Il buon Pastore, ''Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati''
Laureato in Filosofia e in Scienze Religiose. Insegno Pluralismo e dialogo fra le religioni,
Gv 10,1-10 [In quel tempo], Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza».
Nella quarta domenica di Pasqua ritroviamo un'immagine molto importante nella Chiesa, soprattutto nella chiesa antica: l'immagine del buon pastore. Questa immagine viene riferita a Gesù anche negli altri tre vangeli (sinottici) – basti pensare alla parabola della pecora smarrita. Giovanni rielabora la tematica, che risulta centrale in tutto il decimo capitolo del suo vangelo.
Nella prima parte Gesù parla ai propri discepoli utilizzando diverse immagini: il vero pastore, che entra nell'ovile per la porta, mentre i ladri entrano da un'altra parte. La parola “recinto” traduce “aulē”, che indica il recinto sacro davanti al tempio, e con questa immagine Gesù indica di essere egli stesso il vero pastore, inviato dal Padre, per entrare legittimamente nel tempio a proclamare la “verità” (le virgolette indicano una “verità”, come si è visto più volte, che non è solamente razionale, indicano una verità che va “sentita”, piuttosto che “conosciuta”).
Gesù ama le sue pecore e le chiama per nome, per spingerle fuori dal recinto, al pascolo. Egli fece uscire i suoi discepoli dal tempio per evitare loro vessazioni da parte degli altri giudei. Allo stesso tempo, le pecore fuggiranno i falsi pastori, non riconoscendo la loro voce, non attribuendo verità alle loro parole fasulle.
La spiegazione di Gesù è chiara: «Io sono la porta delle pecore». È pastore e porta, in altre parole è il mediatore attraverso cui raggiungere il Padre, la salvezza dell'Amore. I falsi pastori cercano di accalappiare le proprie pecore per derubarle, oppure per portarle verso la morte (morte che potrebbe benissimo essere anche “morte spirituale”). Mentre Gesù dona la vita alle proprie pecore, una vita nuova, rinnovata in una fiducia che è relazione e relazione che, ancora una volta, ha un solo nome: Amore.