La Malpensa-ta dell'aeroporto Silvio Berlusconi: per volare nel ridicolo c'è voluto un attimo, ma alla fine perché no?
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
A pensare male si fa peccato. Ma la Malpensa-ta è peggio. Se fosse di accettare il fatto che nel repentino cambio di nome di un aeroporto nazionale – da Malpensa a Silvio Berlusconi – c’è in fondo della lungimiranza? Se l’operazione/imposizione non fosse un insulto alla storia? Mica si crederà davvero che la destra se ne infischi degli “illustri” italici, coloro ai quali, cioè, sono intitolati gli scali aerei nazionali? C’è chi si scandalizza perché adesso non c’è più differenza tra l’aeroporto Berlusconi (Malpensa), Marco Polo (Venezia), Galileo Galilei (Pisa), Leonardo Da Vinci (Roma Fiumicino), Guglielmo Marconi (Bologna), Giuseppe Verdi (Parma), Amerigo Vespucci (Firenze), Catullo (Verona) e altri italiani appena più importanti del Cavaliere.
Povera Italia se non vuol capire: i sopracitati personaggi hanno lasciato ognuno un segno indelebile nella cultura (non certo solo nazionale). Questo è palese. Tuttavia quanto a segni e segnacci -(corna, medio alzato, accuse di coglioneria a chi non lo amava, colbacchi, tuniche e bandane) - Berlusconi non è secondo a nessuno. Anche lui ha fatto la storia come Galileo, Polo, Da Vinci e gli altri. Anzi, a voler essere ancora più precisi, Berlusconi è tutti loro e forse anche di più. Si potrebbe perfino dire uno e trino se non fosse che il Creatore, al cui cospetto anche il re di Arcore s’è da un anno presentato, potrebbe risentirsi.
Prendiamo Marco Polo, che teorie recenti vogliono essere lo scopritore (un po’ confuso) dell’America (addirittura 200 anni prima di Colombo). Ebbene, anche Berlusconi ha scoperto l’America. Se Marco Polo, cannando la geografia dell’epoca, s’era trovato gli ignudi indigeni ad accoglierlo piuttosto sospettosi, lui – Berlusconi – l’America l’ha riportata in Italia: svestita (il suo vizietto?) fin quasi alla mutanda. Dall’America ha importato il Drive In e l’ha imposto all’Italia assieme al Prezzo Giusto (della pubblicità nella sua tv). Nella pudica (ma solo in pubblico) Italia, Berlusconi ha inaugurato una eterna stagione di tele-evasione a colpi di sculettamento. Ne ha fatto l’essenza della sua politica tra nani (la corte adorante) e ballerine gamba lunga. I governi – pure i suoi – sono passati. L’incultura – la sua – è rimasta. Semmai peggiorando perché gli emuli sono sempre peggio dell’originale. Degenerando alquanto.
Prendiamo Galileo Galilei. Fu precursore eroico e rivoluzionario dell’astronomia. Fu processato e condannato dal Sant’Uffizio. In quanto a processi e condanne Berlusconi è però un Galileo alla settima: genio della finanza il Cavaliere ha convinto folle di elettori ma non sempre convinto la Finanza (nel senso della Guardia). Prendiamo, ancora, Leonardo Da Vinci. Tra le decine e decine di invenzioni attribuite al geniaccio rinascimentale (dalla macchina volante allo scafandro) pare ci sia anche il paracadute. Leonardo? Un principiante. Berlusconi ha fatto molto di più di più. A lui, al Cavaliere, si deve l’invenzione di un paracadute istituzionale. Sei nelle peste, rischi la defenestrazione politica e finanche la galera? Et voilà, fai fare dai tuoi sodali le “leggi paracadute”, ad personam insomma. E che gli illiberali si strappino pure le vesti. Tra le invenzioni di Berlusconi sarà ricordato, per altro, anche il “paracadute formoso”, quello con le curve Ruby/conde della nipote di Mubarak.
Prendiamo, ancora, Guglielmo Marconi, il pioniere delle onde radio e delle telecomunicazioni. Per Berlusconi il bolognese (comunista?) era nulla più che un apprendista. Lui, il Cavaliere, nell’etere ci ha sguazzato felice mentre l’Italia affogava in un mare di frottole raccontate come se fossero vere dai media (set) di famiglia. Marconi studiò le onde e rese gli antipodi del mondo meno lontani. Berlusconi fu perennemente in onda. Di più, diede calci alla nobiltà della politica (quella che non raccontava le barzellette) e ridusse a curva calcistica un’intera nazione. Già con Berlusconi regnante non fu un bel vedere. Ora che Berlusconi se n’è andato gli hooligans impazzano nel Parlamento. Si prendono a calci e tirano calci. Alla democrazia e al buon gusto.
Prendiamo, insistendo nel gioco, Giuseppe Verdi. Chi lo ammira come compositore eccelso a volte si dimentica che fu un fautore convinto e militante del Risorgimento. Ma cos’è Verdi al confronto di Berlusconi? L’uomo dei miracoli (e del Miracolo Italiano) ha fatto “risorgere” ogni indole più insana trasformandola in orgoglio. È stato lui il vero campione del Risorgimento: quello dei furbetti e de furboni. “Il fisco avvelena anche te, digli di smettere”: il verdiano coro dell’Aida è passato alla storia? Robetta. Il coro dei “vessati” (quelli che anche non avevano mai pagato ma che prima di Berlusconi almeno se ne stavano in silenzio) ha fatto impallidire per gli acuti.
Non è finita anche se ripercorrendo la storia ancora abbastanza recente si è presi dallo sfinimento. Prendiamo allora il vecchio Gaio Valerio: Catullo. “Tu dammi mille baci, e quindi cento, poi dammene altri mille, e quindi cento, quindi mille continui, e quindi cento. E quando poi saranno mille e mille, nasconderemo il loro vero numero, che non getti il malocchio l’invidioso per un numero di baci così alto”. Se il Carme Quinto ha proiettato il poeta latino nell’Olimpo degli immensi, le pulsioni di Berlusconi in che cielo le mettiamo? Poteva suscitare perfino una certa simpatia la dichiarata (da lui medesimo) efficienza del Cavaliere. Un po' meno auliche parvero però le frequentazioni di graziose signorine buonasera che grazie alla sua innocente (?) generosità si trovarono ricche a palate. E non di spiritualità. Se Catullo fu solo poeta, Berlusconi si moltiplicò nelle arti: cantante, barzellettiere, operaio, eccetera. Se si celebra il primo perché mai bisognerebbe bistrattare lo statista in perenne stato di eccitazione?
Eppoi Vespucci Amerigo, altro navigatore doc, quello che il Nuovo Mondo (che poi divenne America) lo scoprì per davvero. Sarà un mito Vespucci ma chi ha riscoperto Vespa per farlo diventare il notaio delle panzane (il “Contratto con gli italiani'') ha fatto di sicuro molto, ma molto, di più. Insomma, basta con l’invidia. Insomma, becchiamoci senza fare drammi questo aeroporto milenese dove d’ora in poi decollerà anche il ridicolo. Una destra a corto di eroi deve aver preso per Vangelo il detto dell’Italia “terra di santi e naviganti”. Cosicché la santificazione è diventata una moda che a differenza di quel che accade nella Chiesa non richiede più lunghe istruttorie. Se nell’Italia del 2024 si santificano gli ergastolani perché mai non si dovrebbe santificare uno statista che ha visto commutata la pena nell’obbligo dei servizi sociali? Nell’elenco degli aeroporti dedicati ai Grandi c’è pure Palermo, che omaggia Falcone e Borsellino. E c’è Torino che ricorda il Presidente Sandro Pertini.
Qui si alza bandiera bianca perché il cazzeggio si arrende dove inizia una sana e sacrosanta indignazione. Fine dei paragoni impossibili.