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''Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno''

Il brano letto questa domenica è tratto dal primo vangelo, il vangelo secondo Matteo. La narrazione proposta è un vero e proprio inno, che Gesù dedica al Padre
DAL BLOG
Di Alessandro Anderle - 04 luglio 2020

Laureato in Filosofia e in Scienze Religiose. Insegno Pluralismo e dialogo fra le religioni,

Mt 11,25-30 In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

 

Il brano letto questa domenica è tratto dal primo vangelo, il vangelo secondo Matteo. La narrazione proposta è un vero e proprio inno, che Gesù dedica al Padre.

 

Nella preghiera, come è solito fare, Gesù si rivolge al Signore in via confidenziale, con affetto, utilizzando l'appellativo di Padre, così avviene anche – a maggior ragione – nella lode. Il motivo che muove Gesù a lodare il Padre è molto chiaro: «perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli». Dal punto di vista “filologico” è interessante sottolineare che il testo greco, al posto di “piccoli”, utilizza il termine “infanti”. Costoro rappresentavano quel ceto sociale culturalmente povero, incapace di leggere e scrivere, e per questo disprezzato dai ceti sociali “alti”, i “sapienti”, sacerdoti, farisei, notabili...

 

La “verità” di Gesù è una verità esistenziale, si sperimenta, si capisce, si approfondisce, vivendo. Certamente vi è una base scritturistica, dottrinale, tradizionale, che va appresa, studiata. Ma ciò non è sufficiente, poiché una volta che si è appreso “razionalmente” che – diciamo per semplificare – la verità è l'Amore, è allora che questa verità ha bisogno di incarnarsi, è l'uomo a dare gambe e braccia a questo amore. È l'umanità che deve imparare ad amare, attraverso l'esperienza dell'Amore.

 

In questo senso il giogo di Gesù è leggero, poiché tutto il suo peso è costituito, per dirla con Agostino, dalla “legge” «ama, e fa ciò che vuoi». Non che questo renda il giogo “facile” da portare, poiché esso appunto va a toccare l'intera sfera dell'umano. Non è solamente un'insieme di leggi da imparare a memoria ed osservare scrupolosamente (senza bisogno di interiorizzarle), è qualcosa di più. Il giogo di Gesù è soave perché può essere solamente accettato nella libertà: non si è (e non si può essere) costretti ad amare, si è liberi di amare. Ed entrambe queste dimensioni cresceranno proporzionalmente: più si ama, più si è liberi; più ci si libera, più ci si scopre nell'Amore.

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