Una visione talvolta ermetica ma autorevole e innovativa: il libro ''Nereo Cavazzani'', appunti per una biografia critica del vino trentino
Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia
Aveva una visione, magari tutta sua, talvolta ermetica, ma sempre autorevole nella sua carica innovativa. Talmente prorompente da essere considerato "persona scomoda". Proprio così. Nereo Cavazzani è stato il personaggio forse più incisivo e contemporaneamente intrigante tra quelli che hanno operato nel settore del buon bere trentino. Enologo per cipiglio, ma anche artefice di progetti di fraternità. Quelli che dovrebbero suscitare proprio la giusta cultura del vino.
Adesso Nereo Cavazzani, pioniere nonché patriarca enoico, morto nel 2010, torna a scandire precisi interrogativi non solo sulle attuali dinamiche delle aziende vitivinicole locali, ma pure sul futuro sviluppo del comparto enoico dolomitico. Torna attuale la sua visionaria - e per certi versi ciclopica - progettualità, maturata in decenni di sperimentazioni, impegno, bravura, l’innovazione al servizio del vino e della collettività.
Un "recupero Cavazzani" è in piena sintonia con l’altrettanto "metodo Cavazzani". Andiamo con ordine. L’opera e la figura di questo pioniere è riproposta - o meglio: valorizzata e tutelata - dall’iniziativa editoriale di #territoriocheresiste, vale a dire una ciurma di enocritici, esperti caparbi, sicuramente "fuori del coro", totalmente autonomi, decisi a scommettere su i più sinceri valori identitari dove si coltiva la vite nell’habitat trentino.
Capitanati da Tiziano Bianchi, istrionico quanto incisivo guru di quanto ruota tra le Dolomiti attorno il culto di Bacco. Coadiuvato da Angelo Rossi, storico esponente del Comitato vitivinicolo trentino, già animatore della Confraternita della vite e del vino, e protagonista di tante iniziative promozionali e didattiche. Un duo che ha prima sfruttato Internet per raccogliere scritti e nozioni a firma di Cavazzani, per poi - coinvolgendo una trentina di variegati esponenti della cultura, giornalisti, sociologi, economisti e dell’imprenditoria enologica - dare alle stampe un libro che ha come rafforzativo "Appunti per una biografia critica del vino trentino".
Obiettivo centrato, senza alcun dubbio. Mette subito in risalto, già nelle prime pagine, come Nereo Cavazzani sia stato non solo incompreso, osteggiato, pure in qualche modo ridicolizzato. Tutto questo per colpa del Pud cioè del Pensiero unico dominante, definizione sintetizzata da Michele Andreaus economista e autore della prefazione.
Nero Cavazzani s’era sempre battuto quello che ora viene appunto chiamato Pud. Lo aveva fatto con una monumentale opera di tecnica enologica. Suo è il metodo per ‘velocizzare’ la produzione di vino vivace, fare spumante sfruttando capienti contenitori in acciaio, per diversificare il fascino tra quello stile champagne e un brioso più popolare, immediato, di giusta socialità.
Sempre di Cavazzani sono i suggerimenti per rispettare la specificità territoriale del Trentino vitivinicolo. Promuovendo il Consorzio tra cantine cooperative (Cavit) e progettare una carta viticola rimasta ancora solo sulle mappe geografiche.
Nativo di Avio è stato un vero innovatore, in tutto. Non solo per le bollicine, spumante che lui chiamava "Brut brut".
Ilarità in sintonia con fermezza e uno stile, un comportamento etico ancor prima che enologico. Ha "inventato" uno spumante trentino che suggerisce immediato amplesso con la briosità del sorso salino. Mettendo in discussione personali percezioni sensoriali, osare oltrepassare le esuberanze della carbonica, perdersi nel "perlage".
Tra lusinghe del dosaggio, nuances floreali intersecate con il timbro dei lieviti. Lo stimolo vibrante della "buona" acidità. A prescindere da come è stato vinificato il nettare che si degusta nell’apposito bicchiere. Sapori, fragranze, pure colori. Un tris che ricalca l’indole del territorio dove i viticoltori curano la vite come la loro stessa vita.
Lo spumante trentino è stato definito vino che concilia la leggerezza dell’essere. Da godere senza cadere nell’ingannevole facile approccio, tra allusioni e profonde energie, esile nell’aspetto, ma pregno nella sua personalità, pronto e preparato per coinvolgere la mente ancor prima del sorso materiale.
La vivacità come acrobazia e una dose che nell’effervescenza custodisce quanto di strambo riusciamo a pensare. Lasciando libera la nostra fantasia. Quella voglia di gioia che un sano calice di vino può – e deve – suggerire.
All’assaggio – come sottolineava Nereo Cavazzani – è importante soffermarsi sui dettagli, distinguere tonalità che superano i limiti del prodotto stesso. Carpirne personalità, il suo charme, basato sulla ricchezza e singolarità della sua origine, indipendentemente dal metodo di vinificazione. Piuttosto cercare il legame con il territorio, la cura viticola ancor prima delle attenzioni di cantina, storia e vicende sociologiche della comunità rurale improntata alla ricerca di "fare vino brioso" per godere sotto i vari aspetti, economici compresi.
Aveva il cipiglio carismatico di onorare il concetto di calore. Quello che non è legato al grado alcolico, neppure alle regole suggerite dai canoni della sommellerie. Solo il caldo abbraccio di uno spumante da bersi per onorare tutto quanto è oltre il bicchiere. Che segna il sorso. Senza bruciare. Schivo nella sua bonaria quanto sincera austerità Cavazzani ha elaborato tutta una sua ‘teoria enologica’. Mirata alla valorizzazione dei vitigni sinceramente trentini.
Cavazzani suggerisce che nei Distretti si dovrebbero individuare uno, due o più "Entità Territoriale Viticola" e che dovrebbero diventare il nucleo, il perno della viti-enologia stessa dello specifico ambito. Etv che solo in casi di estrema necessità potranno essere accompagnate dal nome di vitigni: porteranno solo il nome del territorio. Un progetto decisamente innovativo, per certi versi visionario, futuribile, ma assolutamente d’estrema attualità.
Negli appunti monografici si legge ancora: "Le Etv devono produrre solo alta qualità. Devono diventare, essere…termini di paragone emblematici e ‘donare’ vini di punta, di bandiera, trascinatori della rimanente produzione vitivinicola". Vino e solidarietà. Ha promosso i Nuvola, i gruppi di alpini pronti ad aiutare la popolazione in caso di calamità, organizzazione preziosa, ‘pensata’ da Cavazzani, già ufficiale degli Artiglieri di montagna.
Uomo d’altri tempi, per tempi tutti da interpretare. Il libro a cura di Tiziano Bianchi e Angelo Rossi - edito da Iskra, 23,80 euro - è stimolo e giusta provocazione. Contro l’imperante tendenza di trasformare il vino in merce, solo per produrre reddito diffuso, avvalendosi - come più volte evidenziano gli autori - dello strumento delle Doc, non solo quelle trentine. Affari e redditi cospicui, con la cooperazione alla regìa. Ottenendo un consenso di migliaia di viticoltori, che - sempre secondo gli autori - in cambio di qualche briciola hanno rinunciato alla loro autonomia culturale e professionale. Snaturando i valori del territorio trentino. Una pubblicazione di ‘controinformazione’ per onorare Cavazzani, per mirare ad un vino trentino che ha bisogno di suscitare buoni pensieri.