia opposti con creatività e coraggio rasenti lo zero.

 

Ma c’è di più e c’è pure di peggio. C’è chi si sveglia fuori tempo massimo e dalla poltrona di assessore alla cultura comunale critica solo oggi una Provincia che sulla presunta Arena è accusata di non aver avuto né progetto né strategia. La scoperta dell’acqua calda.

 

Ma dai. Il Comune su cui l’area San Vincenzo insiste anche se di proprietà provinciale, ce l’ha mai avuta un’idea? La vice sindaca che pontifica a scoppio ritardato cosa avrebbe fatto? Come avrebbe fatto? Macché: testa sotto la sabbia aspettando tempi peggiori (per Fugatti). E semmai fosse stata, come pare, contrario al metodo Fugatti com’è che non ha fatto dimettere il suo rappresentante nel Cda del Centro Santa Chiara quando il presidente della Provincia ha obbligato l’ente al harakiri inducendolo a spese inevitabili che non avevano alcuna possibilità di recupero? Brutta storia. Ma storia che non stupisce affatto.

 

E siamo all’oggi. Siamo al commissario/a, alle rassicurazioni poco rassicuranti, alla garanzia che l’attività ordinaria del Santa Chiara non è in forse, al fatto che in tempi brevissimi si dovrà pur dire se e come il Centro potrà far fronte alla programmazione futura. 

Una programmazione che per quanto ha dichiarato l’assessora provinciale alla cultura, Gerosa, non avrà più il nodo scorsoio della Music Arena: sarà affidata a non meglio identificati “altri soggetti”.

 

Alle condizioni date, alle carenze dell’area San Vincenzo che per diventare potenzialità richiedono altri esborsi milionari (si chiamano investimenti, ma seri però) all’assessora Gerosa viene da dare un consiglio: preghi. Chissà, può essere che nel campo imprenditoriale esista chi considera quisquilie l’autolesionismo ed il bilancio in rosso.

 

In ogni caso il Centro Santa Chiara liberato da una grana chiamata Arena è una buona notizia per l’ente, per il Consiglio di amministrazione che verrà tra sei mesi e che si spera sia fatto di appassionati competenti, dotati di coraggio (anche a piccole dosi) e di consapevolezza del ruolo. Capaci - se serve - di un minimo di “cazzimma” nelle interlocuzioni con la Provincia e con i Comuni di Trento e Rovereto a tutela del personale e della qualità della programmazione.

 

Ecco, appunto, la programmazione (prosa, danza, gestione dei teatri, collaborazioni, sinergie, e tutto il resto). L’assessora provinciale giura che non ci sono pericoli per il futuro e non c’è motivo di non crederle. Ma un commissariamento, generalmente, significa “bocce ferme” per verificare, capire, studiare e semmai cambiare. 

 

Per chi promuove spettacolo, i tempi e la libertà di programmazione sono dettati da regole ferree: una stagione decisa in ritardo diventa povera e perfino controproducente. Allora sì che sarebbero guai. Altri guai. Un record di abbonamenti a teatro, il record segnato quest’anno dal Santa Chiara, non è frutto di fortuna ma di lavoro, di una crescita che dura da anni e che sarebbe criminale depotenziare. In Provincia lo sapranno di sicuro. Tuttavia è meglio ricordarglielo. 

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