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Alla Music Arena costruiamo una specie di Teatro Capovolto. Dopo le scuse di Giunta e le accuse di opposizione che ne facciamo di quell'area?

DAL BLOG
Di Carmine Ragozzino - 10 October 2024

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

15 giugno 2008. A Trento suonò il menestrello: Bob Dylan. Concerto dietro il palazzo delle Albere: fascino del luogo, logistica improvvisata e inadatta. Bilancio in rosso per il preventivabile disequilibrio tra costi e incassi. Intervenne mamma Provincia (nella fattispecie “papà” Dellai): tolse dalle peste il Centro Santa Chiara (organizzatore, anche allora, non poco obtorto collo). Un ente – il Centro Santa Chiara – che venne “tirato in mezzo” ieri (16 anni fa) come oggi. All’epoca si impose all’ente funzionale della Provincia l’arrogante fregola cultural/organizzativa di un assessore non poco spaccone. Ricordare quell’evento mi procura ancora adesso un certo imbarazzo.

 

Forte fu, infatti, la dissociazione tra passione e razionalità. La seconda prevalse sulla prima. All’epoca stavo nel consiglio di amministrazione del Santa Chiara. Prima e dopo quell’incarico vissuto con nostalgica dedizione la musica mi era necessaria quanto il pane (troppo, visto il peso). Eppure, seppur vanamente, nel Cda mi opposi quanto e come potei a quel concerto. Non lo feci certo per disamore di Dylan, della sua poesia ruvida e delle sue denunce condite piuttosto approssimativamente di note rockeggianti. Mi opposi perché non ritenevo e non ritengo né giusto né normale che l’ente pubblico svolga ruoli anomali e pericolosi, inventandosi seppur indirettamente imprenditore musicale senza avere né un progetto né la minima cognizione (o almeno senza tenerne in alcun modo conto) delle dinamiche del mercato dei grandi concerti.

 

Business che dal 2008 ad oggi è diventato esponenzialmente più complesso. Un universo particolare per la geografia, per i costi, per l’infinità di annessi e connessi legati ad ogni evento di richiamo nazionale. Dal 2008 al 2022 il solco non è solo temporale. Il mercato della grande musica live non permette salti nel buio. Si entra, forse, nel “giro” dei grandi appuntamenti solo se si può certificare consolidata managerialità, attrattività di un contesto che non è solo quello dell’evento musicale, particolarità e facile raggiungibilità di una piazza, sistema di accoglienza, promozione all’altezza della scommessa e molto, molto, altro. C’è insomma un abisso tra l’appuntamento episodico - tra la pomposità e la prosopopea - e una indispensabile progettualità di breve, medio e soprattutto lungo periodo.

 

È questo il limite della Music Arena. Un limite che non sarà superato né con le vaghe e tignose promesse dell’amministrazione provinciale né con le polemiche rituali di chi vi si oppone senza alcuna capacità o volontà di proposta. Senza mai accettare la sfida. Nel 2022, quando il virus della Vascolite contagiò l’attuale presidente della Provincia fino a far sborsare all’ente pubblico anche le spese della carta igienica, si imboccò nulla più che una scorciatoia. La chiamarono Music Arena. Ma senza una bussola le scorciatoie possono finire contro un muro. Il muro contro il quale rischia di schiantarsi il “non progetto” della Music Arena è quello, appunto, della totale assenza di una strategia alla quale si è provato a supplire, malamente, imponendo al Centro Santa Chiara di “fare”. Non si doveva e non si poteva tradire la solenne promessa che Fugatti pronunciò dopo l’affaire Vasco: “È solo l’inizio”.

 

Oggi, due stagioni “obbligatorie” nel dopo Vasco, i due milioni di deficit del Santa Chiara sommano perdite paradossalmente perfino basse di fronte ai costi della gestione impossibile di un’area sovradimensionata rispetto all’utenza potenziale del Trentino/Alto Adige. Area al tempo stesso Cenerentola rispetto alla concorrenza super organizzata e super rodata (spazi sempre più attrezzati) di Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna. Se si continuerà a percorrere la scorciatoia di cui sopra, ogni copertura di “buco” (obbligatoria se è vero che il Santa Chiara non poteva sottrarsi agli onerosi desiderata della Provincia) sarà un tampone. Un pannicello (costoso) che eviterà (e ci mancherebbe) al Centro Santa Chiara un’immeritata paralisi ma che non cura la prospettiva di dissanguamento delle risorse pubbliche su un terreno che altrove è materia di privati. Prima di immaginare soluzioni (che pure esistono) il tema di oggi è quello “della proposta” (la fatica della proposta).

 

Sulla Music Arena la Provincia non intende arretrare e nonostante il fideismo scarso di base è dura contestare che Fugatti vaneggi quando perora quasi messianicamente la causa del diritto del Trentino (turistico, eco sostenibile e tutti gli altri slogan) a diventare un punto di riferimento anche per i grandi concerti. Se questo è il mantra della Provincia – e nulla lascia immaginare che il mantra sarà dismesso – forse sarebbe davvero l’ora di sfidare Fugatti ad una prospettiva più credibile e praticabile dell’area. C’è un tema, enorme, di dimensionamento di una futura struttura per lo spettacolo che tanga in vincolante conto le reali potenzialità attrattive della Music Arena: ventimila posti sono probabilmente il massimo teorico raggiungibile pescando (ma ragionando con un paio d’anni di anticipo sulle date) sulle “seconde fasce” della musica italiana e internazionale.

 

Ma anche questo è un punto di arrivo. Il punto di partenza ha decine di variabili, tutte importanti e discriminanti. Occorre studiare mercato e fenomeni musicali con attenzione e lungimiranza, senza improvvisazioni o rincorse a mode tutte da dimostrare. Non si può scambiare – così come è accaduto – il successo che troppi artisti o pseudo tali riscuotono nelle visualizzazioni dei social con lo sbigliettamento. Cinque milioni di like concessi anche alle mezze tacche si traducono in poche centinaia di biglietti al botteghino. Se poi per inseguire (giustamente, perché sono in credito) i gusti adolescenziali si organizzano festival tematici (rap, trap, eccetera) bisogna che la logistica permetta permanenze lunghe dei ragazzi. Una Music Arena senza erba e con l’acqua solo in bottiglietta dal prezzo che svena, non pare proprio un invito ad una festa che non è mai solo musicale. Ma è solo uno dei tanti esempi.

 

Quanto alle dotazioni (palchi, tribune, sedie, luce) dell’area San Vincenzo poi c’è da svicolare rapidamente dalla gogna economica dei noleggi per orientarsi verso strutture fisse. In sintesi, verso veri investimenti. E qui ci sarà chi trasecola ma non c’è scampo. Se per il Comune di Trento la Music Arena è una scemenza, beh lo dica apertamente quale titolare dell’urbanistica in quell’area. Se la Music Arena una scemenza non è, Comune e oppositori (il Pd largo di Manica quando si tratta di esposti) dicano cosa farebbero loro. Spieghino gli errori e gli orrori da non commettere più, immaginino uno spazio adeguato alle esigenze e aiutino il Centro Santa Chiara a farlo funzionare al meglio in termini di scelte, interlocutori, risorse e soprattutto personale. Sì, il Santa Chiara perché se si pensa che un privato si accolli oggi la rischiosissima gestione della Music Arena senza avere una quasi totale copertura dell’ente pubblico (chiedere al management di Vasco) si perderà solo tempo: sapendo di perderlo.

 

Nell’attesa poco speranzosa di una tregua degli inutili punzecchiamenti tra assessore (in Provincia e in Comune) e del giorno in cui l’opposizione inizierà a smettere di giocare solo di rimessa, io povero cristo ci provo.

 

Anche con un titolo: “Alla Music Arena costruiamo una specie di Teatro Capovolto”. E cioè uno spazio modulabile che possa lavorare tutto l’anno, con due o tre mila posti al chiuso e la possibilità di aprirsi all’esterno in estate per arrivare a diecimila posti (presumibilmente quello che il mercato “può concedere” al Trentino). Lavorando sull’estetica e la funzionalità dell’area, inserendo la struttura in un contesto verde di convivialità, sport e relax. Rendendolo appetibile e godibile indipendentemente dall’offerta di spettacolo. Chiamando alla collaborazione attiva tutte le forze culturali e artistiche del territorio. Cercando “anche” i privati (che in Trentino stanno alla sponsorizzazione artistica come la Nutella sta agli sgombri).

 

Utopia? Ma no. È solo che il vecchio navigatore in mio possesso non conosce le scorciatoie. Indica strade più lunghe che però – forse – arrivano da qualche parte.

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