Uve Nosiola su terre di noccioli, Avell è il ''campione'' dei fratelli Mattè nel solco della tradizione: da nonno Fabio a papà Marco
Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia
Volano è nome che in Trentino richiama subito il popoloso borgo lagarino adagiato sulla sponda sinistra dell’Adige. Parola che ha varie origini, tutte da interpretare. Per ‘volano’ s’intende un pezzo meccanico rotante oppure un gioco leggiadro con fragili racchette e ‘palline alate’. Però può essere l’indicativo plurale di ‘volare’. E ancora: margine operativo di una operazione economico-finanziaria.
Storicamente si definivano ‘vo lande’ le ischie e insenature lungo il corso dei fiumi. Proprio come è sistemato il comune tra Trento e Rovereto, ma – e questa è una chicca adesso strettamente legata al vino – solo i residenti abbinano il nome del loro paese alle antiche coltivazioni di avellane, le nocciole. Piante da sempre in sintonia con la vite. Per particolari giacimenti rocciosi, per clima e orografia.
Così due fratelli di Volano, Michele e Bruno Mattè, trentenni, da un paio di vendemmie hanno deciso di recuperare l’ attività intrapresa nel Dopoguerra da nonno Fabio, proseguita fino agli anni ’80 dal loro papà Marco: vinificare in proprio alcuni partite d’uva coltivate nei loro poderi avellani. Vigneti disseminati tra le colline dove anticamente si coltivavano appunto nocciole ‘avellane’ e i tomi lungo l’Adige. Senza tralasciare il fondo viticolo più pregiato della zona, i poderi dei Ziresi, culla del pregiato Marzemino.
Ma è ad un vino bianco che hanno subito dedicato passione e legami, affettivi e territoriali: non poteva che chiamarsi Avell, proprio come l’etnonimo della gente di Volano, due piante di nocciolo intrecciate, grafica impressa anche nello stemma del gonfalone municipale. Il legame con il nocciolo è strettamente collegato pure al vitigno che genera l’Avell: non poteva che essere da uve Nosiola. Insomma coincidenze e abbinamenti fonetici per nulla improvvisati. Come determinati e competenti sono i due giovani rampolli della famiglia Mattè.
Bruno è un esperto tecnico viticolo che opera per la Fondazione Mach – è pure in giuria del Premio Vigna Eccellente promosso dal Comune d’Isera – mentre suo fratello Michele gestisce tutte le fasi aziendali. Imbottigliano per ora solo tre vini, appunto l’Avell - Nosiola d’origine Protetta, affiancato da due vini da uve a bacca rossa, ovvero un rosato Fiorir de Soreie – un Dolomiti IGT ottenuto esclusivamente da uve cabernet, nonché un Marzemino decisamente ‘dei Ziresi’. In attesa che maturi un rosso da uve Carmenère e s’affini in bottiglia la loro ‘base spumante’ per un classico Trento, il duo Mattè scommette proprio sulla singolarità delle loro iniziali vinificazioni.
L’Avell è chiarissimo nella sua lucentezza canarina con riflessi verdognoli, sentori che richiamano erbe fini, prugna selvatica e inconfondibilmente le nocciole. Al palato è sapido, sorso con sana scorrevolezza, giusta lama acidula, giustamente appagante. Timbro dolomitico per il rosato – nel nome evoca il tramonto tra le vette della Ladinia, nel regno di Re Laurino – subito corroborante al palato, bella freschezza e una fruttata persistenza in piena sintonia con stuzzichevoli nuances di fragola e lampone nell’impatto olfattivo.
Il loro Krea – Marzemino, l’ho assaggiato appena messo in bottiglia. Ha nerbo e gentilezza, ma avrà bisogno di ulteriore riposo. Per adesso… doveroso encomio ai Mattè, compreso il nonno Fabio, ultranovantenne che ancora coltiva la vite, tramandando ai nipoti la sua schietta scelta di vita.